AO interviste, Vandeweghe: “Ho sempre ammirato Venus. Mi piacciono le sfide”

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AO interviste, Vandeweghe: “Ho sempre ammirato Venus. Mi piacciono le sfide”

Australian Open, quarti di finale: C. Vandeweghe b. [7] G. Muguruza 6-4, 6-0. L’intervista del dopo partita a CoCo Vandeweghe

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Come ci si sente?
Ci si sente benissimo, è magnifico essere in semifinale, ma non sono ancora soddisfatta, voglio andare avanti ancora. Ho tanti altri obiettivi da raggiungere in campo.

Come giudichi la tua prestazione di oggi?
Credo sia stata molto buona, ho mantenuto il controllo di diversi aspetti, e questa è la cosa più importante: non lasciare che fattori esterni possano influenzare ciò che sta accadendo in campo. Lei ha giocato alcuni ottimi punti e io ho fatto diversi errori e viceversa. In un certo senso, dovevo lasciare che passasse la tempesta, ricordandomi quello che Craig e io ci eravamo detti prima del match, continuare a lavorare e crederci. Sono molto orgogliosa di esserci riuscita, soprattutto nel primo set in cui ho sciupato diverse palle break.

Credi che giocare il doppio ti abbia aiutato a migliorare il tuo gioco di volo?
Assolutamente sì, mi ha aiutato molto a migliorare la posizione in campo e la risposta. In più, questo mi permette di stare più tempo in campo e posso giocare in tanti stadi, più di quanto abbia mai fatto giocando solo il singolare. Credo che questo contribuisca a tranquillizzarmi, perché grazie al doppio conosco già il campo e sono meno intimorita.

Sembra che ti trovi a tuo agio su campi così veloci. Questo, al momento, ti aiuta?
Sono cresciuta sui campi veloci. Quando giravo per i tornei junior giocavo praticamente solo sul veloce. Credo di non aver visto un campo in terra finché non sono stata invitata per la Junior Fed Cup in Italia. I campi veloci si adattano meglio al mio gioco, ho un colpo d’occhio migliore quando la palla va veloce, so perfettamente cosa succederà, non ci sono rimbalzi fasulli o cose del genere. Ovviamente, i campi veloci mi aiutano, ma questo accade anche per le mie avversarie.

Il tuo allenatore è stato con Martina Navratilova, Mary Pierce, Lindsay Davenport. Questo ti aiuta?
Sì, io e Craig ci troviamo benissimo insieme, il nostro è un rapporto sincero. Prima della partita gli ho detto molto sinceramente che ero nervosa e che avevo un po’ paura. Lui mi ha detto che è normale avere paura, ma anche che dopo il riscaldamento, o al massimo dopo il primo game mi sarei tranquillizzata. Solo la sua voce, la voce di una persona di cui mi fido, è stata sufficiente a calmarmi, e questo accade spesso.

Pensi mai che il tuo cognome possa essere un peso, che la gente si aspetti molto da te?
Direi di no. Nella mia famiglia si pensa che, se pensi di essere arrivato troppo in alto, potrai cadere molto velocemente. È una famiglia molto competitiva, sia che si faccia sport, sia che si stia giocando a carte, ma allo stesso tempo, se si accorgessero che mi sto mettendo su un piedistallo, sarebbero i primi a tirarmi giù.

Sappiamo che, quando eri piccola, chiedesti un autografo a Venus. Pensi mai a quanta strada avete fatto tutte e due?
Lei era già una giocatrice affermata quando le chiesi l’autografo. Come ho detto prima in campo, è un sogno poter giocare con una giocatrice che vedevi da piccola. Ho già avuto in passato l’occasione di giocare con una campionessa del genere, che di sicuro in futuro sarà nella Hall of Fame del nostro sport, però è pazzesco poter giocare contro di lei in uno Slam. In più è magnifico avere due americane in una semifinale Slam.

Hai un bel record contro giocatrici in top-ten, e non solo in questo torneo. Hai detto che eri nervosa e impaurita, ma a vederti giocare non sembrava proprio.
Forse quando sono nervosa e impaurita gioco meglio, non so. Non mi sono mai sottratta alle sfide, mi piacciono. Al momento, questo è ciò che voglio fare e sono dove volevo essere. Confrontarmi con le migliori giocatrici è il raggiungimento di un grande traguardo.

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