Verso la finale da sogno? Venus e Serena sono eterne, "bocciata" la WTA

Editoriali del Direttore

Verso la finale da sogno? Venus e Serena sono eterne, “bocciata” la WTA

MELBOURNE – Federer vince una semifinale schizofrenica. Quanti rimpianti per Stan Wawrinka. Ora Roger… tiferà Dimitrov, ma un successo finale su Nadal gli darebbe più soddisfazione. Venus contro Serena, che favola! Ma quanti si appassioneranno alla loro finale?

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Le favole continuano, fra gli uomini come fra le donne, e chi si sorprende più? Questo giovedì è successo quello che quasi tutti auspicavano, anche se l’appeal di una finale “All-Williams” fra le donne sarà probabilmente modesto, perché tutte quelle 27 volte che si sono trovate di fronte, è mancata quell’atmosfera che si sente quando una parte del pubblico, o un’intera nazione,  tifa per una giocatrice e un’altra parte per l’altra. Una finale fra due sorelle, una che avrà 37 anni a giugno e l’altra 36 a settembre, resta una bellissima storia di sport e di vita, e saranno in campo 22 Slam da un lato della rete e 7 dal lato opposto, con la certezza che 30 titoli Major finiranno nella stessa famiglia, una famiglia di neri che ha dominato per quasi vent’anni uno sport praticato quasi totalmente da bianchi.

E dall’altro match del giorno, dalla semifinale tutta svizzera fra Federer e Wawrinka è arrivato il risultato che la gente voleva. Per la gente intendo i 15.000 seduti nella Rod Laver Arena, parecchie decine di milioni di telespettatori, i media desiderosi di scrivere e raccontare la storia più intrigante, gli appassionati, ma anche coloro che sanno poco o nulla di tennis e però Roger Federer lo conoscono e ne hanno sentito parlare molto di più che non Stan Wawrinka. Perché i due hanno record e storie troppo diverse. E non fatemele ripercorrere, che l’ho già fatto mille volte. Basti dire che fino al 2014 Wawrinka non aveva vinto neppure uno Slam, anche se poi ne ha vinti tre. Mentre Federer il primo dei suoi 17 Slam lo aveva vinto undici anni prima, a Wimbledon nel 2003, anche se poi dal 2012 – sempre a Wimbledon – non era più riuscito a vincerne uno. Ma, come detto, ne aveva vinti 17, e in mezzo ci aveva infilato di tutto, in tutti i Masters 1000 salvo Roma e Montecarlo. 88 tornei, mica balle. Quasi sei volte quelli di Wawrinka: 15 titoli. Chissà che adesso, a coronamento di una storia cui manca l’ultimo capitolo per il lieto fine agli occhi di tutta quella grande moltitudine di persone cui ho fatto riferimento poche righe più su,  da n.17 del mondo Roger non riesca ad affrancarsi da quel n.17 – battendo il vincente di Nadal-Dimitrov – che non gli ha portato troppo bene per questi 4 anni e mezzo di Major digiuno. Chissà che lo svizzero di Basilea non centri finalmente il titolo n.18 quando ormai nessuno se lo aspettava forse più e, almeno qui a Melbourne, davvero non se lo aspettava lui. Lo ha detto e ripetuto più volte e non c’è motivo di credere che non fosse sincero.

Avrà più chance di farlo suo se avrà di fronte Grigor Dimitrov con il quale non ha mai perso, piuttosto che con Rafa Nadal, con il quale ha invece più perso che vinto, ben 23 volte su 34, ma in questo torneo delle favole e delle sorprese come si fa a fidarsi troppo delle posizioni in classifica, delle statistiche, dei precedenti? Ogni partita fa storia a sé. Anche perché non si sa mai fino a che punto un giocatore è al cento per cento. Dall’inizio del torneo Wawrinka aveva un fastidio al ginocchio, ma si poteva sapere quanto gli ha dato noia? Dal primo set del derby svizzero Roger ha sentito un problemino all’inguine, ma si poteva sapere fino a che punto costituiva un problema? Tutti e due hanno fatto ricorso, in momenti diversi e quando le cose sembravano essersi messi male per loro, al medical time out. Non sono due che ne hanno mai abusato, Federer ha detto che certe volte queste pause hanno più risvolti mentali che fisici “vai negli spogliatoi, parli con qualcuno, il fisioterapista, un pochino ti rilassi, magari ti distrai”. Non si può dire che abbiano influito sul risultato. Quando Federer è tornato dai suoi bei minuti di… relax, Wawrinka ha avuto ugualmente le sue opportunità per strappare la battuta a Roger, sotto forma di due pallebreak, una sull’1-1, l’altra sul 2-2. E mentre sulla prima è stato bravo Roger e Stan non ha nulla da rimproverarsi, sulla seconda Stan è stato tradito dal suo colpo più noto e celebrato, il rovescio. Lo ha messo in rete, del tutto gratuitamente. Classico errore non forzato dovuto al nervosismo della grande occasione. Non se lo dimenticherà tanto facilmente, potete starne certi, perché Federer era in palese difficoltà, fisica e psicologica. Ma esser riuscito a tenere quel game ha rovesciato proprio la componente psicologica. Federer è rinato, Wawrinka è sprofondato già nel game successivo in cui ne ha combinato di tutti i colori, errori gratuiti, un doppio fallo finale che ha dato via libera a Roger.

Un bell’aiuto davvero. I fans di Roger temevano che la sua tenuta alla distanza non fosse all’altezza e invece, alla fine dei salmi, lui ha finito per vincere due volte al quinto set contro i due migliori giocatori che ha affrontato, il n.5 Nishikori, il n.4 Wawrinka. Nei suoi 17 trionfi nei Major gli era capitato soltanto una volta di vincere due maratone al quinto set: accadde a Parigi 2009, quando battè Juan Martin del Potro e Tommy Haas. “Mmm, mi pare un buon presagio!” ha sorriso Roger a Laurent Ducret, il collega dell’agenzia stampa svizzera che glielo ha ricordato. Devo dire che da questa partita mi aspettavo di più, sia da Roger sia da Stan, anche se naturalmente in un totale di 278 punti non potevano non esserci scambi e conclusioni altamente spettacolari, esecuzioni uniche nel loro genere, come una spettacolare palla corta di Roger con la palla che stava quasi tornando dalla sua parte dopo aver scavalcato la rete… nella quale Stan ha rischiato di impigliarsi come un tonno. Passanti dell’uno e dell’altro strappa-applausi, recuperi notevolissimi, smash implacabili da tutte le posizioni anche su candelotti altissimi che giocatori normali steccherebbero tutta la vita, ma tuttavia credo di aver assistito ad un match abbastanza schizofrenico. Tutti e due erano piuttosto tesi all’inizio, quasi che fosse la loro prima volta a disputare una semifinale importante. Eppure era la quarantunesima semifinale per Roger, l’ottava per Stan.  Ma avevano buoni motivi entrambi per esserlo. Roger perché il timore di poter improvvisamente pagare lo scotto dei sei mesi lontani dal tennis non poteva escluderlo a priori, nonostante le più che rassicuranti prove dei giorni precedenti con Berdych, Nishikori e Mischa Zverev; Stan perché quando sai di non aver mai battuto Roger fuori dalla terra rossa e senti che tutto il mondo ti tifa contro, beh chi non sarebbe stato nervoso?

I primi due set, poi, hanno contribuito ad innervosirlo di più. La racchetta spezzata in due, infischiandosene della multa prevista dalla Yonex per chi si fosse concesso tale sgarbo, era stato il segnale più evidente, non appena aveva subito il break del 4-2. Quando dopo un’ora e 20 Roger era avanti due set a zero – con alle spalle un record mostruoso di… mancate rimonte degli avversari – le chances di Wawrinka sembravano davvero ridotte al lumicino. Invece ecco che Roger ha attraversato quelle crisi che – lo scrivevo l’altro giorno quando citai l’Edberg degli alti e bassi nell’anno del canto del cigno, il 1996 – prendono gli… uomini di una certa età, ancorchè campioni. Un’oretta di semi-black out, la prima di tutto il torneo con il terzo set ceduto 6-1 e 20 punti su 26 conquistati senza far nulla di eccezionale da Wawrinka. I due break Roger li ha patiti uno a 15 e uno a 30. Che diavolo gli era successo? Boh, secondo me non lo sa nemmeno lui. E la storia è andata avanti anche nel quarto set, con Roger brekkato subito nel primo game – ed era il terzo consecutivo – ma non tranquillizzato nonostante tre games poi tenuti a zero e a 15. Del quinto set ho già detto. La diffusa sensazione sul campo è stata che Wawrinka giocasse meglio…e quando con grande onestà Federer ci ha detto poi … “ho fatto un cheap break nel momento in cui Stan meritava forse di più” ne abbiamo avuto conferma. È andata così, Stan the Man avrà sicuramente qualche grosso rimpianto per essersi fatto sfuggire una bella occasione per “ridimensionare” il suo complesso nei confronti di colui che è stato il suo primo mentore e sostenitore fino a che Stan non riusciva ad emergere come gli è poi riuscito.

E ora Roger farà l’interessato spettatore alla prossima semifinale. Vero che quando lui e Nadal si erano incontrati a Maiorca, alla Tennis Academy di Rafa, con il maiorchino con il polso dolorante e Roger ancora convalescente, i due scambiando qualche palleggio a minitennis si erano detti – l’ha raccontato Roger – “chissà, forse ormai siamo pronti per giocare soltanto a questo”, ma vero che adesso che Roger si trova dove non pensava di arrivare, l’appetito vien mangiando. E alla sua sesta finale australiana e 28ma di Slam– anche se nel tennis, lo sport del diavolo, non si sa mai – sulla carta sarebbe  molto meno difficile divorarsi un Dimitrov alle prese con la prima finale di Slam che non Rafa che di Slam ne ha giocate già 20 vincendone 14. Insomma Roger di finali Slam ne ha perse 10 su 28, Rafa 6 su 20. In tutte queste previsioni della vigilia Grigor Dimitrov fa i suoi debiti scongiuri. Chiudo con le ultime righe dedicate alle Williams facendomi un augurio: che la ventottesima sfida (16 a 11 il bilancio per Serena, ma tutti i dati li troverete nel pezzo di cronaca che ho fatto sul match vinto a spasso da Serena su una Mirjana Lucic già super appagata e super infortunata), sia una bella finale, e non solo la più vecchia finale di sempre. Le Williams escono come meglio non potevano da questo torneo (e credo che Serena potrà finalmente staccare Steffi Graf dall’impasse n.22 centrando quota 23 a uno Slam dai 24 di Margeret Court). Il tennis femminile ne esce invece forse come peggio non poteva. Una bocciatura generale per tutte le next generations. Non una sola, ma diverse.

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