Fenomeno Kyrgios prolunga la crisi di Djokovic (Crivelli/Marianantoni) Djokovic in crisi nera non trova più le parole (Semeraro)

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Fenomeno Kyrgios prolunga la crisi di Djokovic (Crivelli/Marianantoni) Djokovic in crisi nera non trova più le parole (Semeraro)

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Fenomeno Kyrgios prolunga la crisi di Djokovic (Riccardo Crivelli/Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport)

Da impazzire. E lo farà per tutta la carriera, statene certi. Nick Kyrgios passerà probabilmente per sempre dalle partite buttate volontariamente per svogliatezza (a Shanghai, ottobre, con conseguenti otto settimane di squalifica e consulto psicologico per non ripeterlo più) alla nausea per il tennis accompagnata dalla nostalgia per il basket praticato da bambino, ma correderà quel percorso, accidentato, di lampi abbaglianti come quello di Acapulco della notte scorsa, prodotti da un talento visto raramente a ogni latitudine. Trovatelo, infatti, un ventunenne (compirà i 22 ad aprile) che abbia già messo in fila Federer, Djokovic e Nadal. NESSUN PROBLEM Non cercatelo. Non c’è. Nessuno, a quell’età, si era mai concesso il lusso di avere almeno una vittoria contro i tre più forti del millennio, tre leggende oltre il tempo e lo spazio. Solo Hewitt, che paradossalmente è uno dei pochi in materia tennistica che il Kid di Canberra, ufficialmente sempre senza coach, ascolta, se non altro perché è il suo capitano di Davis, aveva sconfitto prima di lui Roger, Novak e Rafa quando li aveva incontrati per la prima volta. Ma Lleyton allora era un top ten e un ex numero uno, mentre loro si affacciavano sul circuito: Kyrgios ha completato l’opera quando il trio delle meraviglie ha già divorato 44 Slam. Di più: all’elenco vanno aggiunti anche Wawrinka e Murray, anche se lo scozzese è stato sconfitto alla Hopman Cup che non è un evento ufficiale. Insomma, Nick Mano (e Testa) Calda possiede la portentosa virtù di chi si esalta tanto più l’avversario è monumentale: «E’ quello che sognavo da piccolo, giocare in stadi meravigliosi come questo e contro i più grandi del mondo. Cosa vi devo dire, per me non è mai un problema giocare contro i più forti, farmi coinvolgere da questi match». CRISI Se ne accorge, per davvero, anche il Djokovic dimesso di questà lunga eclissi che si protrae ormai dal Roland Garros di giugno, un guerriero stanco soprattutto con la mente, che aveva scelto il Messico (ottenendo una wild card) per dimenticare le sventure australiane, solo in parte mitigate da una vittoria in Davis, e invece si ritrova a prolungare la crisi con un’altra sconfitta brutale, perché maturata ancora una volta contro la sua natura, cioè perdendo il controllo dei colpi e della situazione nei momenti decisivi. E’ vero che sull’unica palla break concessa in tutto il match (sesto game del primo set) Kyrgios esplode uno dei 25 ace della sfida e che piazza servizi vincenti pure sui due set point annullati a Nole nel tie break, ma nel 12 game del secondo set è il Djoker a smarrire la battuta e a spedire fuori di un palmo il dritto che lo consegna alla delusione già al primo match point contro. Rabbuiato, avrà solo parole di circostanza: «Come mi sento dopo questo match? Non tanto bene. Nick ha un gran servizio, gli auguro di vincere il torneo e complimenti per questa partita. Lui, il vincitore, invece pare finalmente comprendere il sottile crinale fra il possedere doti enormi e sprecarle a suon di mattane, anche se non si è fatto mancare pure stavolta una risposta in demi-voleé stile Federer e un colpo sotto le gambe che a quel punto della partita e dello scambio non aveva alcun senso: «Non ho mai pensato alla vittoria se non quando è arrivata, sapevo di dover rimanere attaccato al momento e di non farmi influenzare dal pubblico che ovviamente stava con lui, perché in passato ci sono state tante situazioni in cui i match mi sono scivolati via, perciò ho dovuto rimanere collegato per tutta la partita. Ho aspettato e ho preso le mie chance». Magari stanotte, nella sua versione Mr Hyde, non avrà toccato palla contro Querrey. Ma solo il cielo sa quanto il tennis abbia bisogno di un pazzo come il Kid

 

Djokovic in crisi nera non trova più le parole (Stefano Semeraro, Il Corriere dello Sport)

Djokovic, come va? «Non al massimo». Come le è sembrato Kyrgios? «Gran servizio. Ha meritato di vincere, congratulazioni. E tutto». La stizza del campione condensata in dodici parole, forse la conferenza stampa più breve nella storia del tennis. Novak Djokovic fino al giugno scorso era abituato a ben altri record, ma oggi è questo che passa il convento. Da imbattibile a perdente seriale, l’ex numero 1 sembra infilato in una crisi – mentale prima che tecnica – che fra pochi alti e molti bassi dura ormai da sette mesi. Nei quarti di Acapulco il numero 2 del mondo si è fatto buttare fuori in due set (7-6 7-5) da Nick Kyrgios, l’ammazzagiganti made in Australia che così ha eguagliato l’impresa del suo connazionale Lleyton Hewitt: battere sia Federer, sia Nadal sia Djokovic al primo incontro in carriera! A Hewitt, coetaneo di Federer, servirono 7 anni per completare il triplete, Nick il selvaggio, 21 anni, n.17 Atp, ci è riuscito in due anni e mezzo. LA PARTITA. L’impresa più facile è stata proprio quella di giovedì nei quarti del “500” messicano, contro un Djokovic combattivo ma innervosito dagli ace (25) e dalla quantità di prime palle (68%) piazzate da Kyrgios, che in tutto il match gli ha offerto una sola palla-break. Novak ha servito bene ma nel finale si è fatto breakkare a zero, consegnando il match all’avversario. Un crollo non da Djokovic, il Cannibale che nelle sue annate migliori ha sempre esibito neuroni d’acciaio e attributi ferrigni. PERIODACCIO. Dopo il flop a Wimbledon, con le voci sulla crisi con la moglie Jelena dovuta a un presunto flirt con la stellina di Bollywood Deepika Padukone, il Joker però non è più stato lo stesso. Ha toppato la finale degli US Open e del Masters, riuscendo a vincere un solo torneo, il Masters 1000 di Toronto, fra il Roland Garros e la fine della stagione. Scioccando l’ambiente ha dichiarato che la sua priorità ormai non è più vincere, quindi ha licenziato Boris Becker e assunto il guru iberico Pepe Imaz, e qualche dubbio ha iniziato a circolare anche sull’efficacia della sua dieta ultravegana. A gennaio si è imposto a Doha, poi è arrivato il passo falso agli Australian Open contro il modesto Denis Istomin. Che le cose in famiglia non si siano del tutto rasserenate lo fa sospettare il video postato qualche giorno fa su Facebook in cui è filtrato, inavvertitamente, un acido battibecco con la moglie Jelena, la sensazione insomma è che in questo avvio 2017 l’ex numero 1 non abbia ancora ritrovato l’equilibrio. E che gli avversari lo considerino vulnerabile. KYRGIOS. Di sicuro lo pensa Kyrgios, il più giovane capace di batterlo dai tempi del 19enne Filip Krajinovic nei quarti di Belgrado 2010 (ma allora si trattò di ritiro), che chiudendo il triplete conto i tre mostri sacri è ora a quota 11 successi in carriera conto i Top Ten. «Mai avuto problemi ad affrontare match del genere», dice Nick. «Per me non cambia nulla quando mi trovo davanti un Top Ten, fin da bambino ho sempre sognato di giocare contro i più forti nei grandi tornei». Riuscisse ad essere altrettanto efficace contro i medi e i piccoli avversari, e a tenere a bada i nervi, avremmo un serio candidato per il numero 1. «Nole è un bravo ragazzo e ha fatto tanto per il tennis», ha ribattuto a chi gli chiedeva del tifo del pubblico per Djokovic. «Ovvio che siano tutti per lui. Io invece sono un tipo che fa discutere. E non ho intenzione di cambiare». Amen

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