A sollevare più di qualche dubbio sono innanzitutto i tempi, anche se è vero che sin qui la “cura Krajicek” non ha sortito gli effetti sperati: zero titoli nei sei mesi di collaborazione e trend negativo nelle finali confermato. L’ultimo trofeo è targato gennaio duemilasedici. Un brutto rospo che un giocatore del calibro di Raonic non può mandar giù.
Lo scorso dicembre il canadese chiuse la stagione da numero tre, con una finale di un Major e un solo titolo, a Brisbane. Arrivò così l’ennesimo cambio della guardia nel suo box: via Moya, passato celermente alla corte di Zio Toni e Rafa, dentro Richard Krajicek, l’olandese che qualche mese prima, nell’infinito giro di valzer dei supercoach, aveva lavorato part-time con Stan Wawrinka. Una collaborazione simile a quella che lo stesso Raonic aveva chiesto ed ottenuto da John McEnroe: un’assunzione a tempo per le cinque settimane sul verde.
Ed è qui che i conti non tornano più: le parti parlano di una separazione consensuale, ma la scelta di congedarsi da un “fu erbivoro” come Krajicek a dieci giorni dal Queen’s, il primo torneo dei tre tornei che Raonic giocherà sul verde, non può che destare qualche sospetto. Dalla prima collaborazione con Ljubicic, Riccardo Piatti, che ha allevato tennisticamente il canadese, è sempre stato affiancato da un ex campione. Avanti un altro allora? Staremo a vedere