Chissà se Andre Agassi si ricorda di quel 13 luglio 2004 quando al primo turno del Mercedes Benz Cup a Los Angeles, vinse in appena 54 minuti contro un giovane americano di origine russa di nome Alex Bogomolov. Una vittoria apparentemente insignificante, ma che in realtà lo fece entrare in un club di élite riservato a quei pochi tennisti in grado di raggiungere 800 vittorie in carriera in singolare – chiuse con 870. All’epoca quel gruppo era composto da Jimmy Connors (ancora oggi leader della classifica con 1256 vittorie), Ivan Lendl, Guillermo Vilas, John McEnroe e Stefan Edberg. Più tardi avrebbero “fatto capolino” anche Roger Federer (attualmente a quota 1109) e Rafael Nadal (852).
Quel giorno Agassi commentò la sua impresa così: “Ogni volta che realizzi qualcosa che solo i migliori hanno fatto, ciò acquisisce un significato speciale. Mi ci è voluto un sacco di tempo per vincere tutti questi match”. E questo non è stato ovviamente il suo unico grande risultato: l’americano vanta 60 titoli ATP, di cui otto slam e 17 master 1000; è stato il primo a realizzare il career grand slam da quando i major si giocano su tre superfici diverse ed è stato in vetta alla classifica per 101 settimane.
Negli ultimi due mesi il kid di Las Vegas è tornato sulla scena tennistica al fianco di Novak Djokovic, che nonostante stia pensando alla possibilità di prendersi una pausa dal circuito per rimettersi in sesto psico-fisicamente, ben presto si unirà al club visto che al momento ha 783 vittorie. Negli ultimi anni Agassi è divenuto famoso anche al mondo extra-tennistico per la sua autobiografia intitolata Open, di cui ha recentemente parlato in una bella intervista con Federico Buffa.
