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Tennis e cinema: nelle terre selvagge di Andre Agassi

Cosa si cela dietro alla ribellione del Kid di Las Vegas e del protagonista di “Into the wild”? Alla scoperta dei perché delle loro scelte estreme

Last updated: 18/08/2017 13:21
By Francesca Marino Published 17/08/2017
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7 Min Read

Riprendiamo il nostro appuntamento con la rubrica “Tennis e cinema” con uno degli atleti che più di altri ha rivoluzionato il mondo del tennis e dello sport. Di Andre Agassi si è parlato a lungo e forse troppo: prima, durante e dopo la sua carriera. La storia dello statunitense è ormai nota anche ai meno appassionati di tennis, grazie al best seller autobiografico “Open”. Dunque non verrà ripercorsa la biografia del Kid di Las Vegas, ma si tenterà di entrare nelle terre selvagge del suo io interiore per comprendere al meglio il perché delle scelte radicali, che tanto hanno fatto parlare tutto il mondo del tennis degli anni 90 e oltre. Compito arduo addentrarsi negli abissi della mente umana per approdare a una conoscenza, della quale non sapremo mai fino a che punto essa potrà corrispondere alla verità. La figura di Agassi ha letteralmente rivoluzionato il modo di concepire il tennis: egli è stato capace di rendersi antipatico ai più che lo seguivano, a causa dei suoi comportamenti ribelli e della sua volontà estrema di infrangere ogni diktat imposto dalla società. L’ex numero uno del mondo è riuscito a sprofondare non solo nel ranking mondiale, arrivando fino alla 141esima posizione, ma anche nel baratro di una vita dissoluta, un viaggio nelle tenebre del proprio sé, dal quale alla fine uscirà vincitore.

In questa esperienza conoscitiva, ecco che emerge imperante il protagonista del capolavoro di Sean Penn, “Into the wild”. La pellicola cinematografica candidata agli Oscar narra la storia vera di Christopher McCandless, giovane americano benestante, che subito dopo essersi laureato, decide di abbandonare amici e famiglia per allontanarsi dalla società consumista e capitalista nella quale non vede rispecchiare le proprie credenze. Chris, animato dai suoi ideali anticonformisti, comincia a viaggiare a piedi per due anni negli Stati Uniti. Christopher è circondato non solo da una famiglia benestante e opprimente, ma anche da un ambiente privo di stimoli. Alexander Supertramp (pseudonimo con cui Chris intraprende il suo viaggio), fugge da quella “Society” cantata da Eddie Vedder descritta come “a crazy breed” (razza folle), che troppo lo ha disgustato, instillando in lui la necessità di perseguire i propri ideali, opponendosi al bieco materialismo imposto dal capitalismo americano.

Il film, così come il libro di Agassi, consentono allo spettatore di immedesimarsi silenziosamente con i protagonisti, senza giudizio per le loro scelte, trasmettendo agli occhi di chi guarda e di chi legge una irrefrenabile voglia di libertà. Ed è proprio in virtù di quest’ultima che Supertramp si mette in viaggio, la stessa che consente ad Agassi di ribellarsi a quell’affettata società tennistica che lo circonda. Senza sentenze e preconcetti, Andre e Chris semplicemente si fanno autori di uno struggente appello alla libertà, che passa obbligatoriamente per la ribellione ai padri ottusi e all’ambiente che ordina loro chi devono essere, come devono vestirsi e il lavoro che devono fare. “Se ammettiamo la possibilità che l’uomo possa essere governato dalla ragione, ci precludiamo la possibilità di vivere”, con queste parole Supertramp suggella l’inizio del suo viaggio, un viaggio nella natura tanto quanto nell’interiorità dell’animo umano.

Come Chris abbandona tutti i suoi beni materiali e scappa dalla propria casa per fuggire i consigli sensati di una società malata, così il plurivincitore Slam, abituato a sfoggiare magliette sgargianti, pantaloncini jeans strappati, orecchini e bandane, decide di non partecipare a Wimbledon, torneo che impone il rigoroso completo bianco, l’olimpo del tennis in cui bisogna sottostare ad alcune regole ferree, che per il campione dai lunghi capelli biondi si trasformano nella castrazione della sua personalità eccentrica. Dunque, i due protagonisti optano per una forma di ribellione estrema, ma pacifica, alla ricerca dell’agognata libertà di espressione. Tuttavia, in questo viaggio esistenziale entrambi arrivano a porsi il quesito che da sempre affligge l’essere umano: qual è il senso della vita?

Nella loro rivoluzione personale essi cercano la risposta a tale domanda. Chris la cerca, non solo attraverso la contemplazione di paesaggi immaginifici ed incontaminati, ma anche tramite gli insegnamenti dei personaggi che incontra lungo il suo cammino. Agassi, invece, tenta di scovarla allontanandosi da quel maledetto tennis tanto odiato, che lo ha costretto a dover portare su di sé il peso di essere il migliore di tutti, di non deludere le aspettative di un padre che ogni mattina lo costringeva a colpire 2500 palline ancor prima di lavarsi i denti. Ma è proprio nell’allontanamento da quella macchina infernale che il campione statunitense comprende il senso della vita: egli è il prescelto, non può sottrarsi a quel fato che continua a sussurrargli all’orecchio un’assordante verità: la racchetta è un prolungamento del suo braccio, Andre e le sopraffini geometrie tennistiche sono legati da un indissolubile filo rosso.

Allora si ritorna in pista grazie alle figure che poi sono diventate i pilastri della vita dell’eccentrico campione: il preparatore atletico e mentore Gil Reyes, il coach Brad Gilbert e la tennista, nonché futura moglie, Steffi Graf. Ognuno di loro ha dato ad Agassi una ragione per amare la vita e quel mostro chiamato “tennis”. Ora tutto è più chiaro e finalmente il Kid può godere della pace ritrovata e tornare sul trono che gli spetta. Così, anche Supertramp, nell’isolamento dalla società che tanto disprezzava, risponde alla domanda esistenziale che lo aveva messo in moto verso l’Alaska: ecco che ritornano alla memoria i suoi genitori e le persone che l’hanno accompagnato nel viaggio. L’inoppugnabile risposta alla suddetta domanda, che scuote gli animi di chi assiste all’epilogo delle vicende dei nostri protagonisti non può che essere una: “La felicità è reale solo se condivisa”.


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TAGGED:Andre Agassitennis e cinema
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