US Open: italiane dall'altare alla polvere. Da Pennetta-Vinci a tre sole in gara

Editoriali del Direttore

US Open: italiane dall’altare alla polvere. Da Pennetta-Vinci a tre sole in gara

NEW YORK – Se una sola passasse un turno (la reietta Giorgi con Rybarikova?) sarebbe già un successo! E il tennis maschile? Siamo lì. Leggete cosa ha scritto Emanuela Audisio su Repubblica e riflettete

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NEW YORK, Flushing Meadows –La notizia del giorno è certo rappresentata dal ritiro di Andy Murray, dal regolamento discutibile che non consente di risistemare interamente le teste di serie falsando un po’ il tabellone – che non sia la prima volta non è una giustificazione valida – anche se è vero che si sarebbe dovuto rivoluzionare tutto un sorteggio. Ma le prime quattro teste di serie di un torneo sono troppo importanti, rispetto a tutto il resto, perché ci si trovi a… dare il via ad un tabellone zoppo, squilibrato nei giocatori più importanti.

NADAL E FEDERER SONO I PRIMI DUE FAVORITI E  ALLORA NON SI DOVEVANO LASCIARE NELLA STESSA METÀ

Che oggi, feriti e contusi a parte, sono i soli due che possono chiudere il 2017 da n.1: Rafa Nadal e Roger Federer. Magari perderanno entrambi prima di un loro teorico scontro in semifinale, ma la logica – e non un regolamento balzano – avrebbe dovuto prevedere la possibilità che i due meglio classificati e più vincenti dell’anno, si trovassero agli estremi opposti di un tabellone di uno Slam. Le teste di serie sono nate per questo, che fossero, due, quattro, otto, sedici o trentadue. Oggi, come ieri, era questa la logica della loro introduzione. Chiunque fossero coloro che si ritiravano e coloro che se ne avvantaggiavano. Questo io penso, pur conoscendo il regolamento che prevede l’ipotesi che si è verificata con il ritiro di Murray successivamente al sorteggio.

Se Murray avrebbe potuto dirlo prima, beh è vero che forse sì visto che il problema che lo angustia non è nuovo, però ognuno è libero di comportarsi come gli pare. Financo di sognare in un miracolo che gli consentisse di scendere in campo con qualche chance di difendere le proprie carte. L’unico risultato pratico di tutto ciò è che certamente a fine anno Andy non potrà essere il n.1 del mondo, e che quindi questi lo sarà Rafa Nadal oppure Roger Federer, visto che anche Djokovic e Wawrinka, ultimi campioni dell’US open, sono fuori gara.

Una volta a Wimbledon facevano il sorteggio già al mercoledì della settimana che precedeva il torneo. Ora non basta più nemmeno farlo al venerdì perché qualche forfait successivo non lo renda… ingiusto, inadeguato.

ANDY MURRAY NON HA COLPE, IL REGOLAMENTO SÌ 

Murray non ha certo dato forfait per fare un dispetto a qualcuno – ho letto anche qualche commento assurdo di questo tipo – ma perché ha sperato fino all’ultimo di potercela fare. Se nemmeno il sorteggio favorevole che lo aveva battezzato ha costituito una spinta sufficiente a farlo scendere in campo si vede che proprio non se l’è sentita.

DEL DISASTROSO MOMENTO DEL TENNIS ITALIANO SCRIVO PRIMA DEL TORNEO…NON DOPO

Ma oggi avrei voluto scrivere, e scrivo, del tennis italiano, visto che non credo che avremo purtroppo molti giorni per parlarne una volta che tutti i 9 compatrioti saranno usciti di scena, 6 uomini e 3 donne. Per la prima volta dopo tanti anni un numero non in doppia cifra. Il fatto che Fognini abbia pescato il qualificato Travaglia al primo turno ci garantisce almeno un italiano al secondo turno. Il che può sembrare la solita battuta del pessimista, ma in realtà non è che si possa essere troppo ottimisti.

Per la prima volta dal 2000 il tennis italiano si presenta all’ultimo Slam dell’anno, a New York, senza che una nostra ragazza sia compresa fra le prime 32 teste di serie. Se si pensa che nel 2015 Flavia Pennetta e Roberta Vinci disputarono qui una storica finale lo scenario è cambiato paurosamente. In peggio. Eppure sono trascorsi soltanto due anni.

GRAZIE A FARINA E SCHIAVONE  E POI A…

Nel 2001 e nel 2002 la nostra n.1 era Silvia Farina che sarebbe arrivata a n.11 del mondo, sfiorando in mille occasioni di far breccia in quel muro delle top-ten che sarebbe stato infranto per prima da Flavia Pennetta nel 2009. Seguita poi e superata da Francesca Schiavone nel 2010 che, trionfando al Roland Garros, sarebbe riuscita il 7 giugno 2010 ad issarsi alla quarta posizione, la migliore per un nostro tennista ambosessi insieme a Adriano Panatta (giugno 1976). È soprattutto grazie a Francesca se il nostro tennis può vantare almeno una presenza fra le teste di serie negli Slam dal 2003 in poi fino ai giorni nostri, quando dal 2007 in poi anche Flavia Pennetta (seconda italiana di sempre per numero di vittorie nel circuito, 582 contro 365 sconfitte, si è inserita stabilmente fra le prime 32 tenniste del mondo (salendo fino al best ranking di n.6 il 28 settemnbre 2015 in buona parte conquistato grazie al successo nell’US open del 2015) meritandosi quindi sempre da allora (salve le parentesi dovute ad infortuni) un posto fra le teste di serie negli Slam.

L’escalation fra le top 10 per Sara Errani (n.5 il 20 maggio 2013 dopo la finale di Roma in cui si ritirò con Serena Williams) è cominciata nel 2012, quando ha raggiunto i quarti all’Australian Open. Da lì in poi, con una finale raggiunta al Roland Garros in quello stesso 2012, una semifinale nel 2013 e due quarti nel 2014 e nel 2015 Sara è stata testa di serie fissa negli Slam – e in alto – fino a tutto il 2015 e per la prima parte del 2016, prima del recente declino dal quale non le sarà facile rimontare la corrente anche a seguito della squalifica dovuta al “tortellino” malefico (o qualunque altro cibo contaminato) che non le permetterò di riprendere a giocare altro che con un classifica da n.280 in giù.

Così dal 2016 in poi ci ha tenuto su Roberta Vinci, approdata al suo best ranking, n.7, il 9 maggio 2016 a 33 anni compiuti.

Non fosse riuscita a tanto, lei che negli Stati Uniti verrà soprattutto ricordata per aver stoppato in semifinale all’US Open 2015 al termine di una indimenticabile partita la corsa di Serena Williams nella realizzazione ormai quasi scontata del Grande Slam, forse oggi si sarebbe già ritirata nel dicembre 2016 con le sue 547 vittorie a fronte di 385 sconfitte a fine anno. Ma è difficile farlo quando si è ancora n.18 del mondo, il tennis ti diverte e si possono guadagnare ancora fior di quattrini.

Flavia Pennetta lo ha fatto alla sua età e con una classifica di fine ancora migliore, da top-ten, ma si era tolta la più grande delle soddisfazioni, vincere uno Slam e dire addio nel momento più bello e gioioso con un gran coup de theatre che prese tutti in contropiede.

PERCHE’ SONO PESSIMISTA RIGUARDO A QUESTO US OPEN

Questo US Open alle porte è però il primo dopo parecchi anni in cui non solo non abbiamo più nessuna ragazza testa di serie, ma ne abbiamo in tabellone soltanto tre, Vinci, Giorgi e l’immarcescibile Schiavone, dopo averne avute 6 nel 2013-2014-2015 e 5 nel 2012 e nel 2016. Peraltro lo scorso anno l’unica ad approdare al secondo turno, fra Vinci, Schiavone (Kuznetsova n.10), Errani (Rogers n.49), Knapp (Larsson n.47) e Giorgi (Stosur 17), fu proprio la Vinci che superò la Friedsam (n.46) vendicando la sconfitta patita in Australia a gennaio. Battè poi McHale (n.55), Witthoeft (n.108) e persino Tsurenko agli ottavi, prima di fermarsi al cospetto di una Kerber lanciatissima verso la vittoria. Non difendere questo quarto di finale, come purtroppo sembra probabile, significherebbe cadere ulteriormente in classifica.

Fra uomini e donne non siamo più in doppia cifra, almeno dieci – come dicevo –  perché quest’anno – e grazie a Travaglia che si è brillantemente qualificato per il secondo Slam consecutivo – abbiamo sei uomini e con le tre donne arriviamo a nove.

Senza grandi speranze di fare molta strada purtroppo, perché le tre ragazze non sono favorite nei loro match, anche se non si può escludere un loro passaggio al secondo turno visto che Giorgi ha già battuto la Rybarikova (semifinalista a Wimbledon e dal gioco ostico, privo di ritmo), ma Camila deve soprattutto sempre pensare a battere se stessa e le proprie pause di concentrazione (il tennis non è solo sparar pallate, una strategia esiste, si gioca contro avversari che hanno certe caratteristiche e occorre anche pensare a come controbatterle, non c’è un unico modo di giocare e proprio Roger Federer con i suoi continui “assestamenti” è l’esempio vivente di quanto dico). Visto anche che l’avversaria della Schiavone è la qualificata Kanepi (e nessuna qualificata aveva maggior CV della ragazza estone) e che la Stephens, dopo un anno di infortuni, sembra in netta ripresa mentre la stessa cosa non si può davvero dire della Vinci… però nel tennis femminile sbilanciarsi in predizioni rasenta la follia. Sono troppe le componenti, fisiche, psicologiche, che condizionano i loro risultati quando i margini sono ravvicinati.

DOBBIAMO ILLUDERCI SUL TENNIS MASCHILE ALLORA?

Dei sei ragazzi in campo, come accennato c’è un derby Fognini-Travaglia del quale avremmo fatto volentieri a meno, ma che ci garantisce almeno un azzurro al secondo turno.

Infatti Giannessi con Gulbis, Seppi con Bautista Agut e, visti i precedenti, anche Lorenzi con Sousa giocano contro pronostico, e insomma l’unico che parrebbe avvantaggiato in termini di classifica ed esperienza è Fabbiano con il qualficato australiano Smith di cui so solo che nelle quali ha vinto tre incontri senza perdere un set. Forse l’ho anche visto giocare in qualche prova junior, a Melbourne o a Parigi, ma sinceramente soltanto rivedendolo potrei ricordare qualche caratteristica in più.

Insomma il rischio che ci sia soltanto il vincitore di Fognini-Travaglia al secondo turno “azzurro” esiste, purtroppo.

L’ARTICOLO DELL’AUDISIO SULL’ATLETICA POTEVA ESSERE SCRITTO PER IL TENNIS

Sabato 12 agosto ho letto su Repubblica un articolo di Emanuela Audisio sul flop degli azzurri agli europei di atletica: 36 atleti e se non ci fosse stata il bronzo della marciatrice Antonella Palmisano… buona notte! Quel sabato, quando gli Europei si sarebbero conclusi l’indomani, Repubblica scriveva di 18 azzurri eliminati subito o ritirati otto uomini e 10 donne, solo tre atleti avevano ottenuto la migliore prestazione stagionale, cinque in pista sono andati avanti in batteria ma per essere eliminati tutti in semifinale.

La Audisio scriveva: “Metà della squadra non ha nemmeno fatto in tempo a salutare che è sparita dal video”.

E poi… “Il problema che gli altri migliorano e l’Italia no. O almeno mai abbastanza. Ci si vanta molto dei risultati a livello giovanile, che sono importanti, ma …il problema non è fermarsi a guardare in un piccolo specchio. Sono tutti promettenti fino a quando non si scontrano con la realtà che rivela un’altra verità. L’Italica non c’è. Forse non ha fame, forse non ha voglia, forse non ha abbastanza qualità. Lasciamo stare le grandi potenze. Vincono medaglie….”. E la Audisio cita nazioni piccolissime e di tutti i continenti, come io potrei citare nazioni piccolissime e di tutti i continenti che in 40 anni hanno celebrato finalisti e vincitori di Slam in campo maschile… quando noi siamo ancora qui a ricordare che gli ultimi semifinalisti – ripeto… semifinalisti – sono stati Panatta e Barazzutti 40 anni fa.

Perché l’Italia no? – scrive ancora Emanuela Audisio riferendosi all’atletica (ma qual è la differenza con il tennis, fatta importante eccezione sia chiaro per l’età d’oro del tennis femminile e delle quattro Schiavone, Pennetta, Vinci e Errani?) – Siamo vittime di una grande illusione, di un’enorme disorganizzazione mentale e tecnica?”. Se andate a intervistare il presidente federale dell’ultimo ventennio vi sottolineerà i grandi successi delle “nostre ragazze” (dimenticando che si sono tutte “emancipate” fuor dai nostri confini, con coach stranieri o comunque non federali) e che “il tennis italiano è in salute grazie al successo di Supertennis” etcetera etcetera.

Politichese puro.

Emanuela Audisio scrive ancora a proposito degli altri atleti di altre nazioni, come noi potremmo scrivere non solo dei soliti spagnoli e francesi, ma dei croati, dei serbi, dei russi, dei canadesi, dei cechi, degli svizzeri, perfino dei bulgari: “Perché è difficile trovare qualcuno che salti, che corra, che si allunghi verso un possibile traguardo? E magari che ci faccia una sorpresa come il norvegese Warholm sui 400 ostacoli o il francese Besse sugli 800. Perché gli altri sì e l’Italia no?”.

Vorrei dire la stessa cosa. Perché uno Zverev, uno Shavopalov, ma anche un Thiem, un Goffin, insomma i migliori della next e della middle generation, sono sempre stranieri e mai italiani?

La Audisio conclude – e io dedico la conclusione a chi si ostina a ritenere che l’importante è avere Supertennis e del resto chissenefrega – “Una terribile congiunzione astrale o un pericoloso lassismo? Il Coni non può non essere preoccupato da un’atletica (da un tennis?, ndr) alla deriva e non competitivo. Se questo è il meglio che si può dare, non conviene tornare in cantiere con tecnici scelti per le loro capacità e con un altro sistema di costruzione? O bisogna rassegnarci ad essere Little Italy?”.

Non aggiungo alcun commento personale. Fatelo pure voi.  

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