(dal nostro inviato a Londra)
Siamo arrivati al traguardo finale di una lunghissima e splendida stagione di tennis, le ATP Finals di Londra, che almeno mentalmente io non riuscirò mai a non chiamare “Masters”. Per l’ultima volta in questo 2017, dunque, benritrovati a bordocampo. Le possibilità di assistere ai “training” degli otto campioni (più due riserve) presenti qui alla O2 Arena, a North Greenwich, in riva al Tamigi, sono ovviamente limitate dal numero ristretto dei pratecipanti al torneo, e dal fatto che ci sono solo due campi di allenamento, oltre al centrale utilizzato nei ritagli di tempo tra una sessione di match e l’altra. Esplorando le aree laterali del “Millennium Dome”, l’enorme tensostruttura che ospita la manifestazione, e al cui interno, tutto intorno all’arena vera e propria, trovano posto decine di ristoranti e negozi, mi sono intrufolato nel “training court 2”, situato a lato dell’ingresso al media center, in mezzo a un cantiere, sotto una copertura provvisoria. Con me, il nostro fotografo presente qui a Londra, Alberto Pezzali, è a lui che dobbiamo dire grazie per le ottime immagini di questo pezzo.
Il campo, come detto, è allestito in modo provvisorio, senza spazi al lati (un po’ come a Parigi-Bercy), e solo una piccola passerella dietro, in fondo, di circa un metro di larghezza. La scomodità della posizione, però, è stata abbondantemente compensata dal fatto che mi sono visto una ventina di minuti della sessione di Dominic Thiem (sparring partner, il diciottenne serbo Miomir Kecmanovic, numero 1 junior, un tipetto niente male) gomito a gomito con Kristina Mladenovic, ormai ufficialmente compagna di Dominic, ragazza davvero simpatica e molto, molto carina. Ma soprattutto, molto molto attenta al tennis del fidanzato, di cui commentava anche con me i colpi, e devo dire che eravamo piuttosto d’accordo. Non su tutto, ma insomma, il mio interesse per Thiem era più professionale e quindi obiettivo di quello di Kiki, e credo proprio fosse giusto così.
L’amico Dominic ha perso una partita tiratissima contro Grigor Dimitrov l’altro ieri, palesando per l’ennesima volta i suoi problemi sui terreni medio-veloci. È un peccato terribile, dal punto di vista tecnico, che un ragazzo capace di tanta potenza, accelerazione, e rotazione con i fondamentali, tra cui spiccano il super-servizio in kick e il gran rovescio a una mano (non che il dritto sia male, anzi), non riesca a trovare il modo di avanzare la sua posizione in campo. Le preparazioni ampie e complesse non sono per forza un limite all’anticipo sulla palla, specie parlando di campioni dotati di velocità di braccio e piedi simili, basti vedere come ha saputo evolversi negli anni Stan Wawrinka, o Nick Kyrgios dal lato del dritto. Ma torniamo da Thiem.
Qui sopra, preparazione del dritto, ricordo che si stava allenando in posizione fissa, su palle relativamente comode, possiamo vedere che in questo caso, dovendo avanzare un passo, ha avuto tranquillamente il tempo di mettersi di fianco in neutral stance. Insomma, un dritto di cui aveva il pieno controllo, non era in recupero, non era stato aggredito dalla palla. Osserviamo con attenzione la palla stessa: a destra, la vediamo arrivare al culmine dell’altezza dopo il rimbalzo. Sarebbe il momento ideale, per un dritto colpito aggressivo, di impattarla.
E invece, come vediamo qui sopra, Dominic la fa scendere di almeno una spanna, per darsi il tempo di sbracciare come piace a lui, e per imprimere più top-spin entrando dal basso verso l’alto con la testa della racchetta. A destra, il più classico dei finali windshield-wiper (a tergicristallo). Niente di sbagliato, intendiamoci, ma un ritardo sistematico nell’impatto che è ormai diventato abitudine. Ovviamente, Thiem è perfettamente in grado di spingere anche trovando il colpo ben più in alto, ma lo fa solo sulle palle corte e lente da chiudere in avanzamento. Quelle palle da chiudere o attaccare, però, si ottengono “in premio” a partire dagli anticipi e dagli angoli che si possono creare colpendo prima e più in alto durante il palleggio, perchè si toglie tempo all’avversario, e banalmente si “vede” più campo in termini geometrici. Per la terra battuta, l’attitudine tecnica dell’austriaco è perfetta (come lo è quella di Nadal, che però ha molte più “frecce” al suo arco, sa fare tutto), ma come detto, grida vendetta che un simile talento non trovi il modo di esprimersi sul duro e sul veloce in generale. Talento che, dopo averlo “bacchettato” pure troppo, scusami Dominic, andiamo a vedere – giustamente – anche nelle cose che fa davvero bene.
Qui sopra, guardate che bella la tecnica in recupero sul lato del dritto, gestione dell’equilibrio notevolissima. Nell’immagine a destra, l’attimo immediatamente precedente allo scatto a rientrare, Thiem – da buon austriaco – è inclinato come uno slalomista.
Qui sopra, preparazione del suo gran rovescio a una mano, da ammirare l’allineamento tra tacco della racchetta, testa della stessa, e palla in arrivo. Tutto perfettamente orizzontale, compresa la gamba posteriore dal ginocchio in giù, trascinata a seguire e bilanciare il potente appoggio del piede destro.
Qui sopra, impatto e finale dello stesso colpo, compattezza del gesto e controllo della sbracciata sono magnifiche. Un altro esempio è l’immagine “di copertina” in testa al pezzo. Davvero bello da vedere da vicino, la palla schiocca e gli scorre che è un piacere, fisicamente poi il ragazzo è una belva di reattività e capacità di spinta con le gambe.
Non si arriva a numero 4 del mondo per caso, infortuni di campioni vari a parte, il tennis di altissima qualità c’è tutto, la speranza è che arrivi anche un’evoluzione prima tattico-strategica, e poi necessariamente tecnica di conseguenza, che permetta a Thiem di essere vincente ai livelli che gli competono anche sui terreni medio-veloci. Stan-The-Man l’ha capito, anche se tardino, e la ricompensa sono stati tre Slam vinti, di cui due sul duro. Forza Dominic, sarebbe un vero peccato non esplorare fino in fondo le possibilità di un gran braccio come il tuo.