Trovate l'anti-Federer, si candida Dimitrov (Crivelli). Infortuni e sostituti, l'anomalia suicida del format Masters (Clerici)

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Trovate l’anti-Federer, si candida Dimitrov (Crivelli). Infortuni e sostituti, l’anomalia suicida del format Masters (Clerici)

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Trovate l’anti-Federer, si candida Dimitrov (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

A volte, più del film, conta il protagonista. Sceneggiatura scarsa, ma un pluripremiato agli Oscar che recita. Le Atp Finals del 2017 non passeranno probabilmente alla storia per il livello dei protagonisti, ma basta la presenza del Maestro per eccellenza a riempire la sala e a dare il tocco di charme che rende gradevole un parterre modesto, almeno sotto il profilo dei risultati complessivi in carriera. Perché degli otto eroi rimasti, solo Roger Federer ha già vinto uno Slam, e in ogni caso, fosse rimasto Nadal, sarebbero stati solo in due. Insomma, il Divino ha l’onere, certo assai gradito, di salvare l’albo d’oro di questa edizione e al tempo stesso l’occasione all’apparenza più facile per chiudere una stagione monumentale, a 36 anni, con il settimo sigillo di sempre al Masters e un’altra pagina sul libro della leggenda. La vittoria di martedì su Zverev, malgrado qualche inusuale scenata di troppo («Ero infastidito perché non riuscivo a giocare meglio), gli ha consegnato il 100 successo contro un top 5 e gli ha regalato il primo posto nel girone, dunque il rivale più morbido dell’altro gruppo, nonché in pratica tre giorni di riposo prima della semifinale di sabato (ieri non si è neppure allenato dedicandosi al relax familiare per Londra, oggi con Cilic in pratica disputa un’esibizione e domani è ancora senza partite).

Insomma, le condizioni ideali per una cavalcata che salverebbe l’onore delle Finals. Ci sono state, è vero, edizioni assai mosce (nel 1998 a Hannover vinse Corretja su Moya…) e altre con qualificati tipo Schuettler e Novak e in fondo si poteva immaginare che con 5 top ten fuori dai giochi per infortuni lo show ne avrebbe risentito. Però, al netto dell’amore planetario per il Divino, lo sport si nutre di rivalità, di confronto, di battaglie e dunque un avversario all’altezza sarebbe gradito. Ieri ha avanzato la candidatura Grisha Dimitrov, per troppo tempo convivente con la nomea di nuovo Federer e in questa stagione finalmente affrancatosi da quell’ombra. ll bulgaro ha vinto ad agosto il primo Masters 1000 in carriera (a Cincinnati) e in Australia, a gennaio, è andato a un punto dal servire per il match contro Nadal. Al debutto al Masters, si prende subito la semifinale da primo del gruppo travolgendo Goffin (menomato a un ginocchio per uno strano contrappasso): «In questa partita tutto quello che ho toccato è diventato oro».

Tecnicamente, e per talento, Grigor è un top player, ma gli mancano un po’ di furia agonistica e qualche chilometro nella velocità di palla: adesso sarebbe bello vederlo incrociare Zverev, se il tedesco rispetterà il pronostico contro Sock. La sfida della generazione di mezzo e della Next Gen per offrirsi il simbolo della generazione dei fenomeni. In una partita, o anche in un torneo secco (magari due su tre), Grisha e Sascha sono già da corsa, ma immaginarli rivali stagionali di Federer e Nadal nel 2018 è ancora complicato. Il quesito tuttavia è pertinente, perché Murray e Djokovic, attesi come la buona novella per rimpolpare il mito dei Fab Four, o non hanno ancora confermato quando rientreranno (Andy) o in ogni caso dovranno ripartire da lontano (il Djoker). Anzi, intorno allo scozzese le voci da tempo non sono confortanti e da ultima si è aggiunta quella di Henman: «In campo si muove abbastanza bene, ma tra un punto e l’altro e quando cammina, la zoppia è evidente. Sta migliorando, ma è dura (…)

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Infortuni e sostituti, l’anomalia suicida del format Masters (Gianni Clerici, La Repubblica)

Privo di iscrizione all’albo professionale dei medici, o almeno a quello dei fisioterapisti, non potevo rendermi conto, nell’osservare il match di lunedì con Nadal privo di una gamba che, al suo avversario Goffin, mancava un ginocchio. Era comunque ben visibile la benda incollata sul menisco che produceva una sorta di nero tatuaggio. Ma, fosse la visione tv, fosse la compassione per Rafa, nessuno si era soffermato su quello che pareva un dettaglio. Dopo che erano passati 5 o 6 games, invece, anche il meno pronto tra gli spettatori televisivi, il povero Clerici, è stato costretto a rendersi conto di qualcosa di insolito. In certi atteggiamenti, Goffin non si appoggiava, sul sinistro, molto meglio di Nadal, costretto in poltrona nella sua Accademia di Manacor. La partita Dimitrov-Goffin, decisiva per definire il semifinalista, e forse addirittura chi si opporrà a Federer prima che vinca il suo settimo Masters, si tramutava così in un’esibizione tra un bell’atleta ritornato tale dopo un biennio nel quale la Sharapova non è riuscita a comprometterne la vigoria muscolare, e un semi-mutuato. Preoccupatissimo, da bravo patriota, di difendere la settimana prossima un paese, il Belgio, che potrebbe finalmente vincere la Coppa Davis.

Ora che il desiderio di novità vittima suicida delle reclames tv sta rischiando di mutare negativamente il punteggio, se non fosse presente il divino Federer si rischierebbe un’altra vicenda con il vincitore sconfitto in almeno una partita (siamo a 24 tennisti vincitori e battuti almeno in 42 Masters ). L’autentica metamorfosi positiva del calendario sarebbe costringere i tennisti ad una attività limitata, e non simile a quella che ha già costretto due dei Maestri di quest’anno a match su una gamba sola. Il solo che, con gli sponsor svedesi della Volvo, riuscì a suggerire un tabellone tradizionale a eliminazione diretta fu Rino Tommasi (…)

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