Noah: "La celebrità ruba la felicità più semplice". Guiderà ancora lui "Les Bleus"[VIDEO]

Interviste

Noah: “La celebrità ruba la felicità più semplice”. Guiderà ancora lui “Les Bleus”[VIDEO]

Dopo il trionfo di Lille: “La musica mi manca perché riunisce sempre la gente. Lo sport solo quando vinci! E vinci di rado”. Yannick, tennis&musica e il privilegio di vivere due vite. La FFT conferma: capitano anche nel 2018

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Ritratti: Noah, talento e fantasia oltre l’ostacolo

Intervista esclusiva… intima, preceduta da introduzione di Tomasz Tomaszewski (noto giornalista polacco di Polsat sport tv, nonché buon amico di Yannick Noah).

Vous pouvez lire dans le post de lecteurs en bas les mots originaux de Noah si vous ne voulez pas écouter le video.

Quando nel 1983 Yannick Noah trionfò al Roland Garros battendo in finale lo svedese Mats Wilander, campione in carica, diventò rapidamente un’icona sportiva e un nome che è andato molto al di là dei confini del tennis. Nel corso del tempo infatti Yannick sarebbe diventato popolare almeno quanto Michel Platini, Zinedine Zidane o il celebre cantante Jacques Brel (cantautore della famosissima “Ne me quitte pas”). Poi è anche diventato una star della musica vendendo milioni e milioni di dischi in Francia. Ed è stato così che i nostri cammini si sono incrociati fin dall’anno del trionfo di Noah a Parigi. Ci siamo conosciuti proprio quello stesso anno nel corso dell’US Open a New York dove gli ho perfino  presentato colei che sarebbe diventata la sua futura sposa Cecilia Rodhe (madre del giocatore professionista di basket dei New York Knicks, Joakim Noah). Lei abitava a New York all’epoca in cui  Yannick voleva fuggire dalla Francia (dove la sua eccessiva popolarità gli toglieva la tranquillità di cui aveva bisogno per sopravvivere serenamente). Ci siamo ritrovati a Lille il weekend scorso dove lui ha conquistato la sua terza Coppa Davis nelle vesti di capitano della squadra francese. Per la terza volta dopo Lione 1991 e Malmoe 1996.

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Un trionfo atteso sedici anni che ha indotto la Federazione Francese a confermare la  cinquantasettenne leggenda del tennis d’Oltralpe sulla panchina dei bleus anche per la stagione 2018. La decisione era nell’aria già dai minuti immediatamente successivi al trionfo di Lille, dal momento che Noah, intervistato a caldo in campo, si era accomiatato rivolgendo al pubblico un saluto che sapeva di auspicio: “Ci rivediamo l’anno prossimo. Giovedì, tramite un comunicato pubblicato su Twitter, la FFT ha vidimato la scelta di dare continuità alla gestione tecnica, del resto sostenuta a gran voce e all’unisono da tutti i recenti convocati più in vista, a partire da Jo-Wilfried Tsonga, Richard  Gasquet (cioè la vecchia guardia) e anche Lucas Pouille (sul quale Yannick ha posto la propria fiducia schierandolo nell’ultimo simgolare quando tanti avrebbero fatto pressioni perchè schierasse invece il più maturo Richard Gasquet). Di fatto però, come udrete nella video intervista e leggerete nelle parole finali la parola finale, e la decisione finale,  più che Yannick la dovrebbero aver presa …a sua  moglie e a suo figlio. Uso il condizionale per cautelarmi nel caso che la FFT avesse diramato il suo “Tweet-Comunicato” dimenticando di interpellare Yannick! Non si sa mai…

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1982, finale di Coppa Davis: la Francia incontra gli Stati Uniti e c’è stata la tua sconfitta con McEnroe. E’ stato lì che ti sei innamorato della Coppa Davis?
Amavo la Coppa Davis già da molto prima di quell’anno, quello che mi piaceva era lo spirito di squadra, quella possibilità di condividere la gioia. Mio padre era un calciatore ed era per questo che io amavo il calcio e il tennis: adoravo il tennis perché quando giochi a tennis tutto il tuo destino lo tieni nelle tue mani. Io amavo la gente amo la gente perché amo dividere con loro i miei sentimenti ed è così che succede anche durante la Coppa Davis. A Grenoble abbiamo fatto degli errori, non abbiamo potuto sfruttare a fondo le nostre opportunità ed è per questo che quando avevo 30 anni i miei amici mi hanno detto “Yannick ora che hai deciso di ritirarti dal tennis perché non cerchi di diventare capitano di Coppa Davis?” e io ho accettato sapendo che non avrei ripetuto gli stessi errori compiuti in passato al tempo della nostra sconfitta con gli americani. Ho quindi utilizzato la mia esperienza e l’ho trasmessa a Forget e Leconte e poi il resto è storia (Forget e Leconte hanno vinto la Coppa Davis a Lione nel 1991 battendo Sampras e Agassi, ndr).

Tre trionfi: Lione, Malmö e Lille. A Lione eri giovane, hai lanciato anche il famoso “Saga Africa”, disco che ebbe un grande successo, e ricordo che tutto lo stadio danzava al ritmo di quella canzone…
A Lione avevo 30 anni la gente parlava di “Saga Africa” anche perché  era stata trasmessa in televisione. Quando ho vinto il Roland Garros mio padre era là sul campo (i genitori di Yannick Noah erano divorziati; n.d. Thomasz) ma mia madre non aveva vissuto quella vittoria con me. Per me Lione è stata un’altra cosa. Lione è il mio ritorno all’hotel quando do la mia coppa a mia madre. Così ho potuto restituirle qualcosa perché lei era stata molto, davvero molto importante per me. Volevo dedicare quella vittoria a lei. Malmö invece è stata tutta un’altra cosa ho dei figli svedesi…

Con Cecilia Rodhe che io ti ho presentato qualche anno fa…
È vero, io amo la Svezia… A Malmö c’erano Joakim, Yelena, Eleejah, e Jenayé tutti e quattro i figli riuniti ricevettero i trofei e le medaglie, erano felici. In quanto a Lille invece è stata ancora un’altra storia. Mio figlio più giovane di 14 anni è un appassionato di sport e quando vedo con quale sguardo di ammirazione guarda suo fratello maggiore Joakim, e anche sua sorella maggiore quando gli raccontano i loro percorsi, le loro storie…beh io ci tenevo a che anche lui avesse una coppa ed è per questo che  gliel’ho regalata. E lui oggi ne è molto molto orgoglioso. Avevo due scelte: vincere un’altra Coppa Davis oppure avere un altro bambino!!.

Tu hai avuto tutto: la gloria, i soldi, un grande successo con le donne, ma una volta che hai raggiunto l’apice hai tentato il suicidio, Paradossalmente sei caduto in depressione. Ti sentivi così infelice?
Non è facile rispondere a questa domanda, trovarci una logica: la verità è che il momento esatto e stesso della vittoria è un qualche cosa di straordinario Ma la vittoria non è anche allo stesso tempo un momento di solitudine? Tutto lì sta il rovescio della medaglia. Io amo la gente, amo i piccoli piaceri della vita, quelli più semplici e la gloria ti porta via un po’ di quella semplicità. Per me una bella giornata è alzarsi al mattino sedersi magari a un tavolo, leggere un libro e andare dal fornaio a incontrare la gente parlarci, essere semplicemente spettatori della vita e invece quando si ha successo si diventa attore più che spettatore. Gli altri cominciano a osservarti a giudicarti. Io invece amo essere uno spettatore, osservare gli altri e trarre qualcosa da questa esperienza ed è per questo motivo che adesso vivo su una barca e giro intorno al mondo. Di tanto in tanto torno a giocare un pochino di tennis per come posso ma la mia vita è altrove.

Tu sei allo stesso tempo uno sportivo e un artista. Non ti mancano il palcoscenico e la musica? Quali sono i tuoi progetti per l’anno prossimo?
La musica mi manca, questo è sicuro. La musica riunisce la gente sempre mentre lo sport solamente quando vinci e si vince troppo raramente. Anche quando vinci, le vittorie nello sport sono effimere mentre la musica resta sempre. Nel mio caso ho vissuto, mi sono evoluto attraverso lo sport e la musica. Ho avuto due vite,  che privilegio poter vivere queste due vite! E non ho una vera risposta alla tua domanda. Non so ancora che cosa farò. Io condivido tutta la mia vita con mia moglie e mio figlio e voglio parlarne con loro. Se loro mi dicono che devo smettere con il tennis allora io metterò fine alla mia carriera di capitano.

Evidentemente i suoi cari non hanno ritenuto di pretendere tanto, e Yannick potrà provare a difendere la decima insalatiera così a lungo inseguita.

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