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La Stanford University “sfratta” la WTA

A sorpresa la Stanford University cambia la propria policy: non ospiterà più eventi sponsorizzati a scopo di lucro. Il più antico torneo femminile dovrà traslocare

Last updated: 10/12/2017 0:44
By Raoul Ruberti Published 09/12/2017
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3 Min Read


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L’invernale rimescolarsi del tennis, tra allenatori e tornei, fa talvolta cadere qualche testa importante. Archiviata Biel (dal prossimo anno Lugano), la grande vittima di quest’anno è stata il Bank of the West Classic, meglio noto come WTA Premier di Stanford, che dopo oltre due decenni nella peculiare sede del campus della Stanford University si è trovato improvvisamente costretto a cercare una nuova sede per il 2018. Madison Keys sarà dunque chiamata a difendere il proprio titolo lontano dal Taube Tennis Center, un vero gioiellino com’è (era) il resto dell’open.

Al contrario della maggior parte dei casi di trasloco forzato, in cui un torneo si ritrova a corto di finanziatori e deve cedere la propria licenza, stavolta è proprio la presenza di uno sponsor il nocciolo del problema: la nuova policy dell’università di Stanford vieta l’organizzazione all’interno di essa di eventi sportivi sponsorizzati da entità commerciali, come aziende o appunto banche. Per come funziona il mercato sportivo, una decisione del genere equivale alla scelta di rinunciare a ospitare un torneo professionistico. Casella di partenza delle US Open Series, la serie di tornei sul cemento americano che precedono lo Slam di New York, lo Stanford Open era peraltro una delle realtà tennistiche più “pure” del circuito dal punto di vista dell’influenza economica, e l’essere allestito all’interno di un college costituiva un unicum che sarebbe stato sano valorizzare.

Nulla di tutto ciò invece. Anzi un cambio di rotta improvviso e inatteso, quasi schizofrenico, che vanifica gli sforzi compiuti da IMG non solo per digerire un cospicuo aumento dell’affitto a sei cifre (triplicato nel 2017) ma anche per trattenere Bank of the West, che aveva deciso di dirottare i propri investimenti verso la realtà sempre in crescita di Indian Wells e che soltanto una lunga trattativa aveva fatto parzialmente recedere dal proprio intento. Il mondo del tennis non ha avuto voce in capitolo sulla la decisione, come lo stesso colosso del management sportivo ha risposto a Coco Vandeweghe su Twitter. “È una notizia terribile, questo torneo è uno dei miei preferiti di sempre” aveva scritto la finalista dello scorso anno, polemizzando direttamente con le innocenti WTA e USTA.

Dopo ventuno edizioni a Stanford e altre venticinque tra San Francisco (1971-1978) e Oakland (1979-1996), il più antico evento di tennis esclusivamente femminile rischia addirittura di lasciare la California. L’IMG ha dichiarato che la priorità è trovare posto al successore sempre all’interno della Bay Area, ma alcune indiscrezioni parlano di contatti fino alla North Carolina. Sarebbe uno degli ultimi fiotti di una emorragia tennistica terribile per lo stato che ha dato i natali a giocatrici come Venus Williams, Lindsay Davenport e Billie Jean King: fino a otto anni fa sulla West Coast venivano organizzati addirittura sei tornei (Stanford, Indian Wells, Los Angeles, San Jose, Carlsbad e Carson); oggi l’unico ancora al suo posto è il combined marchiato BNP Paribas.


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