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Sara Errani: Parigi, Suzhou o Chieti non cambia nulla

Dalla finale del Roland Garros a quella di un ITF cinese e a continui turni di qualificazione, Paolo Maldini da 5 Champions League vinte a una Coppa UEFA da comparsa: perché?

Last updated: 07/03/2018 10:14
By Ruggero Canevazzi Published 02/03/2018
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8 Min Read

Parigi, 7 giugno 2012. Sara Errani conquista la finale del Roland Garros superando in tre set (7-5 1-6 6-3) Samantha Stosur. Suzhou (Cina), 22 ottobre 2017. Sarita alza al cielo un trofeo, ma il successo è di tutt’altro spessore. Si tratta dell’ITF da 60.000 dollari che si gioca a poco più di 100 km da Shanghai. Un successo giunto verso la fine di una stagione che ha visto la tennista romagnola partire al n.49 del mondo, vincere al massimo una partita sia negli Slam che nei Premier, uscire rapidamente dalle prime 100, battere due sole top-50 (sulla terra marocchina di Rabat, contro la n.40 Alison Riske e la n.26 Daria Gavrilova) e ritrovarsi dopo la squalifica per assunzione di letrozolo al n.280 del ranking. Arrivare a un passo dalla vittoria del Roland Garros e poi, nella fase finale della carriera, vincere un torneo sperduto dove la testa di serie n.1 è la n.97 WTA Nao Hibino, sembra fotografare fedelmente il declino di una grande giocatrice, che trascina la sua carriera verso un finale malinconico, con una piccola vittoria che non può nascondere un’uscita di scena poco più che anonima. Tanto più che dopo quel torneino sono arrivate tre tristissime sconfitte in altri tre posti sperduti contro giocatrici oltre il n.130 del mondo (a Liuzhou, Cina, contro la n.244 Robson, a Taipei contro la n.139 Cabrera e ad Honolulu contro la n.147 Boserup).

Così parlerebbe chi si ferma alle vittorie più importanti, relegando i successi e le sfide non di primo livello a partite che fanno solo volume. Non è così e i paragoni con i campioni di altri sport lo dimostrano. Paolo Maldini ha terminato la sua grande carriera con una stagione incolore: uno dei terzini più forti di sempre ha concluso la sua avventura nel Milan con un 3° posto nel campionato 2008-09 e un’apparizione in Coppa UEFA – allora si chiamava ancora così – quasi inverosimile per uno che ha sollevato al cielo cinque Coppe dei Campioni. Che ci faceva Maldini ai sedicesimi dell’attuale Europa League (eliminato dal Werder Brema)? Che ci faceva Sara Errani all’ITF di Suzhou? Non potevano fermarsi prima invece di chiudere accompagnati dalla malinconia di chi li ha visti sui palcoscenici più grandi?

No, per nessuna ragione al mondo. La grandezza dei due sta proprio qui: la gioia di chi ama il proprio sport non sta nel successo, ma nel conseguirlo. Scendendo in campo. Si chiama passione: facile trovare le motivazioni per allenarsi e sgobbare quando devi sfidare Maria Sharapova o il Barcellona di Romario e Stoichkov. Impossibile senza il sacro fuoco quando di fronte hai Hanyu Guo (l’avversaria in finale di Sara all’ITF di Suzhou, n.328 WTA) o gli olandesi dell’Heerenveen.

La vicenda del tortellino dopato non c’entra nulla. Che Errani sia colpevole o vittima di una disattenzione -peraltro imperdonabile per una professionista – non è per una questione di riscatto che ha deciso di continuare. Non è vincendo in un ITF in Cina che dimostri di essere ancora al livello di una top ten. Sara è andata avanti perché ama il tennis, la competizione, quegli occhi che da blu come il mare sereno diventano rossi di rabbia agonistica al momento di colpire la palla. Non scendi in campo nelle qualificazioni del WTA International di Tianjin se non ne sei intimamente convinta. Altrimenti, non c’è finale del Roland Garros che tenga: le avversarie carneadi ti sbranano. Per evitare una fase finale della carriera davvero triste, sovrastata fisicamente da ragazzine che lottano per arrivare, devi avere grandi motivazioni.

Segue a pag. 2 con le recenti salite e cadute di Sara e l’attesa della sentenza del TAS

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TAGGED:Fed Cup 2018Sara Errani
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