Tennis allo specchio: a scuola dai professionisti

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Tennis allo specchio: a scuola dai professionisti

Lo psicologo Simone Feola ci spiega una tipologia di mental training che trae spunto dalle neuroscienze, sfruttando le qualità funzionali dei cosiddetti “neuroni specchio”

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Gli articoli precedenti:
Alessandra Parroni – Il metodo SFERA
Federico Di Carlo – L’allenamento visivo nel tennis

L’articolo di questa mese della rubrica ISMCA sulla preparazione mentale è dello psicologo con specializzazione in neuroscienze cognitive Simone Feola, international coach GPTCA (e giocatore ancora in attività con classifica FIT 2.6) che lavora come preparatore mentale in diverse realtà tennistiche dell’Umbria e del Lazio.

“I neuroni specchio diventeranno per la Psicologia ciò che il DNA è stato per la Biologia” (Vilayanur S. Ramachandran).

Negli anni novanta un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma, guidati dal professor Giacomo Rizzolatti, fece una scoperta che ebbe un impatto molto forte sul mondo scientifico, la cui risonanza ha coinvolto molte aree applicative dalle neuroscienze alla psicologia fino allo sport.
Studiando il sistema nervoso dei primati, gli scienziati di Parma, trovarono l’esistenza di una tipologia di neuroni che possedevano delle proprietà molto particolari. Si trattava di neuroni motori (coinvolti perciò nel sistema motorio della scimmia) i quali però rispondevano (si attivavano) anche in seguito a stimoli sensoriali. Per le loro qualità funzionali vennero denominati “neuroni specchio” (mirror neurons). Queste particolari cellule nervose si attivavano sia nel momento in cui la scimmia compieva un’azione motoria (come ad esempio afferrare una nocciolina), sia nel momento in cui l’animale vedeva un ricercatore (o un’altra scimmia) compiere la stessa azione. Volendo sintetizzare, si può affermare che una parte del cervello del primate non faceva distinzione alcuna tra un movimento compiuto e un movimento osservato. Successivi studi hanno dimostrato l’esistenza di un sistema di neuroni specchio con le medesime proprietà anche nel sistema motorio umano (Fadiga et al. 1998). Questo ci permette di capire che siamo programmati per entrare in contatto diretto con azioni e comportamenti degli altri, attraverso un sistema che simula internamente (esattamente come se lo stessimo facendo noi) quello che stiamo vedendo.

NEURONI SPECCHIO E TENNIS
Questa scoperta può fornire delle informazioni molto utili a chi si occupa di sport e si pone l’obiettivo di allenare delle abilità motorie: ci permette di migliorare le procedure motorie sottostanti il gesto. L’approccio multilaterale all’allenamento prevede che ogni sessione coinvolga aspetti tecnici, tattici, fisici e mentali. L’esistenza di un circuito di neuroni specchio può suggerirci una tipologia di allenamento mentale che trae spunto dalle neuroscienze e che, sfruttando le caratteristiche funzionali del nostro sistema motorio, può aiutarci a migliorare ed affinare specifiche abilità tecniche. Possiamo pensare di dividere questo training in tre fasi.

FASE 1: ANALISI VISIVA
Come abbiamo visto, le neuroscienze hanno dimostrato che una parte (circa il 20%) dei neuroni attivi quando una persona compie un’azione, si attiva anche quando osserviamo un altro compiere la stessa azione.
Tradotto in ambito tennistico, ciò significa che il pattern di neuroni (o schema motorio) che ci permette (attivandosi) di eseguire il movimento ad esempio di un diritto, si attiva anche quando vediamo eseguire lo stesso colpo.
Sfruttando questa proprietà del sistema sensoriale-motorio, la prima parte del nostro allenamento consiste in una fase di analisi visiva di gesti motori che corrispondono al modello corretto cui il giocatore dovrebbe allinearsi (diritto, rovescio, servizio etc.). Questa attività fisicamente passiva, è in realtà neuromotoriamente attiva, e permette il rafforzarsi di schemi cognitivo-motori efficaci e funzionali.
È una forma di “apprendimento per osservazione” che può risultare maggiormente efficace se vengono rispettati alcuni principi metodologici descritti in tabella.

                                  PRINCIPI                                           SUGGERIMENTI
 

Setting iniziale

Prima di iniziare la visualizzazione è bene accertarsi che il setting non presenti fattori di distrazione, in modo tale che l’atleta possa rimanere concentrato sull’attività. Inoltre è importante valutare e stimolare il suo grado di motivazione.
 

Caratteristiche dell’azione osservata

L’atto motorio osservato è preferibile sia presentato alla velocità reale (non accelerato o rallentato), e che venga rappresentato l’intero corpo di chi svolge l’azione, cosi da veicolare l’attenzione dell’atleta sull’intero atto motorio, piuttosto che sul singolo movimento.
 

Durata attività

Il tempo di osservazione non dovrebbe superare i 3/5 minuti per trials.

Si può suddividere l’attività in vari trials.

FASE 2: ALLENAMENTO IDEOMOTORIO
“La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto” (Albert Einstein).

L’immaginazione, o imagery, è una particolare forma di pensiero, che si presenta come riproduzione ed elaborazione libera del contenuto di un’esperienza sensoriale. Delle capacità di mental imagery, risulta estremamente utile per un miglioramento della prestazione tecnica la “motor imagery” (immaginazione motoria).
Essa rappresenta una vera e propria abilità cognitiva, che permette di rievocare un’esperienza motoria in assenza di una completa attivazione muscolare, consentendo la focalizzazione sulla sequenza dei movimenti che compongono l’azione, attraverso l’utilizzo delle informazioni cinestesiche e dinamiche del movimento (Mahoney e Avener 1987).
Ricerche più recenti hanno dimostrato come lo stesso sistema specchio si attivi non solo quando osserviamo un altro individuo compiere un’azione, ma anche quando noi stessi immaginiamo di eseguirla (Umiltà et al. 2001). Anche in questo caso possiamo sintetizzare affermando che una parte del nostro cervello non distingue un movimento eseguito da un movimento immaginato.
Sulla base di questa evidenza la seconda parte del nostro allenamento mentale prevede una fase in cui l’atleta cerca di visualizzare internamente i gesti motori che aveva precedentemente osservato. Può essere molto utile dividere questa fase in due momenti. Inizialmente si propone una visualizzazione “dissociata”, nella quale il soggetto vede se stesso svolgere quelle azioni come fossero proiettate su di uno schermo. Quando l’atleta riesce ad eseguire in modo corretto il movimento nello stato dissociato, gradualmente si passa alla visualizzazione “associata”. In questa fase il giocatore entra dentro la propria esperienza ed il proprio corpo. È importante che divenga consapevole di tutto ciò che è associato ad una buona performance. Cosa vede (canale visivo); da quali suoni è accompagnata (canale uditivo); quali sensazioni tattili e cinestesiche determina, e come lo fa sentire a livello emotivo: focalizzandosi ad esempio sull’attrezzatura che sta utilizzando, e sul modo in cui “sente” se stesso e il terreno quando è perfettamente coordinato ed in equilibrio. Sarebbe bene che l’azione immaginata si svolgesse alla stessa velocità di quella reale, risultando dinamica e non frammentata. Alcuni principi metodologici vengono riassunti in tabella.

                        PRINCIPI                                               SUGGERIMENTI
Setting iniziale Prima di iniziare l’attività assicurarsi che il setting non presenti fattori di distrazione. È bene  che l’atleta raggiunga uno stato di completo rilassamento attraverso esercizi di respirazione e di rilassamento muscolare.
Caratteristica dell’azione immaginata In una prima fase dell’attività, l’atleta è “dissociato” rispetto all’immagine creata mentalmente. Gradualmente, nel momento appropriato, entra in uno stato “associato” focalizzandosi su tutti i canali sensoriali e sullo stato emotivo.

L’azione oggetto della visualizzazione è preferibile venga rappresentata alla stessa velocità della normale esecuzione.

Durata attività Anche in questa fase il tempo di ogni trials non dovrebbe superare i 5 minuti. Si può dividere l’attività in vari trials.

FASE 3: ESERCITAZIONE IN CAMPO
L’ultima parte del nostro training prevede l’esecuzione in campo delle stesse azioni che sono state precedentemente osservate e successivamente visualizzate nella mente.
Come altre abilità, si diventa bravi attraverso l’esercizio. Ogni tipologia di allenamento per risultare efficace, necessita di costanza e programmazione. L’allenamento proposto dovrebbe prevedere un programma strutturato, che tenda ad un incremento sia della durata di ogni singola sessione sia della sua frequenza settimanale. È consigliabile partire da gesti più semplici (per i quali risulta più facile il processo immaginativo e riproduttivo), per passare poi ad azioni motorie più complesse. È fondamentale inoltre sviluppare script personalizzati, che siano individualizzati per le caratteristiche specifiche di ogni singolo atleta.

VEDERE E “PREVEDERE”
Un altro aspetto molto interessante che lega il sistema specchio e l’atleta tennista è quello correlato alla “anticipazione motoria”, una capacità coordinativa speciale fondamentale per un giocatore di tennis, poiché permette di prevedere le intenzioni altrui, e reagire ad esse nel modo più rapido ed efficiente possibile. Del resto se il mio avversario si appresta a colpire un diritto, più rapidamente capisco dove la palla atterrerà, e con quale rotazione, più velocemente sarò in grado di anticipare la mia risposta alla sua azione.
La caratteristica del nostro sistema motorio di attivarsi alla stessa maniera per azioni compiute o osservate, ci permette di comprendere in modo diretto ed immediato il comportamento che vediamo, e di capirne le intenzioni il più rapidamente possibile.
Alcune ricerche hanno dimostrato come l’attivazione del sistema specchio coincida con la comprensione rapida delle intenzioni di un comportamento osservato. Inoltre, maggiore è la rappresentazione motoria di una azione (che si riflette in un gesto più accurato), più rapida risulterà l’attivazione del sistema specchio che ci permette di capirne l’intenzionalità. In poche parole, è come se il sistema mirror ci permettesse di prevedere l’intenzione di una azione prima che essa sia terminata.

CONCLUSIONI
Più dettagliata diviene la conoscenza del funzionamento del nostro sistema motorio, e del modo in cui il nostro cervello “apprende”, più ci si rende conto della necessità di proporre sistemi e programmi di allenamento diversificati e variabili. È sempre più evidente che non vi sia una netta distinzione tra ciò che è cognitivo e ciò che è motorio. Cognizione ed azione, nel nostro cervello, risultano collegati al punto che è difficile tracciarne una netta linea di separazione. I neuroni specchio sono forse l’evidenza più eclatante di questo legame.
Capire il loro funzionamento, ci permette di proporre programmi di allenamento in grado di migliorare sia la tecnica di specifici colpi sia aspetti cognitivi del gioco, come l’abilità di leggere ed anticipare le intenzioni dei nostri avversari.

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