Davis, su il sipario: Seppi contro Pouille (Scanagatta). Le tante vite di Noah nella Davis degli azzurri (Clerici). Casa Fognini (Baffico). Davis, ultima chance (Azzolini). Infinito Seppi: "L’età è solo un numero" (Cocchi)

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Davis, su il sipario: Seppi contro Pouille (Scanagatta). Le tante vite di Noah nella Davis degli azzurri (Clerici). Casa Fognini (Baffico). Davis, ultima chance (Azzolini). Infinito Seppi: “L’età è solo un numero” (Cocchi)

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Davis, su il sipario: Seppi contro Pouille (Ubaldo Scanagatta, Giorno – Carlino – Nazione Sport 06/04/2018)

Italia e Francia incrociano le racchette in quello che potrebbe essere, per chi perderà, l’ultimo match di Coppa Davis, almeno per come è stata dal 1900. Qui a Genova è presente, apparentemente senza imbarazzo, proprio il presidente della federazione internazionale, l’americano David Haggerty, che propugna il progetto rivoluzionario che la snaturerebbe. Niente più match in casa e fuori per le 18 nazioni più forti tutte riunite in sede unica già nel 2019 per una fase finale concentrata in una settimana — tipo World Cup calcistica — e incontri 2 set su 3. Perché ciò accada occorrerà però l’improbabile approvazione d’una maggioranza di due terzi dei voti dell’assemblea (13-16 agosto) ad Orlando. Ma qui Fognini e Seppi, Pouille e Chardy, i singolaristi, si preoccupano solo di spezzare l’equilibrio di 10 precedenti confronti equamente suddivisi, 5 vittorie per Paese, con l’ultima risalente al 1996 quando l’Italia di Gaudenzi e Furlan (e capitan Panatta) dilapidò a Nantes il 2-0 di vantaggio con Forget-Raoux in coppia, Pioline e Boetsch in singolo. Si comincia oggi alle 11,30 con l’inedito duello fra il n.2 azzurro Seppi (n.62 ATP) e il n.1 francese Pouille (n.11). Poi Fognini (n.20) e Chardy (80): 4-1 per l’azzurro nei precedenti. Ma Chardy ha vinto l’ultimo (Indian Wells) un mese fa. Un quarto di finale senza un team favorito. Ai francesi mancano i top: Tsonga e Gasquet. La somma delle classifiche ATP fa 91 per i francesi e 82 per gli azzurri, ma non significa nulla. Sono semmai terra rossa e fattore campo ad avvantaggiarci. Se i n.1 vincono i loro due singolari ecco che… “Il doppio è spesso il punto decisivo”, sentenzia Noah, capitano di 3 Davis vincenti.


Le tante vite di Noah nella Davis degli azzurri (Gianni Clerici, Repubblica 06/04/2018)

Era diverso, negli anni ‘80. Si stava insieme, ci si facevano confidenze, noi aficionados e i giocatori. Con Noah fu, ed è ancora, amicizia vera. Mi disse una volta, quando già aveva vinto nel 1983 il Roland Garros: “Quando vinco sono francese, quando perdo sono un negro, come mio papà prima di diventare una star del calcio”. Eravamo in un ristorante di Melbourne, con una troupe di Rete 4. “Non vorrei che l’intervista fosse ripresa in Francia” aggiunse. “È bella, ma se vuoi la togliamo” dissi, rivolto anche al regista. “Togliamola” consenti l’amico. E quella chicca preoccupante fu tolta. Mi domando se accadesse oggi. Alla fine della sua carriera gli domandai che cosa avrebbe fatto nella vita. Forse il coach, che non si chiamava ancora così. “Non so” rispose. “Forse affitto uno yacht, e faccio il giro del mondo. Vuoi venire?”. Il mio buon direttore non fu d’accordo, ma la proposta mi rimase cara. Ho davanti a me, io che smemoro, un libro che Noah scrisse l’anno dopo la vittoria contro Wilander, aggredito e borseggiato sul suo colpo ricchissimo, il passante di rovescio. “T’as pas deux balles?”. “Non hai due palle?”. A proposito di negritudine racconta che suo nonno, Noah Tsogo, fondò il villaggio di Etoudi, ed ebbe 70 mogli. Gli chiesi se volesse imitarlo, gran seduttore che era. Scosse il capo. Si fermò a due, ma con una sfornò un figlio che come il padre calciatore e come lui con la racchetta, si affermò nel basket americano. Come si era affermata la mamma francese, «bianca come il latte» che faceva parte della Nazionale del Camerun. Ha sempre avuto sui tennisti, e quindi su se stesso, opinioni non conformiste. «Si delira sui tennisti per renderli deliranti. Mentre si può essere idioti e riuscire nel tennis». Secondo il settimanale Paris Match era diventato l’uomo più conosciuto della Francia intera. Improvvisamente era divenuto il più popolare cantautore. In questo suo nuovo ruolo si era dimostrato, come da tennista, un diverso. Capace di una canzone estremamente negativa nei riguardi della Le Pen. E viene il tennis. Dopo anni di ricordi dei Moschettieri, ormai scomparsi, vittoriosi dal ’27 al ’32, era arrivato solo il successo di Lione del ’91 sugli USA. Lo scorso anno, divenuto capitano, Yannick è stato non dico determinante, ma molto utile, alla vittoria. Quest’anno ha trovato il coraggio di non convocare gli apparentemente infortunati Monfils, Tsonga, Gasquet, puntando sui sani Chardy e Pouille. Avrà una volta di più ragione, come quasi sempre. Temo di sì, per i nostri tennisti.


Casa Fognini (Claudio Baffico, Corriere dello Sport 06/04/2018)

Serenità e fiducia. Sono questi gli stati d’animo con cui l’Italia si appresta ad affrontare i quarti di finale di Coppa Davis contro la Francia, in programma da questa mattina a domenica nello splendido scenario di Valletta Cambiaso. Sfida che si annuncia equilibrata, nonostante i transalpini abbiano dalla loro una maggiore abitudine a giocare match di tale importanza. Se i detentori dell’insalatiera si presentano nel capoluogo ligure senza alcuni dei loro big, Tsonga, Monfils e Gasquet su tutti, l’Italia punta molte delle sue carte sullo stato di forma che sta attraversando Fognini. Il match di apertura sarà quello tra il numero 1 francese Lucas Pouille e il numero 2 azzurro Andreas Seppi (i due non si sono mai incontrati), che dopo un avvio di stagione molto promettente, ha dovuto sostenere un periodo di riposo forzato. “Avrei preferito giocare per secondo, anche se scendendo subito in campo conosci con precisione l’orario di inizio dell’incontro – sottolinea l’altoatesino. L’incontro non è facile ma ci siamo allenati benissimo e daremo tutto quello che è nelle nostre possibilità. Dopo Rotterdam mi sono fermato un mese saltando Indian Wells e Miami a causa di un’infiltrazione all’anca Adesso mi alleno da due settimane sulla terra. Siamo una buona squadra, e su questa superficie possiamo fare bene”. L’attesa principale è tutta per Fabio Fognini, che se la vedrà con Jeremy Chardy, ostacolo non insormontabile nonostante la recente sconfitta a Indian Wells, dopo che il ligure era avanti un set e due break. Nella circostanza, Fognini si era lasciato andare a una serie di affermazioni tutt’altro che benevole nei confronti dell’avversario (“100 del mondo tutta la vita”, “gioca a caso completo”), perdendo la necessaria concentrazione per cercare di ribaltare le sorti della sfida. Il divario tra i due è evidente, benché Chardy abbia evidenziato notevoli progressi nell’ultimo periodo. Un punto imprescindibile per l’Italia, al di là dell’esito della sfida Seppi-Pouille e in attesa del doppio di domani contro Herbert-Mahut… [SEGUE]. A inquadrare la sfida tra Italia e Francia ci pensa il capitano azzurro Corrado Barazzutti: “Ritengo che si possa avere il 50% di possibilità di passare il turno. I nostri ragazzi sono in forma e stanno giocando tutti bene, ma la Francia possiede un ottimo potenziale e può contare su giocatori di sicuro affidamento. Le scelte di Yannick Noah non mi hanno affatto stupito, prevedo grande battaglia. Un fattore molto importante potrebbe essere quello del fattore campo, con il caloroso pubblico a spingerci su ogni punto. Il tifo, in Coppa Davis, spesso fa la differenza, soprattutto nei momenti più incerti e delicati. Adesso non ci resta che scendere in campo e mettere in mostra le nostre qualità”.


Davis, ultima chance (Daniele Azzolini, Tuttosport 06/04/2018)

Uscire da una Davis e trovarne un’altra. Può succedere davvero. Il dilemma è se cambiare o no la formula della più antica coppa del tennis, dopo 118 anni di onorevole servizio. La decisione verrà presa ad agosto, a Orlando, in Florida. Il piano è da tempo sul tavolo, pronto per il 2019, e ora è tempo di dibattiti fra chi ritiene la proposta una minaccia, e chi invece un opportunità per scrivere un futuro diverso. Formula Piqué… Proprio lui, il difensore del Barcellona, a capo della Kosmos che ha messo sul piatto (con la giapponese Ralatten) venti milioni di dollari. Diciotto squadre e 15 giorni, si gioca a novembre in sede unica, prima i gironi da tre poi le sfide a eliminazione diretta, dai quarti; due singolari e un doppio, due set su tre… L’ITF del presidente David Haggerty è convinta che per riportare i campioni a giocare la Coppa occorra un evento agile, e molti soldi in palio. Djokovic e Nadal sono dalla sua parte, Germania e Russia dall’altra, il capitano degli Stati Uniti Jim Courier dice che una simile innovazione andrebbe applicata anche alla Fed Cup. Nei tre giorni della sfida di Genova, Italia e Francia avranno un buon motivo per impegnarsi al massimo. Quello, umanissimo, di poter fare un altro giro sulla giostra della Coppa come l’abbiamo sempre conosciuta. Uno scontro fra oppositori, di fatto: noi e loro siamo per tenerci l’antica insalatiera così com’è, e anche per questo l’idea di restarci dentro ancora un po’ non dispiace a nessuno. “Vendono l’anima di un evento storico, mi dispiace mister Davis”, ha cinguettato Noah. “Siamo davanti a una sentenza di morte”, il parere di Lucas Pouille, numero uno di Francia (e 11 ATP). Anche gli azzurri sono dello stesso parere. “La sede unica disperde quel calore del tifo che è la parte più bella della Davis”, dice Seppi a margine delle operazioni di sorteggio. E va giù tosto anche Barazzutti: “La Davis va bene così, stravolgerla significherebbe ammazzarla”. Poi ci sono molti altri buoni motivi, per darci dentro e vincere. Più ovvi, certo, ma tutti di peso. Battere i campioni in carica, da parte nostra, e superarli di nuovo nei confronti diretti, che sono 5 a 5; vincere per tornare ad apprezzare le gioie di una semifinale, in casa per giunta, contro Spagna o Germania poco importa. Proprio i francesi, nell’ultimo incontro di 22 anni fa, a Nantes, ce ne sottrassero una a suon di marachelle. Il nostro 2-0 venne ribaltato dagli errori dei giudici di linea e dal menefreghismo dell’arbitro australiano McKewen. Panatta cercò di buttarlo giù dal seggiolone, scuotendo con forza il trespolo, e altre due o tre scosse telluriche gliele assestò all’uscita dal campo. A fine match l’ITF avrebbe voluto premiare Adriano per gli anni di servizio in Davis, per l’aplomb e la sportività sempre dimostrati. Soprassedettero. Il premio gli venne inviato per posta… [SEGUE]. Molto dipenderà da Fognini, questa Davis. Sta bene sulle gambe ed è rapido nel dare forma al suo tennis. Appare tranquillo, più di altre volte, e la cosa non guasta. Sarà in campo anche in doppio (domani, ore 14), dove torneranno a confrontarsi Fognini-Bolelli e i francesi Mahut-Herbert, che fu la finale dello Slam australiano del 2015. Una finale tinta d’azzurro, ieri; oggi un match più difficile, perché i francesi hanno continuato a far coppia, mentre i nostri solo saltuariamente.


Infinito Seppi: “L’età è solo un numero” (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport 06/04/2018)

Il sorteggio gli ha regalato subito il match più tosto, ma lui con i suoi 34 anni e la calma che lo contraddistingue non si scompone. Andreas Seppi avrà il compito di aprire il programma della prima giornata di Coppa Davis tra Italia e Francia, quarto di finale che proietterà la squadra vincente alla semifinale contro una tra Germania e Spagna. Si ritroverà di fronte Lucas Pouille, numero 11 del mondo e numero uno del team di Noah, mentre il secondo singolare della prima giornata sarà poi giocato da Fabio Fognini e Jeremy Chardy. L’altoatesino ha avuto un bell’inizio di stagione con gli ottavi agli Australian Open e la semifinale a Rotterdam dove è stato battuto da Roger Federer. Poi si è dovuto fermare: “Avevo già programmato di fermarmi dopo Rotterdam per fare una infiltrazione all’anca che mi costringe a uno stop ogni sei mesi. Poi ho ripreso pian piano e così sono fresco per la Davis che è un appuntamento a cui tutti noi teniamo moltissimo”. Sui rivali francesi, attuali possessori dell’Insalatiera, non si espone più di tanto: “È vero che non c’è Tsonga – spiega – ma Pouille è alle soglie della top ten, sta bene ed è il loro numero 1. Anche Chardy quest’anno è partito forte. Alla fine credo sia una sfida alla pari, bisogna tenerli molto d’occhio e stare concentrati”. Dalla sua l’Italia avrà il tifo di Genova. “È il bello di questa manifestazione, che ci permette una volta ogni tanto di giocare in squadra con la maglia del nostro paese. È bello fare gruppo, stare tutti insieme per qualche giorno”. E per questo anche secondo Andreas la Davis non dovrebbe cambiare: “Giocare in una sede unica secondo me farebbe perdere alla Coppa il fascino e il calore del tifo per la squadra – continua -, con nuove regole la manifestazione sarebbe di certo meno affascinante. Magari si potrebbe giocare invece che tutti gli anni ogni due anni, per rendere la cosa più speciale”. Molto netto sull’argomento il capitano Barazzutti: “La Davis va molto bene così da 100 anni, cambiare significa ammazzarla. Sarebbe come modificare un torneo del Grande Slam e farlo giocare in una settimana due set su tre”, e a chi dice che i cambiamenti favorirebbero la partecipazione dei top players il capitano risponde netto: “Questa settimana tutti i campioni giocano e tutti i grandi campioni l’hanno sempre giocata. La Davis è speciale, è diversa. Chi la gioca è speciale, perché non è facile stare in campo per giocare tre set su cinque per tre giorni di fila”. Il futuro della Davis è incerto e lontano mentre Seppi, arrivato a 34 anni, ha ancora voglia di guardare avanti: “Come dice Federer, l’età è solo un numero. In un certo senso è vero, ma quando passano gli anni bisogna programmarsi attentamente, vivere stagione per stagione. Se questa andrà bene allora penserò di andare avanti anche la prossima, altrimenti si vedrà”[SEGUE].

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