Nadal-Nishikori è una finale migliore che Nadal-Zverev

Editoriali del Direttore

Nadal-Nishikori è una finale migliore che Nadal-Zverev

MONTECARLO – L’incognita è la resistenza fisica del giapponese dopo quattro maratone vinte al terzo set. Ma il ricordo di Madrid 2014 è ancora vivo. La straordinaria determinazione di Nadal a quasi 32 anni

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da Montecarlo, il Direttore

Mi chiedevo oggi, prima delle semifinali, e dando per scontato il successo n.11 di Nadal su Dimitrov, quale avrebbe potuto essere la miglior finale di questo torneo che Nadal sembra non poter perdere. Meglio Sasha Zverev della Next Generation e campione al Foro Italico alla fine di un torneo nel quale c’era anche Nadal (battuto da Thiem) oppure meglio Nishikori? È bastato dare una scorsa ai precedenti confronti diretti per dare una risposta alle mie incertezze. Zverev contro Rafa ha perso 4 volte su 4 e sulla terra rossa, nei due duelli affrontati, non ha strappato un set al maiorchino. Invece Nishikori, al di là dell’apparente divario contrassegnato dal 9-2 con cui Nadal conduce nei confronti diretti, nelle ultime quattro sfide al maiorchino ha vinto 2 volte. Non solo: cinque match fa, a Madrid 2014, sulla terra rossa quindi (seppure in altitudine e quindi un tantino più veloce), Nishikori stava dominando quando si infortunò al punto da dover mollare il secondo set e di ritirarsi sul 3-0 nel terzo.

Ora è chiaro che il travolgente Nadal visto in questi giorni nei quali ha centrato il 34mo set consecutivo dal Roland Garros – un record – perdendo appena 16 games in 4 match e 8 set (lascio a voi il compito di stabilire la media dei games persi a set), partirà ampiamente favorito per conquistare la Undecima e il Masters 1000 n.31 che gli consentirebbe di staccare Djokovic, fermo a quota 30, e Federer che ne ha vinti 27 (ma con i suoi 20 Slam continuerà a guardare dall’alto in basso i due rivali più tenaci). Il fatto che subito dopo la partita con Dimitrov, prima ancora di tornare al centro del campo per raccogliere la scontata ovazione riservata al vincitore, Nadal abbia inviato a Carlo Moya un SMS perché gli prenotasse un campo per allenarsi un po’ di più, la dice tutta sulla serietà spaventosa di questo campione, sulla determinazione che lo nutre ancora oggi quando tanti gli chiedono ancora se abbia ancora le motivazioni per dare il meglio di sé. “Volevo soltanto colpire qualche vincente di dritto che penso mi possano servire domani!”. Minimizzando ha anche detto “Nothing new… l’ho fatto altre volte”. Sì, però quando lo hanno tenuto sul campo tre o quattro ore, i migliori Djokovic, Murray e Federer, vi assicuro che Nadal non aveva chiesto di giocare ancora un po’, di tirare qualche dritto in più.

Chissà cosa avrà pensato l’orgoglioso Dimitrov che ha saputo presentarsi in sala conferenza con il sorriso sulle labbra, ma dentro di sé certamente era furibondo. Soprattutto per aver mollato di schianto dopo i due doppi falli che, sul 4-5 del primo set, gli sono costati quel set. “Due doppi falli non sono certamente accettabili, soprattutto quando giochi contro di lui su questa superficie”. Non so se Federer guarderà la finale del Country Club da una delle sue innumerevoli case, ma di certo più che lui il suo management tiferà per Nishikori perché in caso di vittoria del giapponese Roger tornerebbe a essere n.1 del mondo. Come è stato scritto mille e più volte infatti Rafa è obbligato a vincere tutti i tornei che vinse lo scorso anno, se vuole restare sul tetto del mondo. Ma come ha detto lui anche stasera “A me d’essere favorito in questo o quel torneo non mi interessa, interessa a voi giornalisti scriverlo… io entro in campo fin dal primo quindici e voglio vincere. Non mi importa se sono favorito o no. Devo cercare di giocare bene, essere un giocatore migliore giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, ogni anno”.

Soltanto così, con questa mentalità, credetemi, si diventa campioni. Nel calcio dicono che Cristiano Ronaldo sia un assoluto perfezionista. Nel tennis Nadal lo è certamente. Ha quasi 32 anni, ha vinto di tutto e di più, è multimilionario, n.1 del mondo, ma non demorde, fa tutto al massimo e al meglio delle sue possibilità. Una questione di educazione? Forse. Di certo in Italia un campione così determinato non lo abbiamo mai avuto. Forse in nessuno sport, a questi livelli. Qualcuno dice che, ad esempio, Djokovic lo sia stato per un certo periodo della sua carriera, ma poi se lo sia un po’ dimenticato. E che questo sia stato il suo problema. Quello che lo ha fatto precipitare fuori dall’elite cui è appartenuto per tutti questi anni. Con Marian Vajda che, più ancora che un coach è un grande amico e una sorta di secondo padre, le cose potrebbero cambiare. “Novak deve ritornare a cercare di fare le cose semplici. Analizzare le cose che non vanno va bene, ma senza esagerare…Senza fasciarsi troppo la testa.” Certamente, come ha osservato Boris Becker, Novak non doveva illudersi di poter tornare ad essere il campione che era facendosi guidare “una tantum” da un Agassi impiegato part-time. “Non si prendono consigli via mail, bisogna vivere accanto al giocatore, respirare la stessa aria, gli stessi tornei, condividere le sensazioni. Novak ama discutere, ha le sue idee, è capace di accettare quelle degli altri, ma deve potersi confrontare de visu” Parole sante, bravo Boris.

Tornando a Nishikori… il giapponese è tornato a giocare da tre mesi, dopo l’infortunio al polso che lo aveva bloccato per quasi cinque mesi. Ci ha fatto un favore, a noi italiani, a non giocare in Davis. Forse non era ancora nelle stesse condizioni di oggi, ma vista la fatica che ha fatto Fognini per avere la meglio sulle riserve, non sarei stato ottimista. “Sulla terra rossa il mio polso soffre meno che sui campi duri e su questi campi è più facile per me ritrovare il ritmo. Ci sono più scambi che sui campi duri. Sto migliorando di match in match”. Non ha un gran record nelle finali dei Masters 1000, il buon Kei: ne ha perse 3 su 3. Dopo quella sfortunata di Madrid 2014 con Rafa, due con Djokovic a Miami e Toronto 2016. Poi c’è la finale più importante, quella persa 63 63 63 all’US Open 2014 con Cilic. Ha vinto comunque 11 tornei, l’ultimo a Memphis 2016. Onestamente difficile che abbatta qui il muro Nadal, però io spero di assistere a una buona finale, perché Kei se non sta male è un osso duro. Ha uno straordinario record al quinto set e qui dove si gioca al meglio dei tre ha battuto al terzo Berdych, Seppi, Cilic e Zverev. Insomma o si rompe del tutto oppure tiene da matti, da vero samurai. Ho seguito gli ultimi punti del match accanto a Moya. Ho avuto la nette sensazione che avrebbe preferito – per il suo pupillo – affrontare Zverev “che gioca molto più indietro rispetto a Nishikori, non è una novità”.

Comunque vada a finire, sempre che Nishikori non soffra all’improvviso lo sforzo per tutte queste maratone, dovrebbe trattarsi di una finale migliore di quella che ho visto un anno fa fra Nadal e Ramos Vinolas, e anche quella orribile del 2009 quando Rafa lasciò un solo gioco a Verdasco.

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