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Mi ritiro, poi ritorno e vinco: Anastasija Sevastova

Non sempre un ritiro mette davvero fine alla carriera: la storia di una giocatrice che sul piano tennistico ha già vissuto due volte

Ultimo aggiornamento: 09/05/2018 0:51
Di AGF Pubblicato il 08/05/2018
20 min di lettura 💬 Vai ai commenti
Anastasija Sevastova - US Open 2016

Anastasija dimostra che non ha affatto disimparato a giocare a tennis, anzi: una Sevastova senza guai fisici è da subito troppo forte per le avversarie degli ITF da 10 mila e 25 mila dollari. Nel giro di quattro mesi (febbraio-maggio 2015), conquista trofei in serie con un bilancio di 24 vittorie e appena 2 sconfitte. Quando poi il livello dei tornei cresce, la percentuale di vittorie scende un po’, ma a fine anno il risultato è comunque sbalorditivo: senza classifica in gennaio, si ritrova nel mese di novembre numero 110 del mondo.

Quello che accade nel 2016 è la naturale continuazione della stagione precedente. La sua ascesa continua: entra subito in Top 100, poi (luglio) in Top 50. Arriva in finale a Maiorca e a Bucarest (battuta da Garcia e Halep), e soprattutto nei quarti di finale degli US Open dopo aver sconfitto Schmiedlova, Bondarenko, Muguruza e Konta. Come nel 2011 a Melbourne, a fermarla è ancora Caroline Wozniacki, ma in un match sfortunatissimo, dove una brutta distorsione alla caviglia le impedisce praticamente di giocare. “Ma io non sono il tipo da ritirarmi a match in corso. Ho comunque provato a dare il massimo” dirà poi in conferenza stampa. Malgrado il problema alla caviglia la penalizzi nel finale di stagione (con cinque sconfitte al primo turno), chiude comunque  il 2016 da numero 35 del mondo.

Sapete cosa ho pensato al termine di quella stagione? Devo confessare che ho pensato all’incirca questo: “Sevastova mi piace come giocatrice, per il suo gioco vario e intelligente, ma nel panorama contemporaneo le manca un po’ di pesantezza di palla. Dopo questo grande exploit compiuto sull’onda dell’entusiasmo per il ritorno sui grandi palcoscenici, temo che per lei sarà complicato confermarsi”. Non ho avuto occasione di scriverlo prima di oggi, ma questo era il mio pensiero.

E invece sono stato smentito in pieno. Anastasija ha continuato nel 2017 con solidi risultati, e anzi li ha migliorati. Ne cito alcuni: semifinale a Dubai, quarti a Charleston e Stoccarda, semifinale a Madrid. Poi in giugno la vittoria sull’erba di Mallorca: secondo successo a livello WTA in carriera, il primo dopo il ritorno (superate Mertens, Lepchenko, Konjuh, Garcia, Goerges).

Non meno importante la conferma agli US Open 2017: ancora fra le otto “elette”, con i quarti di finale raggiunti dopo aver sconfitto Maria Sharapova (5-7, 6-4, 6-2). A fermare Sevastova, al termine di una match tesissimo ed equilibrato, è la futura campionessa Sloane Stephens: 6-3, 3-6, 7-6(4).

Nello Slam newyorkese mette in mostra tutte le sue caratteristiche, non tanto comuni. Del resto la formazione tennistica ricevuta in Lettonia sino ai 14 anni era stata abbastanza particolare, avvenuta su campi dalle caratteristiche diversissime. Per sei mesi indoor su legno, nella palestra di una scuola: superficie molto veloce, con out limitatissimi, che evidentemente obbligavano a giocare a ridosso della linea di fondo con ritmi incalzanti. E invece nella buona stagione sei mesi outdoor su terra battuta, molto più lenta e dunque con costruzione dello scambio di respiro più ampio. Ecco lei stessa che lo racconta:

Detto tra parentesi: ho qualche dubbio su quanto i giornalisti sportivi americani abbiano idea di che cosa sono i paesi baltici sul piano della civiltà, visto che sono stati (e sono) uno storico luogo di incroci della cultura europea, con le influenze nel tempo di Germania, Svezia, Russia, Finlandia, Polonia; ma anche di religioni differenti: ortodossa, protestante e cattolica. Insomma: tutto tranne che paesi banali o rozzi.

Ma torniamo a Sevastova. Forse anche grazie a questo imprinting “misto”, tra veloce e terra, ha fatto della duttilità tecnica uno dei suoi punti di forza; del resto, non possedendo un fisico straripante (meno di 1,70), e senza una muscolatura molto potente, difficilmente può pensare di superare le avversarie con la pesantezza di palla. Tutte caratteristiche che ne fanno una giocatrice di stampo vagamente old fashion: malgrado il rovescio a due mani, sono diversi gli aspetti tecnici che la avvicinano al tennis del passato.
Per esempio la relativa importanza dei colpi di inizio gioco. Sevastova non possiede un servizio strapotente: se è in grado di ottenere qualche ace lo produce attraverso il piazzamento. Però sa lavorare la battuta, usa bene kick e slice. Anche in risposta tende a non essere particolarmente aggressiva, visto che risponde da una posizione piuttosto arretrata rispetto agli standard attuali. E anche il dritto ricorda quelli classici, dato che utilizza una presa eastern.

Ma sarebbe sbagliato fermarsi solo ai colpi base del tennis: Anastasija possiede un repertorio molto completo. Innanzitutto lo slice di rovescio: il suo slice può essere molto carico, con aggiunte di sidespin che lo rendono estremamente “cattivo”. Quindi non solo un colpo di contenimento, ma anche un’arma in grado di trasformare le situazioni da difensive in offensive.

Più in generale va sottolineato il grande controllo di palla, che le permette di essere una delle migliori del circuito in tutte le esecuzioni che richiedono manualità e sensibilità: senza dubbio le smorzate, ma anche le parabole con lift differenti, così come i cross molto stretti. Se dovessi trovare una tennista con qualche affinità sceglierei forse Magdalena Rybarikova, anche se rispetto a Magdalena il servizio di Anastasija è probabilmente meno incisivo, mentre il rovescio bimane mi sembra più solido.

Molto mobile e coordinata, Sevastova si trova bene quando può appoggiarsi alla palla pesante delle avversarie, e lei stessa ha dichiarato di soffrire più le regolariste molto forti in difesa rispetto a chi fa leva sulla potenza. Anche così si spiega il suo successo con Sharapova a New York, cosi come invece il bilancio negativo nei confronti diretti con Wozniacki (4 sconfitte a zero, otto set persi, nessuno vinto) ma anche lo 0-6, 0-6 subito da Halep nella finale di Bucarest, che dal 2016 l’ha sconfitta 5 volte.

Sul piano tattico è capace di sviluppare match molto interessanti, con scambi articolati, costruiti non solo sulle geometrie destra-sinistra ma spesso sulla verticale; anche se a mio avviso è più forte quando sulla verticale fa muovere l’avversaria piuttosto che quando è lei stessa che cerca la rete.

a pagina 3: questioni caratteriali e la Fed Cup insieme a Ostapenko

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