Roland Garros, dopo 29 anni tre azzurri al terzo turno: Fognini sogna (Garofalo). Anche Fognini al terzo turno. Tris azzurro dopo 29 anni (Crivelli). Fognini vince e spara: "Basta agevolare i baby" (Azzolini)

Rassegna stampa

Roland Garros, dopo 29 anni tre azzurri al terzo turno: Fognini sogna (Garofalo). Anche Fognini al terzo turno. Tris azzurro dopo 29 anni (Crivelli). Fognini vince e spara: “Basta agevolare i baby” (Azzolini)

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Roland Garros, dopo 29 anni tre azzurri al terzo turno: Fognini sogna (Antonio Garofalo, La Nazione)

Sono passati 42 anni da quando Adriano Panatta trionfò al Roland Garros (era il 1976) e 40 da quando Corrado Barazzutti giunse qui in semifinale perdendo 60 61 60 da Bjorn Borg. Ma ne sono passati anche 29 (1989) dall’ultima volta in cui tre ragazzi italiani raggiunsero insieme il terzo turno, come quest’anno con Fognini (facile vincitore sullo svedese di origini etiopi Ymer: 64 62 61; domani Fabio si imbatterà nel britannico Kyle Edmund, n.17), con Berrettini (oggi alle prese con Thiem n. 8) e con Cecchinato (atteso da Carreno Busta n.11). Il terzo turno lo raggiungono 32 tennisti su 128, quindi non è il caso di esaltarsi. Però è un buon segnale, dopo anni di crisi. Tuttavia mentre Fognini è leggermente favorito con Edmund sul “rosso”, gli altri due davvero non lo sono. Nell’89 i 3 azzurri al terzo turno furono Pistolesi, Camporese e Cancellotti. Cronache e interviste su www.ubitennis.com

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Anche Fognini al terzo turno. Tris azzurro dopo 29 anni (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Quando tre italiani disputavano insieme il terzo turno del Roland Garros c’era ancora il muro di Berlino. Era il 1989 e i tre erano Pistolesi, Camporese e Cancellotti. Un’altra tripletta, 29 anni dopo, apre finalmente i cuori a una seppur tiepida speranza, rammentando che in ogni caso negli Slam, tra gli uomini, non vinciamo un titolo da Panatta (qui, nel 1976) e non festeggiamo una semifinale da 40 anni giusti (Barazzutti, sempre a Parigi, 1978). Però è bello, per un pomeriggio, celebrare tre generazioni tricolori diverse ancora protagoniste nel tempio della terra: dopo quella più fresca di Berrettini e quella di mezzo di Cecchinato, non poteva mancare la più stagionata con il suo uomo simbolo, Fabio Fognini. Tre set con il pilota automatico contro il giovane (22 anni) svedese d’Etiopia Ymer, 122 del mondo, buoni fondamentali ma scarso controllo, anche delle emozioni, tanto che a partita compromessa proverà a metterla un po’ sulla rissa, senza trovare sponda in un Fabio presentissimo a se stesso. E che già pregusta un bell’incrocio con un altro prodotto della nuova nidiata, il britannico Edmund, ben più solido e lanciato e anche avanti di un posto in classifica (17 contro 18): «Se posso dirlo, la Next Gen è una cavolata, non sono d’accordo su tutte le attenzioni che vengono rivolte a questi ragazzi: Nadal a 19 anni vinceva gli Slam. Il rispetto te lo meriti con i successi e io so di dover affrontare un avversario tosto e forte a prescindere dalla pubblicità che gli fanno. Ma mi sento bene e sto giocando bene, sarà una sfida cinquanta e cinquanta». Il messaggio che arriva da Parigi è che Fabio non è più solo. I nuovi italiani non rappresentano più un’entità astratta, un ricambio che esisteva solo in teoria, e la concorrenza interna stimolerà: «E’ importante – analizza Corrado Barazzutti – che si sia creato un gruppo capace di trovare nella sana competizione e nell’esempio degli altri una spinta per crescere e maturare». Perché emergere, nel tennis, è più difficile che rimanere in alto. Secondo una recente ricerca a tutti i livelli (Atp, Wta, Challenger, Futures e Itf), sono circa 14.500 i giocatori professionisti nel mondo, e la metà non ha mai guadagnato neppure un dollaro di montepremi. Anzi, secondo questi dati il 96% di loro è in passivo. La federazione britannica ha stimato che dai 5 ai 18 anni d’età la famiglia di un tennista debba spendere circa 300.000 euro per l’attività nazionale e internazionale. Da noi, mantenere un giocatore fino alle soglie del professionismo costa ai genitori dai 10 ai 15.000 euro all’anno, ed è evidente che di fronte a queste cifre servano importanti sussidi federali. Nel passato anche recente ci sono stati errori e scelte confuse, ma il Settore Tecnico adesso è uno dei cardini del progetto Fit: la Federazione paga a 16 giocatori (tra uomini e donne) le spese per campi, coach e trasferte, deducendole poi dal prize money, garantendo perciò una programmazione più mirata e di respiro internazionale. Se son campioni, fioriranno.

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Fognini vince e spara: «Basta agevolare i baby» (Daniele Azzolini, Tuttosport)

«Si sta esagerando, con questi Next Gen», dice Fabio Fognini. La frase cade sul tavolo della conferenza stampa con un certo rumore, e l’amico dell’ATP presente in sala ha un sussulto. Eppure non è particolarmente animoso, Fabio, nel dare forma ai suoi pensieri, men che meno astioso nei confronti dei ragazzi, che conosce e in gran parte apprezza. È una constatazione, la sua, un punto di vista che l’Atp farebbe bene ad ascoltare e valutare. «Sono sostenuti da troppo marketing, ed è questo l’aspetto negativo, perché spinge organizzatori e tornei a promuovere questi giovani con troppa facilità, a collocarli sui campi migliori, e metterli al centro del programma a scapito di altri che magari sono ancora più forti di loro. Sono convinto che la gran parte di questi giovani abbia un futuro assicurato, basta osservare un diciannovenne come Shapovalov per capirlo, ma non è di questo che sto parlando. Quello che penso è semplice: i più forti alla fine sulla ribalta ci salgono, anche cominciando sul campo numero 30, come ha fatto Nadal che a diciotto anni ha vinto uno Slam. Ma non per tutti sarà così. E allora, vale la pena esagerare? A ognuno deve essere dato ciò che gli spetta, in fondo non è questa la prima regola del tennis?». L’aspetto curioso è che da qualche tempo Fognini ne ha testati parecchi di questi Next Gen, e li ha praticamente tutti rimandati a casa. L’ultimo in ordine di tempo è Ymer, è uno svedese nero. Nato a Skara, 22 anni, 122 in classifica. Lo allena Robin Soderling, l’ultimo top ten di Svezia, allontanato dal circuito da una mononucleosi. Che dire? Ne è sortito un ottimo allenamento. A Fabio servirà per i tempi a venire, che lo mettono di fronte a un altro giovanotto, stavolta però di buonissime speranze, Kyle Edmund. Di buono (anzi, di ottimo) c’è che Fognini porta a tre gli italiani ancora in gara, insieme a Berrettini e Cecchinato. Non accadeva dal 1989, 29 anni fa, quando vi giunsero Camporese, Pistolesi e Cancellotti. Ora, però, il confronto si fa aspro. Cecchinato ha Carreno Busta; Berrettini affronta Thiem. Fognini come detto attende Edmund: «Match alla pari, 50 e 50», dice Fabio. E su questo concorda anche l’amico dell’ATP.

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Gli scaldabagni di Garbine (Tuttosport)

Vince una volta a Parigi e una a Wimbledon, poi sparisce, per due mesi, talvolta tre, ma è capitato anche per un anno intero. Poi torna, e rivince, magari proprio a Parigi. Chi la conosce sostiene che possa essere di nuovo l’anno buono. Chissà. Garbine Muguruza è la tennista che tira scaldabagni, secondo la descrizione fornita, tempo addietro, da Flavia Pennetta. «Sei lì che ti alleni, e arriva lei. Ti chiede: posso? Ed entra in campo. Dai, palleggiamo, mi dice. Va bene, palleggiamo, le dico. La prima palla è pesante come una lattina da cinque litri d’olio d’oliva, con la seconda ti arriva un lavandino. La terza è un tavolino. Con la quarta ha ormai raggiunto la velocità di crociera e tira solo scaldabagni». Ora che Flavia è mamma, e in campo a prendere scaldabagni non ha più alcuna intenzione di andarci, Garbine ha scelto un’altra vittima, Dominka Cibulkova. Stesso trattamento. «Siamo molto amiche», dice, neanche fosse una punizione. Però sostiene di essere cambiata. «La mia vita era solo tennis. Ora mi sono creata degli spazi per me, passeggio, vedo cose, e quando torno in campo mi sembra di essere più tranquilla». Continua… «Pensate», esorta i giornalisti, «ho anche visitato il Louvre», e sorride al brusio che segue la rivelazione, che lei ritiene di apprezzamento, mentre nasce dall’incredulità di chi si sta chiedendo come possa aver aspettato sei anni per farlo. Ma sul campo, poco da dire. Quei lavandini che tira costringono alle barricate le avversarie. Gioca da sola, quando li sbatacchia fuori perde il match, quando li spedisce sulle righe lo vince. Facile, no? Fino a un certo punto. Esistono infatti delle variazioni non previste al suo canovaccio tennistico, su tutte, quando il pubblico tifa per l’avversaria, magari una francese. Successe l’anno scorso, contro la Mladenovic, Garbine andò su tutte le furie, forzò al limite i colpi e costrinse i raccattapalle a cercare le palline tra le frasche del Bois de Boulogne. Quest’anno è andata meglio, ma la francese era appena una ragazza di 21 anni, Fiona Ferro, poco conosciuta anche dal pubblico. «Mi ero ripromessa di non pensarci, alle vicende di un anno fa. Ci rimasi male, perché ero la campionessa in carica e non pensavo di meritare un trattamento cosi. Ma sono fatti ormai lontani. Contro Fiona ho badato solo a me stessa». E ha vinto facile. «Riuscire a conquistare entrambi gli Slam europei sarebbe un sogno. Anzi, è il mio sogno». hanno scorso vinse a Wimbledon. Dunque le carte in regola le ha. Ce la potrebbe fare. Lastricando la strada da Parigi a Londra di lavandini…

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Giorgi può tentare il colpo grosso al Roland Garros (Roberto Senigalliesi, Corriere Adriatico)

Camila Giorgi e Stefano Travaglia ancora in corsa, Gianluigi Quinzi fuori. Questa la situazione dei tennisti professionisti marchigiani nei tornei in cui sono impegnati in questa settimana. Iniziamo da Camila Giorgi, in corsa al Roland Garros di Parigi, seconda prova stagionale degli Slam. La 26enne ha superato due turni, battendo la statunitense Grace Min per 6-3 6-2 e poi la colombiana Mariana Duque Marino per 6-0 6-3. Oggi alle 11, nel terzo turno, dovrà vedersela con l’americana Sloane Stephens, numero 10 del ranking mondiale e campionessa in carica agli ultimi Us Open. Camila è in vantaggio per 2-1 negli scontri diretti con la statunitense, una tennista molto forte sul veloce ma più abbordabile sulla terra rossa di Parigi. «Dovrò affrontarla mantenendo il controllo degli scambi – ha detto Camila – e cercando anche i punti a rete quando avrò l’opportunità di venire avanti». Nell’ultimo periodo la Giorgi è apparsa più tranquilla, soprattutto da quando ha annunciato che tornerà a disposizione per la squadra italiana di Fed Cup, mettendo fine alla diatriba con la Federazione. Travaglia e Quinzi stanno invece affrontando il Challenger di Vicenza. Gianluigi è riuscito a ottenere ben due vittorie nei tornei challenger di Francavilla e Mestre, ma stavolta è uscito di scena al secondo turno, pagando forse la stanchezza accumulata nell’ultimo mese. A batterlo, per 6-4 6-3, è stato il brasiliano Clezar, che nel primo turno aveva superato il primo favorito Lorenzo Sonego, mentre Quinzi si era imposto all’altro azzurro Gianluca Mager. In ogni caso il 22enne di Porto San Giorgio ha migliorato il suo best ranking, risalendo al numero 198 del mondo. Stefano Travaglia, invece, oggi affronterà nei quarti di finale il siciliano Salvatore Caruso. Da segnalare che la prossima settimana Elisabetta Cocciaretto, reduce dalla semifinale al Trofeo Bonfiglio, sarà in gara nel torneo juniores di Parigi, mentre il quindicenne pesarese Luca Nardi sarà uno di protagonisti al Trofeo Avvenire di Milano, uno dei più prestigiosi tornei under 16.

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