Angelique Kerber, trent'anni da Slam

Al femminile

Angelique Kerber, trent’anni da Slam

Come la maturità di una giocatrice ha contribuito a farne una campionessa

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Wimbledon 2018 è stato un torneo dai due volti: nella prima settimana abbiamo assistito a tante eliminazioni inattese che presto hanno ridotto la rosa delle pretendenti più accreditate. Ma poi nella seconda settimana le favorite rimaste sono arrivate in fondo. E così ci siamo ritrovati con una finale Slam in cui erano in campo due giocatrici plurititolate: chiunque avesse prevalso, non avremmo avuto un nome nuovo tra le vincitrici di Major. Non è arrivato il ventiquattresimo titolo di Serena, ma il terzo di Kerber (Australian Open 2016, US Open 2016, Wimbledon 2018).

In linea generale direi che questi Championships ci hanno offerto innanzitutto due temi. Il primo: al Roland Garros aveva vinto la freschezza fisica delle giocatrici più giovani, di una età compresa fra i 23 e i 26 anni (Halep, Stephens, Muguruza, Keys); a Wimbledon invece ha prevalso la generazione più anziana: Williams 36 anni, Kerber 30, Goerges 29, con l’eccezione di Ostapenko 21. Potrebbe essere un caso oppure no. Penso si possa concordare che l’erba richiede meno doti di resistenza e forse più attenzione mentale. Sull’erba i punti “facili” legati al servizio sono di più, quindi le partite sono mediamente più rapide, così come la durata media degli scambi. Ed è più frequente che i match si decidano su pochi quindici. Per questo occorre forse avere maggiore esperienza nell’interpretazione degli incontri.

Secondo tema: Angelique Kerber ha chiuso la serie di vincitrici differenti negli ultimi Slam, terminando una lista che si allungava da quasi due anni. Andando a ritroso, il suo è il primo nome di vincitrice che ritorna. Ecco l’elenco: Kerber Wimbledon 2018, Halep RG 2018, Wozniacki Aus 2018, Stephens US 2017, Muguruza Wimb 2017, Ostapenko RG 2017, Serena Aus 2017 e finalmente di nuovo Kerber US 2016.

Kerber a Wimbledon non è certo una sorpresa: nel 2016 perse, ma al termine di una ottima finale (7-5, 6-4), tanto che in molti l’avevano così sintetizzata: “Davvero una gran partita, peccato solo non ci sia stato il terzo set”. L’anno scorso malgrado la stagione difficile Angelique era stata comunque protagonista di uno dei migliori match di tutta la stagione: Muguruza def Kerber 4-6, 6-4, 6-4. Livello alto, partita lottatissima, con l’unico set lasciato per strada da Garbiñe in tutto il torneo.

Quest’anno si potrebbe dire che Kerber quasi non ha avuto bisogno di dare il meglio di sé, ma il segno l’ha lasciato innanzitutto con il risultato finale. Ha perso in tutto il torneo un solo set, contro la qualificata Liu (la giovane americana vincitrice di Wimbledon junior 2017), nonostante il suo tabellone non fosse semplicissimo. Angelique ha prima sconfitto la talentuosa generazione del 1997 (Osaka, Bencic, Kasatkina, Ostapenko in sequenza), e poi il “monumento” Serena Williams. Tutte vittorie in due set, anche se non tutti i successi sono stati uguali. Di fatto Kerber ha sofferto più contro le nuove leve che in finale. Contro Bencic ha dovuto salvare quattro set point nel secondo set, mentre contro Kasatkina a un certo punto ha rischiato un rovesciamento totale dell’incontro. Al contrario, di fronte a Serena, Angelique è stata praticamente sempre in vantaggio, a parte la parentesi del 2-3 primo set. Ma dal quel momento ha infilato cinque game consecutivi, obbligando Williams a inseguire, invano, fino all’ultimo quindici.

Al termine della finale 2018 la sensazione è stata che Kerber non avesse nemmeno dovuto dare tutto quello che aveva dentro di sé: ha brekkato Serena nel primo game, lasciandola a 30, ottenendo con sorprendente disinvoltura ciò che per le avversarie dei turni precedenti era sembrato una impresa titanica (quando erano riuscite a compierla). Ha avuto un piccolo passaggio a vuoto facendosi raggiungere sul 2-2, ma poi ha brekkato altre due volte Williams, chiudendo il set per 6-3. Nel secondo set ha tenuto i turni di servizio senza mai concedere una palla break. Infine nell’ultimo game ha chiuso al primo match point. In sintesi: ha vinto forse il più importante incontro della sua carriera, lo ha fatto contro Serena Williams, e le sono bastati appena 65 minuti.

Si può dire che Wimbledon 2018 Angelique l’abbia vinto per distacco. E questo ha tolto un po’ di pathos rispetto ai successi che arrivano dopo un testa a testa al fotofinish. Non è stata la finale dell’emozione e dell’incertezza. Le doti che ci ha trasmesso questa Kerber sono state soprattutto la lucidità, la razionalità, la sicurezza con cui ha affrontato un impegno del tutto speciale. Contro Serena non solo non ha regalato nulla nei momenti determinanti, ma non ha nemmeno fatto trasparire le incertezze e le titubanze che pure sarebbero state comprensibili nei game conclusivi, al momento di raggiungere un obiettivo di quelli che segnano la carriera.

Nel post-partita, alla domanda su come avesse fatto a gestire così bene la pressione ha risposto senza la minima esitazione:Perché ho 30 anni!. E lo ha detto come se stesse sottolineando una situazione evidente, lampante. L’espressione e il tono della voce dicevano tutto, tanto che ho pensato non avrebbe aggiunto altro. Ma poi, da navigata professionista che di conferenze stampa ne ha tenute centinaia, ha spiegato in modo esteso quello che comunque era apparso chiaro: “Ho acquisito così tanta esperienza negli anni. So cosa si prova a giocare semifinali e finali importanti, e avevo già disputato una finale qui, sapevo cosa aspettarmi. E questo mi ha aiutato a essere più rilassata oggi”.

Insomma Kerber ha rivendicato i suoi trent’anni (è nata il 18 gennaio 1988) come un traguardo, un merito. Quasi paradossalmente per una atleta, che potrebbe vedere il tempo che passa come un nemico, considerato quanto più breve è la vita sportiva rispetto a quella biologica. Invece Angelique ha descritto se stessa come molto più forte grazie all’età. Sicuramente sul piano fisico non ha mostrato la minima flessione; in compenso caratterialmente ha dato una prova di maturità assoluta.

a pagina 2: il gioco di Kerber sull’erba

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