Berrettini non si ferma. Serena disastro: 6-1 6-0 (Marianantoni). Radoni l'illusionista tradito dal destino (Clerici)

Rassegna stampa

Berrettini non si ferma. Serena disastro: 6-1 6-0 (Marianantoni). Radoni l’illusionista tradito dal destino (Clerici)

Pubblicato

il

 

Berrettini non si ferma. Serena disastro: 6-1 6-0 (Luca Marianantoni, Gazzetta dello Sport)

C’è una cosa assai più complicata di superare la prova del nove: è farlo due volte. Così Matteo Berrettini, dopo aver messo al tappeto Gilles Simon, nel match seguente allo strepitoso successo a Gstaad, ieri ha dovuto vincere due volte per superare il moldavo Radu Albot (n. 98 ATP) e volare ai quarti di Kitzbuhel, ultimo torneo della stagione sul rosso. L’avvio semplicissimo, con il break maturato già nel secondo game e confermato da una superiorità tecnico-tattica imbarazzante, sembravano aver spianato la strada verso una passeggiata di salute. Sul 6-3, 4-4 Berrettini riusciva finalmente a strappare la battuta al moldavo andando a servire per il match. Ma nel momento di chiudere, il romano incassava il contro break, disunendosi poi completamente nel tie break. Nel quarto game del terzo set il doppio fallo finale di Albu significava la resa incondizionata del moldavo alla superiorità di Berrettini. «È stato un match – ha raccontato coach Santopadre – molto duro dal punto di vista mentale. Ma Matteo l’ha affrontato con il giusto piglio. È entrato molto bene in campo, ha vinto in modo agevole il primo set, ma è calato al servizio e contemporaneamente il suo avversario è salito giocando un grande tie break. A quel punto Berrettini ha dovuto tirare fuori tutto quello che aveva e lottare quando la situazione pareva compromessa. Ma il game dell’1-1 è stato il momento della svolta. Dal punto di vista del gioco e dal punto di vista emotivo, Matteo si è confermato ancora una volta un grande campione». La settima vittoria consecutiva di Berrettini, avvicina ancora di più il romano alla soglia dei primi 50 del mondo. Oggi è atteso nei quarti dal cileno Nicolas Jarry che ha vinto in rimonta su Fernando Verdasco… [SEGUE].


Radoni l’illusionista tradito dal destino (Gianni Clerici, Repubblica Milano)

Mentre Lucia Valerio non sbagliava e vinceva, il tennis, e non soltanto quello milanese, aveva subito grandi mutamenti. Dopo un’iniziale riluttanza da parvenu, Benito Mussolini aveva preso gusto al gioco, e si era fatto costruire un campo nella sua residenza romana. Non era certo un gran tennista, Mussolini, ma un documentario dell’Istituto Luce lo mostrava all’attacco, mascella in resta, in un colpo diritto rozzo quanto efficace. L’iniziazione di Mussolini non fu probabilmente estranea allo spostamento degli Internazionali d’Italia dal Tc Milano al Foro Italico, costruito nel 1933/4, e inaugurato nel 1935 con la sorprendente vittoria dell’americano Hines, che trafisse le speranze di veder vittorioso un atleta in camicia nera, De Stefan o Palmieri che fosse. Proprio Giovannino Palmieri era stato allora riqualificato da insegnante, per rinforzare una squadra di Davis vecchia e in declino, nella quale iniziavano a segnalarsi il milanese Augusto Rado, e il milanese arioso Valentino Taroni, nato a Carate Urlo, sul lago di Como. Insieme a Palmieri, profugo del terremoto di Reggio Calabria e modestissimo raccattapalle al Tennis Parsoli, i due lombardi furono i primi poveri, in un ambiente tennistico fin lì aperto soltanto ai nobili o ai grandi borghesi. I loro inizi non furono certo facili. Il piccolo Rado, che non faceva parte del magno Tennis Club, avrebbe addirittura ricevuto una minaccia di squalifica per professionismo. Emilio Galli, fondatore della rivista il Tennis Italiano (alle cui vecchie collezioni molto deve il cronista) racconta che il suo pupillo dovette sostenere un autentico interrogatorio, al termine del quale confessò di aver avuto in regalo biglietto del treno e, addirittura, un soggiorno in hotel. Alberto Bonacossa, giudice arbitro del torneo di Premeno, non trovò di meglio che impedire a Rado di scendere in campo per la finale, e la vittoria andò a Renzo Chiovenda, ricco villeggiante che non aveva certo bisogno di mecenati. Ma i tempi stavano cambiando. Il fascismo aveva investito sullo sport, aspettava di trarne conferme alle mitomanie razziali, ma in definitiva aiutava i poveri, promuoveva a liberti tanti piccoli schiavi raccattapalle. Taroni e Rado esordirono in Coppa Davis nel 1933, sull’erba inglese, e l’anno seguente Augusto avrebbe sostituito l’ormai bolso De Morpurgo in singolare. Augusto Rado era un omino leggerissimo quanto veloce, e il suo tennis rapidissimo, di tocco, da illusionista, l’avrebbe certo condotto in alto, almeno sui campi in terra rossa, dove si svolgeva il novanta per cento dell’attività dei nostri. Un misterioso trauma lo colpi, è il caso di dirlo, tra capo e collo, e Rado non riuscì più a colpire la palla, sul diritto e sulla battuta, senza che il viso gli scattasse a sinistra, in un tic degno del Principe Antonio de Curtís, in arte Totò. Povero Rado, costretto a sfuggire incredibilmente il diritto per colpir di rovescio, obbligato addirittura a battere di rovescio! Credo sia stato l’unico al mondo, capace di mantenersi dignitosamente in prima categoria, con un simile handicap. Non si può, ancor oggi, non rimpiangere il campione che il piccolo milanese avrebbe potuto essere. Insieme a lui si affermò, dicevo, Valentino Taroni. Piccolo barcaiolo a Carate, raccattapalle dai piedi nudi al Circolo di Como, vi trovò i mecenati in grado di rimpannucciarlo, spedirlo verso le prime esperienze internazionali. A Montecarlo Valentino vinse addirittura la Coppa Macomber, importantissima gara junior dei tempi, e avvampò quando una bella straniera ebbe a chiamarlo, invitante “Come Taroni, come!” «Chissà com’è riuscita a saperlo», si ripeteva il timido vincitore, nel cercare rifugio dentro lo sgabuzzino della doccia. «Chissà chi glielo ha detto, che son venuto da Como!».

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement