dal nostro inviato a Toronto
Quando si ritrova un campione che pareva aver smarrito la strada, si deve esserne contenti tutti, a prescindere dal tifo. La vittoria ai Championships – un po’ a sorpresa, ma ancora più bella per questo – che ha definitivamente riconsegnato Novak Djokovic al tennis che conta è stata straordinaria. Non lo vedevo allenare dalla primavera americana, per lui disgraziatissima, e alla vigilia degli ottavi di finale qui alla Rogers Cup contro Stefanos Tsitsipas, non mi sono fatto sfuggire l’occasione di andare a valutarne le condizioni. Il match contro il greco, poi, è andato male, Novak è sembrato un po’ imballato, la giornata storta capita. Ma l’atteggiamento è rimasto positivo, lo aspettiamo a Cincinnati e New York.
Ritorniamo all’allenamento della mattina. Come sempre, si capisce molto di più osservando i giocatori al di fuori dei match, e pure al di fuori dei bagni di folla che ormai sono consueti per questi fuoriclasse anche quando sono semplicemente impegnati in un “training”. E poi, da tecnico, un po’ del buon vecchio Nole che palleggia in spinta ad alta intensità visto da vicinissimo è sempre uno spettacolo da cui imparare molto. Ma oltre alla tecnica, a questi livelli la differenza principale la fa la testa, ed è stato rinfrescante, “refreshing” come dicono gli americani con splendido aggettivo che in italiano non rende abbastanza, vedere Djokovic di umore ben diverso rispetto ai mesi scorsi, precedenti alla gran cavalcata di Londra. Ma andiamo con ordine, e in compagnia, a bordocampo sul centrale di Toronto, alle 9 e mezza, ben prima dell’apertura dei cancelli al pubblico.
Qui sopra, impatti bassi dello strepitoso rovescio bimane, da osservare il trascinamento in avanti del piede sinistro, morbido, e la linearità dello swing, nell’immagine in basso la palla è già partita per un metro e mezzo, e ancora il piatto corde di Nole è rivolto nella direzione del colpo.
Qui sopra, dall’altra angolazione, due rovesci bassi tirati a chiudere, si stava allenando sui passanti. Elasticità e potenza, in queste inquadrature possiamo apprezzare la conduzione del braccio non dominante, la mano sinistra impugna con una eastern abbastanza accentuata, che lo facilita nel dirigere la palla soprattutto in diagonale sulle esecuzioni sotto le ginocchia, tipicamente gli slice avversari.
Qui sopra, due finali alti, che evidenziano il bellissimo modo di proiettare il peso del corpo sul colpo, senza perdere il controllo dell’equilibrio.
Qui sopra, ho aggiunto un paio di linee per evidenziare quanto perfetta sia la postura di Nole: peso totalmente sul piede destro, con la testa a piombo in verticale sul punto d’appoggio, e la gamba posteriore lasciata all’indietro in linea con le braccia che stanno sviluppando il finale. Se gli mettessimo un perno sotto il piede, girerebbe come una trottola con asse di equilibrio centrato al millimetro. Questo, a mio avviso, sta comodamente sul podio dei più grandi rovesci bimani della storia del gioco. Sugli altri due gradini, senza fare classifiche, metteteci chi volete, Murray, Agassi, Nalbandian, Safin, Connors, Mecir, eccetera, non importa. Un posto è riservato a Djokovic, per sempre, nei secoli dei secoli, amen.
Qui sopra, un esempio con i frame in sequenza di un passante stavolta di dritto, assolutamente ineccepibile. Bell’appoggio deciso in open stance, swing a colpire con passo in dinamica ad accompagnare la sbracciata con l’azione della gamba opposta, la sinistra. Una gran fucilata, non siamo ai livelli di eccellenza assoluta del rovescio magari, ma c’è solo da imparare anche qui. Mi interessava vedere se la scioltezza dello swing fosse finalmente totale, e direi che i problemi al gomito sono definitivamente superati, il gesto è violento, e Nole lo sparava senza trattenersi anche a pochi minuti dall’inizio del palleggio di riscaldamento. A proposito di gomito, e dei problemi conseguenti, l’altra cosetta che volevo osservare per bene era il servizio, lievemente modificato all’inizio dell’anno proprio per preservare l’articolazione, servizio che a Wimbledon aveva funzionato benissimo, dando a Djokovic tanti punti diretti in momenti fondamentali, penso a diverse palle break affrontate contro Nadal, per esempio.
Lo vediamo qui sopra i n alto, il movimento è fluido, e soprattutto se lo confrontiamo con l’esecuzione che effettuava a gennaio a Melbourne, con la testa della racchetta che non scendeva mai sotto la linea del gomito, la sequenza successiva, siamo su un altro pianeta.
Contro un giovane rampante di grande talento come Stefanos Tsitsipas (spunti tecnici in arrivo!) può sempre succedere di tutto, anche perdere ci sta, ma la cosa che deve far stare tranquilli i suoi tifosi è ciò a cui facevo riferimento all’inizio di questo pezzo. Non ve lo descrivo, ve lo faccio vedere.
Dall’alto in basso, bello sorridente e quasi sornione mentre fa una pausa, poi mentre prova trick-shots come colpi no-look dietro la schiena, e infine mentre scoppia a ridere dopo essersi preso una pallata addosso a rete dallo sparring partner (che era Elias Ymer). Confrontate le espressioni del viso, e il linguaggio del corpo, con quello che avevo visto e vi avevo riportato da Indian Wells sei mesi fa. Non credo servano ulteriori commenti.
Quello era un ragazzo che lavorava a tennis, con tanto di frustrazione e incazzi cosmici annessi e connessi.
Questo, che vinca o che perda, magari anche arrabbiandosi se è il caso, finalmente ha ricominciato a giocare, a tennis. Divertendosi un sacco (come insegna il maestro del cazzeggio, un tipo svizzero che rivedremo tra una settimana).
Ci mancava, e credo mancasse anche a lui.