Djokovic gela Fucsovics. Fognini ok senza brillare (Lopes Pegna). Ceck, duro il cemento (Azzolini). Us Open, il dramma del baby-campione. Il cuore lo costringe a fermarsi (Semeraro). Rilancio Wozniacki: «Sempre meglio» (Zanni). Serena col tutù. A New York c’è in ballo il record (La Gazzetta dello Sport)

Rassegna stampa

Djokovic gela Fucsovics. Fognini ok senza brillare (Lopes Pegna). Ceck, duro il cemento (Azzolini). Us Open, il dramma del baby-campione. Il cuore lo costringe a fermarsi (Semeraro). Rilancio Wozniacki: «Sempre meglio» (Zanni). Serena col tutù. A New York c’è in ballo il record (La Gazzetta dello Sport)

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Djokovic gela Fucsovics. Fognini ok senza brillare (Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta dello Sport)

Maledetto caldo! Come può capitare a New York a fine agosto: 35 gradi, ma sul cemento dei campi se ne percepiscono oltre 40. Sole a picco, e umidità che offusca la celebre skyline di Manhattan. Risultato: tanto lavoro per i fisioterapisti, crampi diffusi, pressione sanguigna che fa i capricci, tachicardia, visione doppia. Dopo le prime due ore di gioco, gli organizzatori comprendono il pericolo e concedono 10′ di sospensione fra il terzo e quarto set (le donne fra il 2° e 3°): qui non era mai accaduto. Già lunedì c’erano stati alcuni ritiri: Sam Querrey, che aveva consegnato a Seppi il passaggio al secondo turno. Ieri, hanno lasciato Copil contro Cilic; l’argentino Mayer contro il serbo Djere e il lituano Berankis contro il coreano Chung. E fra le vittime del sole c’è Stefano Travaglia, che lascia la partita sullo 0-3 al quarto set, quando è sotto per 2-1. Non si regge più in piedi. «Non mi era mai capitato prima: a fine terza frazione quando mi sono alzato dalla sedia ho cominciato a barcollare, ho iniziato a vedere quattro palline mentre battevo. Poi sono arrivati i crampi. Una sensazione spiacevole, mai sperimentata prima», spiega con un filo di voce, perché non si è ripreso. Aggiunge: «Sto ancora male. Mi hanno detto di bere, poi mi faranno delle flebo, ma per ora potrebbe essere pericoloso». Cecchinato intanto sciupa occasioni su occasioni con Benneteau e continua a litigare con il cemento (4 eliminazioni al primo turno su 4). Per fortuna ci pensa Fognini a salvare il bilancio giornaliero azzurro, battendo in quattro set Mmoh complicandosi un po’ la vita nel primo e nel quarto set. Soffrono pure i grandi, come Novak Djokovic, che comincia il suo match intorno all’ora cruciale delle 13. Vince il primo set in scioltezza per 6-3 contro il 26enne ungherese n° 41 del mondo Marton Fucsovics, ma potenza e corsa calano vistosamente. Soffre e chiede l’intervento medico per farsi misurare la pressione. Si fa riprendere sull’1-1 e superare di un break nel terzo set. Ma poi è il suo avversario ad affidarsi al soccorso medico e Nole risale la china conquistando il suo secondo set e infilando rapidamente gli spogliatoi per i 10′ di break. Intanto i ritiri costringono la Usta a convocare una conferenza stampa d’urgenza per chiarimenti. Il direttore della comunicazione, Chris Widmayer, spiega preoccupato: «Vista la situazione d’emergenza abbiamo deciso di istituire la extreme heat Policy, con l’interruzione dopo il terzo set, da ripetere eventualmente dopo il quarto. E mercoledì minaccia di essere una giornata persino più brutale. Valuteremo stanotte se chiudere i tetti degli stadi e creare un ambiente indoor per mercoledì». Suda freddo quando Nole va in crisi. Ma il serbo infila 10 giochi consecutivi e va al secondo round. Spiega: «Nei primi tre set ho sofferto molto come tanti altri». (…)


Ceck, duro il cemento (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Sul cemento è ancora alle prime armi, un ragazzino delle scuole elementari. Sta imparando, sta cercando di capire, ma qualche volta appare presuntuoso, qualche altra si lascia trascinare dalle sue origini, che certo non sono quelle di chi è cresciuto su questi campi duri e bollenti. Il più delle volte però commette errori di distrazione, e questi, per lo meno, dovrebbe tentare di correggerli appena Insomma, il ragazzo è intelligente, capace, si applica. Ma è un fatto, Marco Cecchinato potrebbe fare di più. È curioso dettare una pagella simile, per un tennista che ha raggiunto le semifinali del Roland Garros e si è elevato fino al numero 22 della classifica mondiale. Ma Cecchinato il suo tennis l’ha costruito sui campi in terra rossa, e su di essi ha continuato a insistere finché i risultati non hanno preso la piega che lui desiderava. E’ stato anche quello un lungo apprendistato,  ma condotto con convinzione, con l’abitudine tratta dai molti anni di tentativi, e alla fine le tessere del puzzle si sono composte nel modo giusto. Il resto del tennis che serve, invece, è rimasto indietro, e Marco ci sta lavorando da poco, ora che ha che ha la classifica per entrare nei tornei che contano dalla porta principale e può evitare di pagare dazio nelle qualificazioni. Si spiega cosi la sua estate americana, che lo ha visto battuto ovunque e sempre al primo turno, a Toronto da Tiafoe, a Cincinnati da Mannarino, a Winston-Salem da Struff, avversari che sulla terra rossa probabilmente avrebbe dominato, quanto meno avrebbe costretto a ingaggiare battaglie di ore. Julien Benneteau, francese non più di primo pelo, anzi, più volte a un passo dall’annunciare il ritiro, era il quarto tentativo di Marco e finalmente – al di là del risultato – qualche passo avanti si è visto. Restano evidenti alcune difficoltà di posizionamento sulla palla, dovute quasi sempre alla velocità dei colpi, che gli toglie il tempo, ma le geometrie poste in essere hanno dato l’impressione che i primi apprendimenti siano stati mandati a memoria. (…)


Us Open, il dramma del baby-campione. Il cuore lo costringe a fermarsi (Stefano Semeraro, La Stampa)

Gli Us Open sono soffocati dal caldo e dall’umido, fioccano i ritiri, e a colpire sono soprattutto quelli del Vecchio e del Bambino. Il veterano David Ferrer, 36 anni, che lunedì ha salutato il tennis abbracciando il suo antico compagno Rafa Nadal. E Felix Auger Aliassime, 18 anni l’8 agosto, il primo Millennial a giocare nel tabellone di uno Slam che la sua paura di dover finire la carriera prima ancora di iniziarla l’ha nascosta nelle braccia del suo amico Denis Shapovalov, mentre il cuore gli batteva troppo forte: uno degli attacchi tachicardia di cui soffre e che lo lasciano senza forze. Consolato dall’amico rivale Sul 7-5 5-7 4-1 per Shapovalov si è dovuto stendere a terra, è stato visitato da un medico, ha provato a tornare in campo. Niente, non ce la faceva. Quando il suo angolo gli ha detto di arrendersi, è scoppiato a piangere. Lui e Denis sono canadesi, amici da sempre. Shapo ha un anno in più, gli Us Open li hanno vinti insieme da juniores, in doppio. Uno mancino e uno destro, uno biondissimo nato a Tel Aviv, l’altro con la mamma del Quebec e il papà del Togo, tutti e due con un gran talento: potrebbero essere i Nadal e i Federer del futuro. «Ci conosciamo da quando avevamo 8 anni, ho passato la vita con Felix – ha spiegato Shapovalov, gli occhi cerchiati di rosso e di sudore -. Gli ho detto soltanto di non preoccuparsi, perché un giorno qui la finale la giocheremo noi due».


Rilancio Wozniacki: «Sempre meglio» (Roberto Zanni, Corriere dello Sport)

Allora hanno ragione i bookmakers. Non c’entra il ranking, conta il nome. Se nel tabellone femminile Serena Williams (testa di serie n. 17 e 26 delle classifiche) era la prima favorita alla vigilia degli US Open, lo è a maggior ragione ora che Simona Halep, la numero 1 della Wta è stata eliminata al primo turno dalla Kanepi. Anche perché Caroline Wozniacki, partita bene ieri battendo la Stosur, pur essendo la 2 delle classifiche, al via degli US Open 2018 era data appena 25/1 (contro il 9/2 di Serena), decima nella graduatoria delle scommesse: non convince. Ma intanto vince, battendo anche il caldo soffocante, con una ricetta particolare. «Gli asciugamani con il ghiaccio, un po’ di ombra, certo hanno aiutato – ha detto a fine incontro dopo il 6-3, 6-2 con la Stosur -. Ma ad essere sinceri, ho immaginato si essere in spiaggia con un “margarita” in mano…». C’è anche da aggiungere che nonostante il 2 nel ranking, la Wozniacki è giunta a New York senza vincere nei tre tornei del Nord America che aveva in programma: ritiratasi a Washington prima di scendere in campo e sconfitta a Montreal e Cincinnati (anche qui un ritiro, ma dopo il primo set). Ma adesso è pronta per la grande sfida. «Mi sento bene – ha aggiunto – non sono arrivata qui nel modo ideale, ma fisicamente adesso devo dire che mi sento al meglio. E questo è stato davvero un ottimo test, sia per il caldo, sia per l’avversaria che avevo davanti. Ora spero solo di giocare sempre meglio». Di sicuro il tennis femminile non è più come prima: una volta, e non si deve pensare solo a Serena Williams, chi si trovava al comando del ranking era anche chi di solito gli Slam poteva vincerli. Adesso è completamente diverso. Per una conferma basta analizzare proprio il ranking attuale: le prime tre in graduatoria, Halep, Wozniacki e Stephens hanno conquistato appena uno Slam a testa e tra le Top Ten soltanto la Kerber è riuscita a ripetersi (ne ha vinti tre: Australia Open e US Open nel 2016, Wimbledon quest’anno). Ma delle prime dieci, sono sei le giocatrici che hanno trionfato in uno dei quattro grandi tornei e in totale ci sono stati appena otto successi (quasi un terzo di quelli vinti da Serena). Ecco perché, dopo essere diventata mamma, alla soglia dei 37 anni, se le condizioni fisiche la accompagneranno Serena ha ancora la grande possibilità di conquistare il suo 24° Slam, raggiungendo Margaret Court. (…)


Serena col tutù. A New York c’è in ballo il record (La Gazzetta dello Sport)

«Nella moda non ci si ripete mai», scherza Serena Williams ammiccando alla polemica, ormai archiviata, del presidente della Federtennis francese Bernard Giudicelli, che aveva dichiarato che la tutina nera attillata da Catwoman indossata al Roland Garros «mancasse di rispetto al gioco e al posto». Siamo già oltre. Lunedì sera, Serena si era infilata il tutù nero per le esibizioni serali dello stilista Virgil Abloh, che, se non fosse per la sua stazza imponente, la farebbe sembrare la ballerina del Cigno Nero. Un design speciale con spalla e braccio nudi e gli altri coperti. «È molto aerodinamico, facile giocarci con il braccio libero. E poi l’avevo già sperimentato in allenamento», spiega. Il vestito è più importante dell’aspetto tecnico, almeno fino a quando liquida le pratiche tennistiche, come quella della polacca Linette, in due set e poco più di un’ora di lavoro. È il suo «comeback» agli Us Open, che non vince dal 2014. Un anno fa (il 1° settembre) partoriva Alexis Olympia e ora intende recuperare lo scettro inevitabilmente sfuggitole di mano. Non sono stati mesi semplici. Un po’ di «depressione post partum» (confessata sui social per incoraggiare le altre mamme), anche perché la gravidanza era stata zeppa di complicazioni: un cesareo d’urgenza con rischio di morire per un’embolia che l’aveva inchiodata al letto per sei settimane. A Wimbledon si era spinta in finale, con la chance di raggiungere il record di Margaret Court (23 Slam) sfumata per mano della tedesca Kerber. Poco dopo a San José era incappata nella peggior sconfitta della carriera: un solo game raccolto con la britannica Konta. Rivelò di non essersi concentrata perché prima del match aveva appreso che l’assassino di sua sorella Yetunde Price nel 2003 era stato appena scarcerato. Ma ora in testa ha solo Olympia: pensieri belli. «Da quando è nata invece di rilassarmi ho ancora più fuoco dentro», ride. «Non festeggeremo il suo primo compleanno, perché siamo testimoni di Geova». Nessuna controindicazione, però, per celebrare l’eventuale 24° Slam.

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