Coppa Davis
Davis, Coric porta la Croazia in finale: Tiafoe si arrende dopo 4 ore
ZARA – Il croato piega la strenua resistenza del giovane americano che si arrende in 5 set al termine di un match rocambolesco chiuso al limite dell’oscurità: Croazia in finale per la seconda volta in 3 anni. Si giocherà in Francia la rivincita dei mondiali di calcio

da Zara, il nostro inviato
COPPA DAVIS, SEMIFINALI
CROAZIA b. USA 3-2
La doppia intervista del Direttore a Borna Coric
B. Coric (CRO) b. F. Tiafoe (USA) 6-7(0) 6-1 6-7(11) 6-1 6-3
Sembrava dovesse essere una passeggiata per i padroni di casa, invece la semifinale tra Croazia e USA è stata la classica emozionante sfida di Davis, conclusasi solo al quinto decisivo match. Alla fine i croati devono ringraziare Borna Coric, che per la terza volta in carriera (su tre) non ha tremato ed ha portato il punto del 3-2 alla sua nazionale. In realtà il n. 18 del mondo stavolta ha tremato un bel po’, dopo aver perso al tie-break il primo set ed il terzo set davanti ad un Tiafoe caricato a mille dalla clamorosa vittoria di Sam Querrey su Marin Cilic. Ma poi il n. 18 del mondo ha rimesso le cose a posto, lasciando le briciole al suo avversario negli ultimi due set, nonostante il 20enne tennista statunitense – molto stanco, abbia lottato fino all’ultimo e si sia arreso solo dopo che erano scoccate le quattro ore di gioco. Bel giocatore e grande carattere il giovane Frances, sentiremo parlare ancora molto di lui.
Onore alla squadra USA che è arrivata vicina all’impresa. Del resto il capitano croato Zeljko Krajan l’aveva detto ieri sera, in conferenza stampa, che si aspettava qualche trucchetto dell’ultimo minuto da parte del collega Jim Courier. Ma non credeva comunque che la mossa del ct statunitense potesse funzionare veramente. Ed invece Sam Querrey, sceso in campo al posto di Steve Johnson, è riuscito a confezionare una delle tipiche grandi sorprese della Coppa Davis, superando in quattro set il n. 7 del mondo Marin Cilic, con il quale fino ad oggi aveva sempre perso (gli scontri diretti erano 6-0 per Cilic). Tanti meriti da parte dello statunitense, che soprattutto con il rovescio ha fatto spesso, inaspettatamente, la differenza negli scambi da fondo. Ma sono stati maggiori i demeriti di Cilic che sognerà per diverso tempo i cinque set point consecutivi che non ha sfruttato nel tie-break del secondo parziale e che potevano portarlo in vantaggio per due set a zero. Da quel momento in poi non è stato più lui (come confermerà nel dopo partita: “Non sono più riuscito a trovare il ritmo”) ed i due parziali successivi sono stati vinti da Querrey senza particolari difficoltà. Per fortuna di Cilic, ci ha pensato Coric a ridurre il peso specifico dei suoi incubi, staccando il biglietto per la finale in terra francese.
Sarà dunque Francia – Croazia, in terra transalpina, la finale dell’ultima Coppa Davis “classica”, prima della rivoluzione voluta da David Haggerty e dal gruppo Kosmos. Per i francesi l’occasione di prendersi la rivincita della semifinale vinta due anni fa per 3-2 dalla Croazia proprio qui a Zara, nel palazzetto “Kresimir Cosic” che dista qualche decina di metri dal campo su cui si è disputata l’odierna semifinale, e conquistare l’undicesima insalatiera. I croati invece sperano di vendicare la sconfitta nella finale dei mondiali di calcio (e anche l’eliminazione agli europei di pallamano, altra sconfitta di quest’anno contro i galletti che non è andata giù da queste parti) e diventare la decima nazione a conquistare più di una Coppa Davis.
LA CRONACA – Si inizia (match inedito, non si sono mai incontrati) e su entrambi i giocatori si sente l’effetto della clamorosa vittoria di Querrey su Cilic. Tiafoe è gasato, tutta la pressione è su Coric. Il break a favore del 20enne di Orange è il risultato della partenza sprint del tennista ospite, supportato da una panchina in trance agonistica. Coric si riprende, si ricorda che è lui quello che ha già giocato 15 singolari in Davis e ha portato per due volte (su due) il punto del 3-2 e recupera il break nel settimo gioco. Ma l’esordiente (venerdì) in Davis Tiafoe fa match pari, lottando su ogni palla e supportato dal servizio (3 ace in questo primo set). La tattica studiata a tavolino con Courier è chiara: chi ha la pressione addosso è Coric, e per uno che non ha colpi mortiferi ma si costruisce i punti con una progressiva e precisa pressione da fondo, può in effetti essere difficile riuscirci in questa situazione. La tattica riesce alla perfezione nel tie-break con lo statunitense che da tre metri dietro la riga di fondo si mette ad aspettare gli errori di Coric. Che arrivano copiosi e di fila, per il clamoroso 7-0 Tiafoe. 7-6 USA dopo 53 minuti, per la Croazia che ieri era arrivata a due punti dal match nel quinto set del doppio, comincia a farsi dura.
Ma Coric ha sempre detto di essere uno che adora giocare sotto pressione e che da questo punto di vista per lui giocare in Davis è il massimo. Il brutto tie-break giocato dà la scossa al tennista croato, mentre intorpidisce un po’ Tiafoe. Parziale di venti punti a quattro per il croato, che con un doppio break si porta sul 5-0 in poco più di venti minuti. Ora la pressione da fondo di Coric si fa sentire, Tiafoe gioca un po’ troppo corto e gli lascia campo. Poco dopo il n. 18 del mondo pareggio il conto dei set. 6-1 Croazia, si va al terzo quando è passata un’ora e mezza di gioco
“Borna Borna” si sente ora rimbombare sugli spalti del Visnjik, con il 21enne zagabrese che si prende subito il break in apertura di terzo set e lo bissa nel terzo gioco. Altro parziale pesantissimo per Coric – sedici punti a quattro – che si invola sul 4-0 in venti minuti scarsi. Ora il croato sta letteralmente dominando, sballottando il suo avversario da una parte all’altra del campo. Ma deve esserci un virus oggi che colpisce i giocatori croati quando sono in vantaggio. Un piccolo calo di tensione ed un po’ di presunzione in un paio di giocate (segnale che l’allievo di Piatti deve ancora maturare un po’) lo costringono ad annullare una palla break nel sesto gioco. Ma Coric non coglie il segnale mentre Tiafoe sì e torna a rimandare di là tutto il possibile. Ed ecco il nuovo patatrac croato. Stavolta è Tiafoe ha infilare un parziale pesante, 4 giochi a zero, e portarsi sul 6-5, con la panchina USA esaltata. Coric interrompe l’emorragia e si va di nuovo al tie-break. Dove succede di tutto e cerchiamo di raccontarlo. Due rovesci lungolinea fuori di poco di Coric permettono a Tiafoe, che ora sembra lui il terraiolo nato e non sbaglia niente, di andare 3-1. Capace adesso Tiafoe di spingere lui da fondo, addirittura su quella diagonale di rovescio dove fino a poco prima si costruiva i punti il suo avversario. Ma proprio dopo essersi costruito il punto sulla diagonale sinistra, lo statunitense sbaglia sciaguratamente uno smash facile che consente a Coric di pareggiare sul 4 pari. Ora si seguono i servizi ed il primo ad avere il set point è Coric sul 6-5, grazie ad una gran prima. Tiafoe annulla bene e poi un erroraccio di rovescio di Coric gli regala il set point del 7-6. Un’altra prima e poi un lungo scambio da fondo che lo vede vincitore (nonostante sia evidente che il più teso sia lui) riportano avanti Coric, 8-7. Poco dopo, con un ace arriva il secondo set point Tiafoe sul 9-8. Coric pareggia, ma sul 9 pari il dritto (come spesso è accaduto oggi, del resto è il suo colpo meno naturale) lo tradisce. Tiafoe può giocarsi il set point col servizio a favore, ma non mette la prima e sulla seconda in kick non profonda una grande risposta di rovescio permette a Borna di raggiungerlo sul 10 pari. Ma Frances gioca bene un lungo scambio e con un dritto profondo costringe all’errore il suo avversario e si procura il quarto set point: 11-10 USA. Coric serve ed ottiene l’11 pari. Ma qui Tiafoe prende veramente tutto in uno scambio lunghissimo e alla fine è Coric a sbagliare. Eh, la pressione della Davis non è sempre piacevole da gestire. Quinto set point per Tiafoe che stavolta non si fa pregare e con un ace chiude 13-11. 7-6 USA, gli ospiti sono ad un set dalla clamorosa vittoria in rimonta.
Il quarto set vede Coric non sfruttare due palle break nel secondo game. Ma il croato pare aver resettato le occasioni sprecate nel set precedente, torna a comandare con sicurezza le operazioni da fondo come nel secondo set e la prima parte del terzo. Tiafoe invece sembra un po’ accusare il grande sforzo della rimonta nel parziale precedente. Coric si procura altre tre chance, consecutive, per strappare la battuta all’avversario nel quarto gioco. Ne basta una ed è 3-1. Gliene servono cinque (anche qui consecutive) per un altro break nel sesto gioco, con Tiafoe che almeno ora è tornato a lottare, probabilmente in previsione del quinto set. Che si materializza poco dopo, con Coric che chiude al secondo set point. 6-1 Croazia, si decide tutto al quinto set.
Set che inizia con un brivido per i tifosi croati, che erano appena tornati a farsi sentire (tanti hanno ceduto dopo più di sette ore sotto il sole, ma comunque qualche migliaio di persone c’era ancora), con due palle break a favore di Tiafoe nel secondo gioco. Ma Coric stavolta non si scompone e le annulla. Il croato sembra avere più benzina nel motore, spinge con il rovescio ed ora alza le traiettorie col dritto per giocare profondo ma senza rischi. Tiafoe lotta, ma il servizio è meno esplosivo e le risposte di Coric continuano a fare danni. Il croato si ferma su un dritto non chiamato fuori di Tiafoe ed ha ragione: palla break che converte subito dopo con un passante di rovescio per il 3-2 Croazia. Lo statunitense è un fighter, non vuole mollare e costringe l’avversario ai vantaggi nel game successivo. Ma Coric ha ritrovato il servizio e con due ace vola sul 4-2. Di fatto il match finisce qui. Tiafoe tiene ancora un servizio nel settimo game, combatte, ma non ne ha più. Quando il sole è praticamente tramontato a Zara e le ombre della sera già avvolgono il campo, Coric chiude con un altro break e può esultare dopo 4 ore e 6 minuti di gioco: 6-3 Croazia, i balcanici volano in finale contro la Francia. Riusciranno a vendicare la sconfitta di Modric e soci ai mondiali di calcio? Per saperlo, appuntamento a fine novembre in terra francese.
Il capitano Krajan in sala stampa non ha paura della finale in Francia: “La Francia è forte, l’importante è arrivare sani alla finale. L’esperienza della sconfitta di due anni fa, da favoriti, ci tornerà utile, andiamo a giocarcela. Di sicuro partite come questa rimangono nella memoria di tutti noi”. Coric non usa mezzi termini a fine match: “Questo è il momento più speciale della mia intera vita… di gran lunga”.
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S. Querrey (USA) b. M. Cilic (CRO) 6-7(2) 7-6(6) 6-3 6-4
Krajan l’aveva detto ieri sera in conferenza stampa che si aspettava qualche trucchetto dell’ultimo minuto da parte del collega Jim Courier. Ma non credeva comunque che la mossa del ct statunitense potesse funzionare veramente. Ed invece Sam Querrey, sceso in campo al posto di Steve Johnson, ha confezionato una delle sorprese tipiche della Coppa Davis. Il 30enne si San Francisco, n. 61 ATP, ha giocato un gran bel match, superando in quattro set il n. 7 del mondo Marin Cilic, con il quale aveva sempre perso fino ad oggi (gli scontri diretti erano 6-0 per Cilic, tutti su erba e cemento). Tanti meriti da parte dello statunitense, che soprattutto con il rovescio ha fatto spesso, inaspettatamente, la differenza negli scambi da fondo. Ma sono maggiori i demeriti di Cilic (“Non ero certo al mio top oggi, ero molto nervoso” dirà al termine dell’incontro), che sognerà per diverso tempo i cinque set point consecutivi che non ha sfruttato nel tie-break del secondo parziale e che potevano portarlo in vantaggio per due set a zero. Il tennista croato, in effetti, non si è più completamente ripreso dall’accaduto, ed i due parziali successivi sono stati vinti da Querrey senza particolari difficoltà. Toccherà ora a Borna Coric e Francis Tiafoe decidere chi raggiungerà la Francia in finale. Dopo il 2-0 di venerdì per i croati nessuno se lo sarebbe aspettato di arrivare a questo punto.
LA CRONACA – Pronti, attenti, via ed è 2-0 Croazia. Si pensa che sia l’inizio del previsto monologo di Cilic ed invece sul 30-0 del terzo gioco arriva la prima avvisaglia che oggi il n. 7 del mondo non è lui. Un doppio fallo e tre brutti errori consegnano il controbreak a Querrey, che non si fa pregare ed impatta subito dopo. Da segnalare che in questi primi game l’arbitro Ramos è costretto agli straordinari e deve scendere per ben quattro volte a controllare il segno della palla, correggendo due chiamate (una a favore di Cilic e una favore di Querrey). Il match è equilibrato, Querrey si tiene a galla con il servizio e con il rovescio, sfruttando su quella diagonale una certa pigrizia di Cilic nei piegamenti in questo inizio match. Il primo calo alla battuta di Querrey coincide con i primi due set point a favore di Cilic nel nono gioco. Ma è ancora il rovescio a tradire il croato (sulla seconda palla set la palla si ferma sul nastro, beffardamente) e poi Querrey pareggia con un ace. Cilic alterna colpi da top ten ad errori macroscopici, mentre il giocatore ospite fa del suo meglio e non regala. Soprattutto col rovescio infastidisce parecchio il croato, chiudendo spesso dei lungolinea vincenti che lasciano immobile il tennista di Medjugorje. Si arriva così dopo 46 minuti al tie-break, giusta conclusione di un set equilibrato. Tie-break che Cilic domina, a causa di un improvviso calo dello statunitense al servizio. Querrey non mette una prima e commette anche un doppio fallo (dopo che Ramos aveva appena richiamato il pubblico a non urlare out, dopo una seconda sulla riga del giocatore yankee). Marin si invola 5-0 e poi chiude 7-2 dopo 52 minuti. 7-6 Croazia.
Inizia il secondo set e pare che Querrey abbia dato tutto nel primo set. Ora è Cilic a comandare le operazioni da fondo: ha regolato il rovescio e di dritto spinge che è un piacere. Break a zero nel terzo gioco, con il croato che in questa fase fa quello che vuole sulla seconda di servizio dell’avversario (ad un certo punto sei punti su sei) e lascia le briciole al servizio (3 punti in 3 game di servizio). Con un paio di pregevoli palle corte il n. 61 del mondo cerca di uscire dalla asfissiante pressione da fondo di Cilic e in questa fase ha il grande merito di rimanere attaccato al match, aiutato da un servizio che ora sta tornando a supportrarlo. Ma l’aiuto più grande arriva da Cilic, che non sarebbe Cilic senza qualche improvviso blackout. Ed infatti sul 4-3 30-15, dopo un ace, si incarta e subisce un parziale di otto punti a zero, ritrovandosi sotto 4-5 0-15. Se la cava e si arriva di nuovo al tie-break, con la sensazione però che l’inerzia del match sia dalla parte degli USA. Invece è il giocatore di casa che a furia di bordate di dritto si porta in men che non si dica sul 6-1. Cinque set point consecutivi, sembra fatta: sulle tribune (meno piene di ieri, ma comunque almeno 4.000 spettatori ci saranno, nonostante il gran caldo) si grida “Portaci in Francia”. Invece – non si sa se perché inconsciamente in Francia non ci voglia andare – succede che Marin riesce a fare persino peggio che nel tie-break perso contro Nishikori nei quarti a new York (due doppi falli consecutivi in quell’occasione). Il dritto che l’aveva portato fino a lì smette di funzionare (insieme alla battuta, a dire il vero) e Querrey infila un parziale di 7 punti a zero e vince il tie-break per 8-6. 7-6 USA, incontro in parità.
All’inizio del terzo set Cilic è ancora sotto chock per come ha perso il secondo set (“Sicuramente è stato decisivo per il match. Ma in realtà da quel momento il mio nervosismo è aumentato non per il 6-1 sprecato, ma perché non trovavo più soluzioni in campo“). I due doppi falli consecutivi che commette nel terzo game lo certificano. Il pubblico sugli spalti capisce le sue difficoltà e lo incita “Marin Marin” a più riprese. Fa caldo a Zara, il sole picchia e si sfiorano i trenta gradi sulle tribune. Ma l’unico che sembra non soffrirlo è Sam Querrey che ora è indubbiamente quello che gioca meglio e che anche da fondo è quello che riesce a prendere più spesso l’iniziativa. Il break a suo favore nel quinto gioco non sorprende nessuno: Cilic è l’ombra di se stesso (“Negli ultimi due set non ho più trovato il ritmo. Ho sbagliato colpi che di solito non sbaglio, lui ha servito bene e non riuscivo a rispondere in maniera efficace”). Lo statunitense tiene ora senza problemi il suo servizio. E alla risposta spinge che è un piacere. All’ennesimo lungolinea vincente di Querrey, nel nono gioco, Cilic fracassa la racchetta e Ramos deve dare un warning (ma Cilic ovviamente non ha niente da dire: “Di solito quando rompi una racchetta l’arbitro ti dà il warning” il suo commento nel post match). Non serve però a farlo uscire dal suo buco nero. Il croato commette due doppi falli, il secondo del quale porta Querrey al terzo set point, quello che sfrutta. 6-3 USA, in vantaggio due set a uno dopo 2 ore e 32 di gioco.
Il quarto set procede senza sussulti fino al decimo gioco con entrambi i giocatori che tengono senza problemi i propri turni di battuta. Ma è evidente che è Cilic quello psicologicamente più in difficoltà: è lui quello che sbaglia di più, che non riesce ad essere consistente da fondo. E quando il gioco si fa duro, sul 5-4 Querrey, cede di schianto: un paio di brutti errori del croato, gli ennesimi, portano il 30enne di San Francisco a doppio match point. Il primo viene annullato da un vincente del tennista di Medjugorje, dopo che Ramos faceva ripetere il punto per una chiamata errata sulla prima di Cilic, ma il secondo è quello buono. Courier abbraccia Querrey, sulle tribune, con i tifosi croati increduli in silenzio, si sente ora esultare solo lo sparuto gruppo di tifosi USA. 6-4 USA e tie in parità.
Coppa Davis
Coppa Davis, Jannik Sinner “caso Nazionale”: per me è colpevole
Immagine, uguaglianza e spirito di squadra: perché pensiamo che Jannik Sinner abbia sbagliato a rifiutare la convocazione in Coppa Davis

“Sfortunatamente non ho avuto abbastanza tempo per recuperare dopo i tornei in America e purtroppo non potrò far parte della squadra a Bologna. È sempre un onore giocare per il nostro paese e sono convinto di tornare in nazionale al più presto. Un grosso in bocca al lupo ai ragazzi, ci vediamo” recitava il tweet di Jannik Sinner.
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Immagine pubblica, modelli e confronti
Nonostante la chiusura con un cuore e la bandiera italiana e il durissimo match allo US Open perso con Zverev dopo 4 ore e 41 minuti, a molti la decisione non è affatto piaciuta, una motivazione giudicata insufficiente, una scusa. Tra le critiche, ha ventidue anni, c’era più di una settimana per recuperare, e allora Djokovic, che di anni ne ha trentasei e a New York ha disputato tre match in più, eppure ci sarà? Il confronto a prima vista impietoso in realtà dimentica che Novak gioca un circuito a parte in cui si presenta quando gli fa comodo (come le regole gli permettono). Nole era ancora nella fase di riposo post-Wimbledon quando Jannik vinceva Toronto, lo slam americano è stato il suo decimo torneo dell’anno (diciassettesimo per Sinner) e avrebbe poi saltato l’intera tournée asiatica.
Nonostante tutti i distinguo elencati, pensiamo (questa e ogni altra prima persona plurale da intendersi come opinione di chi scrive) che Jannik abbia sbagliato a chiamarsi fuori. Non perché l’Italia abbia rischiato l’eliminazione (quello che è successo dopo il rifiuto qui non ci interessa) e nemmeno, a prescindere da quanto detto, dalla presenza di Djokovic. Questo secondo motivo ha invero una sua validità, poiché la percezione spesso conta quanto e più di una realtà articolata. E la percezione di molti appassionati e addetti ai lavori si è risolta in un pollice verso. In alcuni casi superando il limite (sempre a nostro avviso), con frasi come quelle apparse su Sport Week della Gazzetta: “E se Jannik Sinner, il Peccatore, chiedesse scusa del suo peccato? Non all’Italia o agli italiani ma a se stesso”.
Parliamo della programmazione sportiva di un giovane atleta, non di rappresentanti delle istituzioni che calpestano la Costituzione. Perché finché si scherza sul cognome di Jannik è un conto, ma usarlo impropriamente (Sinn in tedesco significa senso, non peccato) per montare quella che sa di stantia retorica cattolica, anche no. Al contempo, troviamo ragionevole il concetto di fondo.
Tornando alla percezione, all’immagine pubblica – oltre all’innegabile fatto che un top player è anche un modello per giovani e giovanissimi –, non possiamo non rilevarne l’importanza per un professionista, anche in forza della correlazione tra apprezzamento dei tifosi e sponsor, tanto che valutazioni commerciali possono mettersi di traverso con quanto hanno in mente coach, fisio e preparatori atletici. Citiamo solo i recenti casi di Matteo Berrettini, ancora non in condizione al Boss Open di Stoccarda, e di Emma Raducanu, che ha saltato la BJK Cup (se non rimandato gli interventi chirurgici) in favore del Porsche Tennis Grand Prix di… Stoccarda. A proposito di Berrettini, l’assenza bolognese di Jannik è stata ancor più rumorosa per la presenza in panchina di Matteo: “Il suo è stato un comportamento da leader” ha commentato il presidente della FITP Angelo Binaghi.
Uno per tutti, tennis per uno
A favore della scelta di Sinner, l’obiezione per cui il tennis è uno sport individuale: il giocatore rappresenta sé stesso e decide il meglio per la propria carriera. Forse a un calciatore del Napoli non importa della propria carriera solo perché durante quei novanta o quaranta minuti passa (o non passa) la palla a un compagno libero? Calciatori, cestisti, pallavolisti, tutti possiedono verosimilmente il cosiddetto “spirito di squadra”, caratterizzato dal senso di appartenenza, dalla condivisione degli obiettivi, dalla cooperazione. Però, la squadra che si nutre di questo spirito è l’Inter, è la Virtus, è il Modena Volley, non la nazionale. Dopotutto, se il pallavolista gioca lo stesso sport che si tratti di Serie A o Mondiali, lo stesso vale per il tennista in un torneo individuale o in un incontro a squadre: Musetti era in campo da solo allo US Open ed era in campo da solo a Bologna in Davis. E, probabilmente, rappresenta più l’Italia uno dei nostri tennisti in giro per il Tour che un club del pallone in Coppa dei Campioni. Non si chiama più così? Sta’ un paio d’anni senza seguire il campionato e ritrovi un altro mondo.
Al passo con i tempi
Senza dunque grosse differenze a seconda che in campo ci siano uno o più atleti, la convocazione dovrebbe in ogni caso essere percepita come un onore: scelto per rappresentare tutti i giocatori, dagli amatori a salire, e, in ultima analisi, il Paese stesso di fronte al mondo. Se l’obiezione è, sai che sorpresa, sono il più forte di tutti, in genere le primedonne non riscuotono i favori del grande pubblico. Ma ci torneremo.
Prima è necessario considerare anche la possibile diversa percezione di questo onore tra le nuove generazioni. Perché il fatto che le critiche più aspre siano arrivate da Adriano Panatta e da Nicola Pietrangeli, il capitano della “Squadra”, quella che ha vinto la Coppa Davis nel 1976, fa nascere questo dubbio. Qui però si corre il rischio di generalizzare, di nascondere “tutte le facce dietro una sola, che è quella dei sondaggi di opinione: i giovani qua, i giovani là, i giovani un gran paio di maroni” (citazione a memoria di Ligabue, 1995) e non possiamo fare molto più che interrompere l’allenamento dei ventenni con cui condividiamo la palestra per scoprire che preferirebbero giocare nel Milan (o quella che è) che nella Nazionale. Resta vero, e lo riconoscono gli stessi Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli, che il calendario e le priorità sono cambiate rispetto a quei tempi. Quando c’era ancora la mezza stagione, signora mia.
Restando in tema di (bei?) tempi andati, c’è poi la scusante “non è più la Davis di una volta”, quindi a chi importa se ci va o no. Perché regga, però, non può essere immaginata, vale a dire che il tennista di turno lo deve dichiarare, “questo formato è una schifezza, rifiuto di esserne parte”. Novantadue minuti di applausi, poi succeda quel che succeda.
Regole: per molti ma non per…
Dallo Statuto FITP 2023: “Gli atleti selezionati per le rappresentative nazionali sono tenuti a rispondere alle convocazioni e a mettersi a disposizione della FITP, nonché ad onorare il ruolo rappresentativo conferito” (art. 10, c. 2). La violazione della norma prevede che siano “puniti con sanzione pecuniaria e con sanzione inibitiva fino ad un massimo di un anno” (Regolamento di Giustizia, art. 19, c. 1). In caso di sanzione definitiva, stessa punizione per il coach (c. 3).
Ammettiamo di non aver letto l’intero Statuto neanche ai tempi dell’esame da ufficiale di gara e non possiamo quindi escludere l’esistenza di un’eccezione. Il riferimento è alle parole “assolutorie” di Angelo Binaghi: “Se l’obiettivo continua ad essere, e deve continuare ad essere, quello di vincere gli Slam – il giorno in cui questo mostro che si chiama Djokovic che tra tre, quattro anni avrà circa quarant’anni e giocherà un po’ meno – bisognerà farsi trovare pronti […]. Dunque, in questi casi bisogna fermarsi.”.
Una disparità di trattamento che non può e non deve essere legittimata, non solo in quanto l’uguaglianza di fronte alle regole è un principio basilare, bensì perché rischia di minare il citato spirito di squadra e la passione per la rappresentativa azzurra, arrivando a far percepire il “giustificato” come una primadonna che impone e antepone i propri capricci ai compagni.
Tra l’altro, se il metro di giudizio che vogliono vendere è “chi potrebbe vincere Slam fa quello gli pare”, sarebbe quantomeno opportuno che venisse delegato uno bravo a fare previsioni, dal momento che Simone Bolelli, nel 2008 oggetto di pubbliche ire binaghiane per il suo “no” alla convocazione, uno Slam l’ha poi vinto. Mentre Sinner (con quelli della sua generazione) è stato invero certificato dal proclama federale al pari dei componenti della Lost Generation e degli Original Next Gen: tennisti che per vincere titoli pesanti altro non possono fare che attendere il ritiro dell’essere mitologico chiamato Big 3, pur rimasto con una sola testa.
Fraintendimenti faziosi
Anche se non dovrebbe esserci bisogno di chiarirlo, tifare per la nazionale o sentirsi onorati di vestirne i colori nulla ha a che fare con il peggior lato del nazionalismo, che invece di bearsi dell’unicità della propria nazione la ritiene superiore a tutte le altre, quel nazionalismo che ha portato alle relative dittature del secolo scorso e alla seconda guerra mondiale, quell’ideologia che ora ritrova nuova linfa anche grazie alle risposte ignoranti (al)le sfide della globalizzazione e del nuovo millennio. No, sperare che la rappresentativa del proprio Paese vinca i mondiali di pallavolo, gli ori alle Olimpiadi, la Coppa Davis, così come credere che Jannik abbia sbagliato a rifiutare la convocazione, non c’entra nulla con quanto sopra e con il Deutschland über alles urlato dagli spalti a Zverev (gran presenza di spirito da parte di Sascha nella reazione, peraltro).
Perché, parlando con un amico, una persona può scherzare sul proprio figlio, definirlo anche un po’ scemo, ma mai accetterebbe che a chiamarlo così fosse l’altro. Allo stesso modo, quando Pietrangeli parlando “in generale” ha avuto quell’uscita infelice, quel “se non sei fiero di giocare per il tuo Paese fatti fare un certificato medico fasullo” all’interno di un discorso altrimenti sensato – condivisibile o meno, siamo qui per questo –, noi possiamo spingerci nella satira dicendo che quel certificato è forse il vero simbolo dell’italianità. Ma se ce lo rinfacciassero un francese, un russo, un americano, beh, non gliele manderemmo a dire.
In conclusione, a dispetto degli infiniti episodi di becera quotidianità, non viviamo nel caos e accettare con entusiasmo la convocazione significa anche rappresentare un ideale di cooperazione alla cui altezza nessuno di noi è in grado di vivere. Per questo, pur rifiutando la dicotomia innocentisti/colpevolisti, soprattutto nella parte in cui si addossano colpe, riteniamo che Jannik abbia sbagliato. E che Volandri sbaglierebbe se lo chiamasse per la fase finale di Malaga. Poi, il 2024 è un altro anno.
Coppa Davis
Coppa Davis: Italia in orbita Djokovic in campo il 23 novembre contro l’Olanda
Si comincia martedì 21 novembre con Canada contro Finlandia. La sfida tra gli azzurri di capitan Volandri e i Paesi Bassi giovedì 23 dalle 10 di mattina

Ufficializzato il programma della fase finale di Coppa Davis che si disputerà a Malaga dal 21 al 26 novembre. Ad annunciarlo l’International Tennis Federation che ha reso noti orari e date dei quarti di finale.
Gli azzurri scenderanno in campo contro l’Olanda giovedì 23 novembre. Difficile fare previsioni sulla squadra che avrà disposizione capitan Filippo Volandri per l’ultimo tassello importante della stagione. In orbita Italia ci sarà Novak Djokovic che difenderà i colori della Serbia opposta alla Gran Bretagna di Andy Murray a Daniel Evans. Le vincenti di queste due sfide si affronteranno sabato 25 novembre.
Si comincia martedì 21 novembre al Palazzo dello Sport “Josè Maria Martin Carpena” dove si sfideranno Canada e Finlandia, rispettivamente vincitrice del Gruppo A e seconda del Gruppo D la scorsa settimana. Le due squadre daranno il via alle Final Eight di Coppa Davis. Anche per quanto riguarda i canadesi, non è semplice prevedere chi schiereranno. Riusciranno a recuperare Denis Shapovalov? Qualche progresso fisico lo farà Felix Auger-Aliassime? Nel frattempo il Canada ha potuto applaudire Gabriel Diallo, dotato di un ottimo servizio e che domenica compirà 22 anni.
Il giorno successivo, il 22 novembre, l’Australia, capeggiata da Lleyton Hewitt se la vedrà con la Repubblica Ceca. Alex de Minaur è apparso in gran forma e pronto a trascinare con Thanasi Kokkinakis la sua squadra. Per i cechi occhi puntati sul giovane Jiri Lehecka.
La vincente di questi due incontri scenderà in campo venerdì 24 novembre per la semifinale di Coppa Davis.
La finalissima si terrà domenica 26 novembre.

Coppa Davis
Coppa Davis, quote antepost: Serbia e Italia le grandi favorite, poco dietro l’Australia. Finlandia come cenerentola?
A due mesi dalle Finals di Malaga, gli azzurri e il team di Nole i principali indiziati alla vittoria finale

I pronostici son fatti per essere sbagliati, recitava una vecchia massima. E se si sbagliano previsioni fatte il giorno stesso, si provi ad immaginare cosa può succedere se questo giochino lo si fa con due mesi di anticipo. Le Final Eight di Coppa Davis, in quel di Malaga, inizieranno infatti il 21 novembre, una data che sembra lontana anni luce, e che potrebbe essere preceduta da vari cambiamenti in corso d’opera. Specie se si parla di una competizione a squadre, in cui tanto è importante la forma, e soprattutto la presenza, dei singoli. Basti pensare, come esempio, alla Serbia: favorita principale alla vittoria finale, quotata in maniera unanime a 3,50 su Efbet, Snai e Better. Dando, è chiaro, per scontata la presenza in campo di Novak Djokovic. Opzione certamente probabile, visto il legame del n.1 al mondo con la propria nazione, ma da qui a due mesi gli stravolgimenti che potrebbero esserci, in uno sport come il tennis, sono davvero difficili da calcolare. E una Serbia senza Nole non sarebbe certamente la prima favorita…ma neanche la seconda. E anche le speranze italiane, per intenderci, sono legate a doppio filo a ciò che deciderà Jannik Sinner, oltre che alla nazionale balcanica stessa, eventuale avversaria in semifinale.
Consapevoli delle tante variabili intervenienti da qui al 21 novembre, analizziamo le probabilità di vittoria, secondo i bookmakers, delle otto nazioni che hanno strappato il biglietto per l’Andalusia. Detto della Serbia, la seconda favorita è la nostra Italia, forte della squadra (se al completo) probabilmente più varia e ricca di talento tra singolare e doppio, capace di reggere tanti impegni in pochi giorni, e decisamente davanti ad un “ora o mai più”. La seconda insalatiera della storia azzurra è a 4,00 su Snai ed Efbet, 5,00 su Better, l’unico sito che dà più chance all’Australia. I canguri, finalisti uscenti e 28 volte vincitori (ma il trofeo manca dal 2003), sono quotati a 4,00 contro il 5,00 degli altri due siti, accreditandosi quindi come terza favorita alla vittoria finale. Una certezza come De Minaur, un cavallo pazzo come Kokkinakis e il doppio Ebden-Purcell, insieme allo spirito che contraddistingue gli australiani quando vestono la maglia della propria nazionale, sono affermazioni di certo valide per giocare un ruolo da protagonisti a Malaga. Certamente anche l’accoppiamento è di favore: dopo l’esordio con l’onesta Repubblica Ceca, gli Aussies troveranno la vincente di Canada-Finlandia, mentre le due principali rivali, dovessero battere Olanda e Gran Bretagna, si stancherebbero a vicenda in semifinale.
Snai | Efbet | Better | |
Serbia | 3,50 | 3,50 | 3,50 |
Italia | 4,00 | 4,00 | 5,00 |
Australia | 5,00 | 5,00 | 4,00 |
Canada | 6,00 | 6,00 | 5,50 |
Gran Bretagna | 6,00 | 6,00 | 5,50 |
Repubblica Ceca | 15,00 | 15,00 | 16,00 |
Olanda | 20,00 | 20,00 | 21,00 |
Finlandia | 25,00 | 25,00 | 31,00 |
Proprio i britannici, insieme ai campioni uscenti, sono la quarta forza secondo le quote, uguali per le due nazioni: 6,00 su Snai ed Efbet, 5,50 su Better, seppur con sottili differenze. Chiaramente ci si aspetta un Canada al completo, con singolaristi Auger-Aliassime e Shapovalov, contro l’ “ultima ruota del carro“, la sorprendente Finlandia. Nonostante le belle prestazioni di Diallo e Galarneau, infatti, saranno necessari coloro che hanno portato alla vittoria dello scorso anno per provare a progredire di nuovo. Ed è chiaro che questo è il pensiero dei bookmakers. La Gran Bretagna, dal canto suo, dispone di tanti ottimi singolaristi e un doppio di livello, senza possedere grandi acuti, ma tanto spirito di squadra. L’ostacolo Serbia sarà ripido, ma se Norrie, Evans, Skupski e Murray (entrambi preferibilmente) ci saranno, al loro top, ecco come la quota dei britannici appare tutt’altro che da buttare.
Veniamo infine al capitolo sorprese, quelle nazioni che “ma come, sono ancora in gara?“. La Repubblica Ceca è, tra tutte, l’unica ad arrivare alle Final 8 con nove vittorie su nove incontri nella fase a gironi, e con uno dei giocatori più intriganti del circuito, Jiri Lehecka. Per il resto, tanti buoni mestieranti e il talentino Mensik, pronto a mettersi ancora di più in mostra. Il sorteggio l’ha posta all’esordio contro l’Australia, avversario ostico ma non imbattibile, e non a caso le quote dei cechi sono le “più basse”, se confrontante a Olanda e Finlandia: 15,00 su Snai ed Efbet, 16,00 su Better. Gli olandesi, che debutteranno contro gli azzurri nel quarto più sbilanciato (sulla carta), sono la classica squadra che, a causa di un pessimo sorteggio, potrebbe dover accontentarsi della gloria: una prima, storica Davis, con l’obbligo di disporre di un Van de Zandschulp versione 2022 e il poter schierare Koolhof-Rojer in doppio, è a 20,00 su Snai ed Efbet, 21,00 su Better.
Questi ultimi propongono la quota più alta in assoluto, pagando 31 volte la posta la vittoria finale della Finlandia, contro il 25,00 delle altre due. Ruusuvuori, Virtanen e Heliovaara sono già eroi in patria, questa prima volta tra le migliori otto al mondo è di per sé un sogno. Ma saranno anche coloro che giocheranno col cuore più leggero, contro un’avversaria che delle prime quattro sulla carta è più in difficoltà. E, con l’entusiasmo della maglia azzurra, e guardando alla stagione finora trascorsa, i due finnici possono battere anche talenti appannati come Auger-Aliassime e Shapovalov. E scrivere una delle più belle favole del tennis recente. Appuntamento tra due mesi a Malaga: il conto alla rovescia è partito.