Federer più forte dello spavento e delle polemiche (Crivelli). La guerra dei soldi intasa il calendario (Semeraro). Federer padrone (Azzolini)

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Federer più forte dello spavento e delle polemiche (Crivelli). La guerra dei soldi intasa il calendario (Semeraro). Federer padrone (Azzolini)

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Federer più forte dello spavento e delle polemiche (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La paura non fa per gli eroi. In cinque giorni, Federer al Masters passa dall’orlo dell’abisso alla qualificazione come primo del suo girone, prendendosi la rivincita su Anderson, che lo ha battuto una volta sola ma era quella dolorosissima dei quarti di Wimbledon a luglio. Stavolta Londra sorride al Re, che tra l’altro dovrebbe aver evitato il pericoloso incrocio con Djokovic. La 15^ semifinale su 16 partecipazioni riporta Roger al centro del villaggio tennistico ma non lo protegge dalle polemiche divampate proprio alla vigilia del Masters dopo un’intervista radiofonica di Julien Benneteau, appena ritiratosi. Il francese non l’ha toccata piano: «Federer è un’icona, ma nei grandi tornei riceve trattamenti di favore nella programmazione. Da quando promuove la Laver Cup ci sono conflitti di interessi inquietanti. Nell’organizzazione di questo evento c’è Crag Tiley, il boss dell’Australian Open, che è pagato dall’agente di Roger. Guarda caso Federer ha giocato 12 delle sue 14 partite degli ultimi due anni nella sessione serale, quando le temperature sono più fresche. E lo stesso è accaduto quest’anno a New York con il nuovo Louis Armstrong». Federer è stato immediatamente difeso dagli altri Maestri a Londra («Si è meritato i favori») e non ha voluto replicare: «Non mi sento dell’umore di discuterne durante le Finals, sinceramente. Julien è un bravo ragazzo, lo conosco da quando eravamo juniores, penso che tutto sia stato decontestualizzato». Le parole di Benneteau, tuttavia, toccano in profondità il nervo scoperto degli intrecci economici che nei prossimi mesi rischiano di far esplodere gli equilibri del tennis professionistico. Ieri, l’Atp ha lanciato la nuova Atp Cup, evento a squadre che a gennaio 2020 prenderà il posto della vecchia World Team Cup. Nell’organizzazione è coinvolto sempre Tiley, che ha rinunciato come numero uno della federazione australiana a tre appuntamenti storici (Hopman Cup e i tornei di Sydney e Brisbane) per garantire dieci giorni pieni alla competizione. Che ha un format praticamente uguale a quello della Davis rinnovata targata Kosmos-Piqué: 24 nazioni suddivise in sei gruppi (in tre città) con otto squadre qualificate dai round robin. Ci saranno fino a 5 giocatori in ogni squadra e le sfide si disputeranno su due singolari e un doppio, con un montepremi di 15 milioni di dollari e 750 punti per i vincitori. E’ evidente la rotta di collisione tra Atp e Itf, la federazione internazionale che gestisce gli Slam e la Davis. I giocatori da tempo chiedono più potere sulla programmazione e soprattutto calendari meno compressi e sono sostanzialmente contrari a due eventi simili nel giro di sei settimane, a detrimento ovviamente della Davis, che non è organizzata da loro, arriva a fine anno e non dà punti per la classifica. Djokovic e Zverev in questi giorni hanno già detto a gran voce che si gioca troppo, di fatto schierandosi per una stagione più corta e indirettamente contro la nuova Davis.


La guerra dei soldi intasa il calendario (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Una nuova guerra del tennis è scoppiata, il Giorno del Giudizio è atteso per il 2020 ma gli ex gesti bianchi, ormai più simili a una lotta fra manager impazziti, sono attesi da un anno abbondante di polemiche, veleni e ostilità diffusa. Non il clima migliore per prepararsi al post-Federer e al post-Nadal, a cui molti guardano come il medioevo tennistico prossimo venturo dopo l’Età dell’oro di cui stiamo vivendo il tramonto. L’Atp ieri ha infatti annunciato la nascita una nuova gara a squadre, la Atp Cup, una versione rinnovata della vecchia World Team Cup, con un montepremi di 15 milioni di dollari e in palio 750 punti Atp. Il format prevede la partecipazione di 24 squadre divise in sei gironi, si giocherà fra il 3 e il 12 gennaio in tre città australiane (Perth, Brisbane e Sydney), come antipasto degli Australian Open e due mesi dopo la fase finale della prima edizione della nuova Coppa Davis. Facile capire che la Atp Cup si propone come una specie di anti-Davis, ricca di denaro e soprattutto di punti validi per la classifica mondiale. Aggiungete che a settembre da due anni si gioca una terza gara a squadre, la Laver Cup, finanziata fra gli altri anche da Roger Federe e capirete il caos che incombe, senza contare che  Piquè vorrebbe organizzare anche un altro scempio battezzato Majesty Cup: tabellone di 64 giocatori, il vincitore si prende un montepremi da 9  milioni di dollari, tutti gli altri non incassano un centesimo. Ma il tennis ha davvero bisogno di questa follia organizzativa? «No, non è una grande situazione per il nostro sport – ha ammesso Novak Djokovic, che ieri ha ribadito il suo sostegno all’Atp Cup e difeso le ragioni della Laver Cup. «Non è sostenibile avere due gare a squadre così vicine. Dopo gli Us Open avremo i tornei di fine stagione, poi la Laver Cup, la Coppa Davis e la Atp Cup: troppe gare». Il calendario del tennis è ormai zeppo di eventi, ufficiali e no, che rischiano di trasformarsi in flop. La verità è che federazione internazionale e i due sindacati stanno perdendo la bussola, e invece di badare ai compiti istituzionali vogliono diventare promoter e organizzatori. I giocatori, dal canto loro, spesso fingono di pensare al bene del tennis ma in realtà puntano al grano. Quando Serena Williams e Roger Federer vinsero la prima volta Wimbledon, nel 2003, guadagnarono rispettivamente poco più di 700.000 e quasi un milione di dollari. I campioni di quest’anno hanno intascato 3 milioni di dollari. II boom dovuto all’epopea di Federer, Nadal, Djokovic e delle sorelle Williams ha gonfiato montepremi e portafogli, e il risultato è che oggi anche un talento incompiuto come Kyrgios per giocare la Laver Cup becca 750.000 dollari, e che Sascha Zverev, ancora a secco di veri successi, può permettersi di giocare svogliatamente al Masters lamentandosi del superlavoro. Ma una volta pensionata con tutti gli onori la premiata ditta Roger-Rafa siamo sicuri che la bolla non scoppierà, lasciando sul campo calcoli sbagliati ed esagerate ambizioni?


Federer padrone (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Kei toglie, Kei dà… Kei nel senso di Nishikori, chiave di volta della corsa alla semifinale dei giocatori del gruppo “Hewitt”. Domenica il nipponico stava chiudendo a chiave la porta in faccia a Federer, per poi riaprirla martedì per consegnarsi ad Anderson ed arrivare a dimenticare (ieri) la porta spalancata per il passaggio di Thiem, che finalmente vince la sua prima partita in questo suo terzo Master. A metà pomeriggio della giornata più difficile per Roger Federer, in bilico sul burrone di una possibile eliminazione nel girone d’avvio, tutto sembra risolto. Roger segna 21 game già vinti (e 18 perduti) e dunque gliene bastato 5 per pareggiare Thiem, che ha comunque sconfitto, e 6 per superarlo. Può Federer non trovare per strada sei game contro Anderson, anche perdendoci? Si va in campo con questi presupposti, e a Federer il compito di dare al match l’importanza che merita, racimolare in fretta ciò che gli serve e decidere poi se allenarsi, oppure dare battaglia ad Anderson, nel ricordo dello smacco subito cinque mesi fa a Wimbledon: 13-11 al quinto set, prima e unica vittoria del sudafricano nei cinque testa a testa giocati fino a ieri. Il Master è da sempre il torneo più strambo che esista, il più umorale. Non dà per scontata la morte sportiva dei suoi protagonisti, quando vengono sconfitti, come accade in qualsiasi altro torneo della tradizione tennistica, ma non si ferma qui, e attraverso l’intreccio che si viene a creare all’interno dei gironi, trasforma il tennis in un gioco da pallottoliere. Il Federer che corre dietro a sei game, lui che ha vinto 99 tornei in carriera, fra i quali spiccano 20 Slam, 27 Masters 1000 e 6 Atp Finals, è un’immagine da “ho visto cose che voi umani non potreste neanche immaginare”. Il Federer andato in campo ieri è il parente bello del tennista titubante e senza spina che si è fatto battere domenica sera da Nishikori. E infatti trova il modo di arrivare presto alla meta. Due set e via, con il primo posto nel girone, grazie a un sorpasso spericolato. E ora Djokovic toccherà ad Anderson. Così impara a battere Federer nei quarti a Wimbledon…

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