Lille, caccia all’ultima Davis. La Francia aspetta la Croazia (Cocchi). L’ultima finale di Davis. Come uccidere un mito per il tennis-business (Lombardo). Starace: “Il tennis ora è il mio incubo” (Lobasso)

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Lille, caccia all’ultima Davis. La Francia aspetta la Croazia (Cocchi). L’ultima finale di Davis. Come uccidere un mito per il tennis-business (Lombardo). Starace: “Il tennis ora è il mio incubo” (Lobasso)

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Lille, caccia all’ultima Davis. La Francia aspetta la Croazia (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Ultima fermata, Lille. Oggi allo stadio Pierre Mauroy la Francia campione in carica ospita la Croazia per la prima giornata della finale di Coppa Davis. L’ultima Davis «old style», con tabellone classico e match in casa o in trasferta. Dal prossimo anno si cambia: qualificazioni a febbraio e una settimana di finali a novembre. Un format, quello introdotto dalla Kosmos di Piqué ma votata comunque dall’assemblea della federtennis internazionale, che piace a pochi perché allunga di un’altra settimana la già lunga stagione del tennis. Yannick Noah, capitano della Francia e vincitore della Davis  sia da giocatore che da tecnico, e tra i principali detrattori della novità, si presenta oggi con una squadra senza fenomeni, ma spinta dallo spirito di squadra. Jeremy Chardy e Jo Tsonga, preferito a sorpresa a Pouille, sono i due singolaristi schierati per i singolari della prima giornata. Chardy, n. 40 al mondo e chiamato in squadra dopo il forfeit per infortunio di Gasquet, affronterà nel primo match Borna Coric mentre Tsonga, precipitato al n. 259 del ranking per aver saltato quasi tutta la stagione per infortunio, se la vedrà con Marin Cilic. Noah ha scelto Chardy per le sue doti di attaccante: «Ho l’impressione che in Davis, chi attacca poi vince e Jeremy è un grande attaccante». Coric, anche se al momento è più alto in ranking, (12 contro 40), non si sente favorito contro il francese, alla prima finale: «Siamo 50 e 50 — ha spiegato il 22enne che si allena da Riccardo Piatti —, ho perso due volte contro Chardy e l’ultima proprio sulla terra». L’esclusione di Pouille dai singolaristi a favore di un giocatore come Tsonga è parsa piuttosto azzardata. Il capitano francese, che lascerà la panchina ad Amelie Mauresmo dopo la finale, non è nuovo a colpi di testa: «Non è mai facile operare delle scelte — ha detto dopo il sorteggio —, questa è stata molto difficile. La forza di questa squadra è avere tre atleti perfettamente in grado di giocare in singolare». Lo Tsonga di questi ultimi tempi, tornato in campo soltanto a settembre dopo 7 mesi fuori per un problema al ginocchio destro, è nettamente sfavorito contro un Cilic reduce dalle Finals di Londra. Sembra però che il capitano sia rimasto ben impressionato dalla forma di Jo durante gli allenamenti. E il giocatore ha confermato: «Quando stavo male e facevo fisioterapia l’unica cosa che riusciva a motivarmi era il pensiero dei momenti stupendi che avrei passato in campo. E tra questi c’era sicuramente la Davis».

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L’ultima finale di Davis. Come uccidere un mito per il tennis-business (Marco Lombardo, Il Giornale)

Oggi a Lilla quella tra Francia e Croazia sarà l’ultima finale di Davis, un trofeo nato nel 1899 dalla mente di Dwight F. Davis – uno studente di Harvard – per la sfida tra Gran Bretagna e Stati Uniti: Dwight progettò la formula, comprò la coppa d’argento di tasca sua e la mise in palio allo scoccare del Ventesimo Secolo. Dal 1900 ad oggi la sua coppa è stato il simbolo di uno sport che il resto dell’anno è il più egoista di tutti, e che invece adesso diventa improvvisamente una disciplina per patrioti, spinti in realtà dall’egoismo del denaro. Perché il fatto è proprio questo: nonostante tutto quello che ci hanno raccontato Gerard Piquè (il giocatore del Barcellona che ha guidato la cordata d’affari che ha cambiato le regole) e la Federazione internazionale, la Coppa Davis muore definitivamente in questo weekend. Quella che avrà il suo nome è solo un’illusione. Non è questione di nostalgia: lo sport si evolve e ormai si regge su un business che dà molto e chiede sempre di più. Ma questo non significa dover per forza uccidere la tradizione facendo finta che non sia successo nulla. Perché dietro alla (cosiddetta) nuova Coppa Davis, si nasconde una battaglia economica e politica che rischia di far saltare il banco. In pratica, si dice: la Davis cambia perché i big non erano più tanto interessati a distrazioni nel calendario personale; perché perdere tempo per la nazione non portava né montepremi, né punti. Adesso invece che intorno girano tanti soldi e tanti interessi, ecco che all’improvviso diventa un indispensabile campionato internazionale a 18 squadre che dura una settimana a settembre in sede unica (con un prologo a febbraio e comunque tutto due set su tre). Ecco che addirittura l’Atp rilancia con una competizione del genere a gennaio, ed ecco che poi al calendario si è già aggiunta la Laver Cup voluta da Roger Federer (Europa contro Resto del Mondo). L’appartenenza, dunque, diventa improvvisamente di moda. E in tutto questo spunta sempre lo stesso nome: Craig Tiley, direttore dell’Australian Open, promotore dell’Atp Cup e consulente per la Laver Cup. Una specie di semaforo (molto ben pagato) all’incrocio tra la Federazione internazionale e l’associazione giocatori. Insomma: la coppa Davis era 3 su 5 su campo per niente neutro e il tifo caciarone. Quest’altra cosa sarà una splendida esibizione a cui i big del tennis parteciperanno perché la relativa perdita di tempo varrà il ricavo finale. Anche se, in realtà, l’Atp Cup rischia di uccidere tutto, perché i giocatori lì hanno in mano tutto il banco. E mentre Djokovic, Nadal, Federer e i nuovi fenomeni della Next Gen fiutano l’aria e prendono posizione ma non troppo, in mezzo resta il tennis e la passione dei tifosi. E il ricordo di un tennista che acquistò un trofeo con i suoi soldi giusto per il piacere di partecipare.

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Starace: “Il tennis ora è il mio incubo” (Marco Lobasso, Il Mattino)

Tre assoluzioni, due per la giustizia sportiva e una per quella ordinaria, eppure l’incredibile storia di Potito Starace, invischiato da oltre quattro anni in uno scandalo di scommesse sportive internazionali suo malgrado, non è finita, anzi. Una nuova pagina si è aperta dopo la durissima sentenza di primo grado ufficializzata dalla Tennis Integrity Union (Tiu), l’organo investigativo internazionale. Impensabile, dopo tre sentenze di assoluzione. La storia del tennista di Cervinara, oggi 37enne e fuori dal tour professionistico, è diventata un vero e proprio film horror. Dieci anni di squalifica e 100mila euro di multa: perché un tale accanimento su Starace? «Non me lo spiego, non riesco a capire. Mi hanno già distrutto tante volte eppure sono ripartito e ho sempre dimostrato la mia innocenza. Ma questa volta è troppo. Un giudice americano della Tiu aspetta i risultati dei miei procedimenti penali, sono assolto con formula piena, dopo essere stato assolto anche dalla giustizia civile e lui che fa? Istruisce comunque il processo e con le stesse carte e gli stessi documenti che hanno portato alle mie assoluzioni, mi condanna. Questo è un incubo. Questo giudice si chiama Richard McLaren. Mi riconosce colpevole di match-fixing e di aver facilitato le scommesse relative a un incontro del torneo Atp di Barcellona del 2011. Questo nonostante le mie tre precedenti assoluzioni con formula piena. Anche la procedura è terribile: dicevano di voler attendere l’esito del processo penale di Cremona. Dopo la mia assoluzione pensavo che tutto fosse finito, invece mi arriva una mail che il Tiu avrebbe cominciato comunque l’indagine, poi il processo e la nuova condanna, in tempi e modi che ritengo allucinanti». Nella sentenza si parla dell’ormai famoso match Starace-Gimeno Traver del 2011 a Barcellona, con Bracciali che avrebbe organizzato la combine, assicurandosi che Starace accomodasse il match. «Voglio parlare del mio caso non degli altri: ricordo a tutti, comunque, che sia in sede sportiva sia in sede penale questa ricostruzione è stata smontata e ha portato alla mia doppia assoluzione. La giustizia penale italiana mi ha assolto perché il fatto non sussiste dall’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. Ero accusato con Bracciali di aver “truccato” vari match. Tutto evidentemente falso». E adesso che farà? «Non mi arrenderò. Il 14 dicembre sarò a Losanna con i miei avvocati per presentare il ricorso in appello al Tas, il Tribunale Arbitrale dello Sport. Il prossimo anno sarà decisivo perché questo è davvero l’ultimo stadio. Se dimostrerò la mia innocenza e la mia estraneità ai fatti anche al Tas, come ho già fatto in tutte le altre sedi, allora questa storia sarà davvero finita».

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