Piccoli passi verso la rivoluzione: i '1000' avranno lo shot clock

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Piccoli passi verso la rivoluzione: i ‘1000’ avranno lo shot clock

Introdotto la scorsa estate, confermato agli US Open. Dal 2019 lo shot clock arriva sarà implementato nei tornei più importanti. E non è l’unico step verso una nuova versione del mondo ATP

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In principio era il rigore. La compostezza dei gesti in campo e sugli spalti, il silenzio durante il gioco, la seraficità di giocatori, arbitri e spettatori. Il tempo, però, insieme con la non trascurabile rilevanza del denaro che sempre più ha iniziato a pesare con il passare degli anni, ha imposto nuove necessità e nuove regole, che da non scritte si sono e si stanno trasformando in codice vero e proprio. Il tennis cresce e matura, paradossalmente rincorrendo sempre nuove giovinezze dimenandosi con orgoglio tra le spire di una tradizione a tratti vetusta, e lo fa ritagliandosi nuovi abiti (meglio dire accessori forse) per piacere ai nuovi adepti e ai nuovi sponsor. Le richieste televisive hanno alla fine divelto il chiavistello dei long set negli Slam, arrivando a una grottesca frammentazione in quattro soluzioni differenti; e anche i tempi di gioco, ormai, sono destinati alla rivoluzione sulla scia di quanto visto nell’ambiente giovane per antonomasia, le Next Gen Finals.

Il nuovo logo è stato in realtà un minimo ritocco facciale. L’ATP Tour si è rifatto il trucco nel profondo, andando a scardinare gli ancoraggi più arrugginiti, e dal prossimo (veramente prossimo) anno si vedranno i cambiamenti maggiori. Non del tutto nuovi, comunque: si tratta dello shot clock, i 25 secondi di cronometro che separeranno un punto dall’altro in tutti i Masters 1000, dopo l’esordio Major del 2018 agli US Open (era già stato introdotto a Toronto e Cincinnati). Sarà una misura obbligatoria per tutti gli ex Super 9, su tutti i campi e qualificazioni comprese. Le opinioni dei big sull’argomento sono cosa nota, ciascuno munito di secchio per tirare acqua al proprio mulino; sta di fatto che, numeri alla mano, lo shot clock non pare aver invertito alcun ordine di valori in campo o fatto pendere i bracci della bilancia in modo anomalo. Sarà raccomandato e proposto ai tornei di ogni ordine e grado, ma per le categorie minori rimarrà facoltativo fino al 2020, quando invece diventerà parte dei requisiti obbligatori per gli eventi ATP.

Si respira dunque l’aria di un cambiamento volto forse più all’ottenimento di maggiore audience che di maggior qualità del prodotto, sebbene l’una potrebbe fare da traino all’altra (come spesso accade viceversa). E il treno delle novità coinvolgerà anche il doppio, disciplina nobile andata negli anni accontentandosi di un ruolo da comprimaria, a essere fortunati. Forti di un lavoro pseudosindacale che va avanti da una decina d’anni ormai, i doppisti hanno finalmente ottenuto concessioni importanti per poter divulgare la variante del tennis in coppia, a partire dal campo di partecipazione ai tornei. Dal 2019, infatti, tutti i Masters 1000 allargheranno il numero di team partecipanti dalle usuali 24 a 32, come già visto nelle ultime stagioni a Indian Wells e Miami, con tre wild card concesse rispetto alle due del passato. Uno sforzo significativo per riportare in auge un lato della racchetta andato oscurandosi, a causa soprattutto delle scelte dei top players che raramente vi si dedicano se non in occasioni particolari (vedasi le Olimpiadi, che nel 2008 e 2016, in doppio, hanno visto iridati prima Federer poi Nadal).

Questione di visibilità, per la quale gli stessi doppisti saranno tenuti a impegnarsi ancora di più rispetto a quanto non abbiano fatto finora (e saranno probabilmente contenti di farlo). Sono state infatti istituite numerose iniziative pubblicitarie per le quali i giocatori dovranno mostrarsi disponibili proprio allo scopo di promuovere i tornei, come appuntamenti sponsor o eventi Pro-Am, molto in voga negli Stati Uniti, in cui professionisti e dilettanti calcano gli stessi campi. A proposito, i campi. Tra le proposte più interessanti, anche se non ancora definitive, c’è quella di un Doubles Only Courtovvero la possibilità di marchiare il campo di una partita di doppio in maniera autonoma e differente rispetto al singolo. Come se fosse un prodotto a sé stante quindi, garantendo maggiore visibilità e introiti pubblicitari separati. E per non farsi mancare nulla, il movimento sulle tribune durante gli incontri di doppio sarà libero.

È il successo dei test introdotti durante le ultime US Open Series, e un passo tutt’altro che piccolo verso una vera e propria rivoluzione, come già si vede da due anni a Milano con le Next Gen Finals. C’è sicuramente parecchia strada da fare prima che la finale di Wimbledon inizi con il warm up accelerato e venga decisa da un servizio deviato dal nastro grazia alla no-let rule, magari sul 40-40 e con il killer point. Ma mai dire mai.

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