Il mondo di Rafa (Crivelli). Djokovic e Federer, relax prima di Parigi (Semeraro). Un Rafa rinnovato (Azzolini)

Rassegna stampa

Il mondo di Rafa (Crivelli). Djokovic e Federer, relax prima di Parigi (Semeraro). Un Rafa rinnovato (Azzolini)

La rassegna stampa di martedì 21 maggio 2019

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Il mondo di Rafa. Si fa tutto in famiglia: ecco il vero segreto del fenomeno Nadal (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

Non aveva ancora diciotto anni, Rafa, eppure quella scena colpì la sua sensibilità di ragazzo. Era al torneo di Chennai nel 2004 e nel tragitto tra l’hotel e i campi rimase scioccato da quanti bambini vivessero sui marciapiedi in completa indigenza. Ne parlò subito a mamma Ana Maria e da lì si sviluppò l’idea di una Fondazione che aiutasse l’infanzia in difficoltà. L’episodio compendia alla perfezione i due segreti del successo di Nadal, che 15 anni dopo quei giorni in India è riconosciuto come uno dei più grandi eroi della storia dello sport: l’umiltà unita alla generosità e la fede assoluta nella famiglia, non scalfita nemmeno dalla separazione (durata due anni) dei genitori. Come ogni isolano, il legame con le radici è profondissimo: la madre e la fidanzata Xisca Perello (che lui chiama Mary) si occupano della Nadal Foundation, lo zio Toni dopo averlo allenato per quasi trent’anni è il punto di riferimento tecnico dell’Accademia di tennis creata nel 2016 a Maiorca, di cui la sorella minore di Rafa, Maria Isabel, è l’anima organizzativa. E quando non è in giro per tornei, non è raro vedere il vincitore di 17 Slam dietro la scrivania a rispondere al telefono o a ricevere le iscrizioni. Questo senso di appartenenza si sublima in uno staff ristretto ma affiatatissimo, ben lontano dai 70 dipendenti dell’azienda Federer, che lavora insieme fin da quando Nadal era un ragazzetto ed è diventato un rifugio e un parafulmine che dà tranquillità e toglie pressione, non tanto per i risultati, che continuano a essere fenomenali, quanto piuttosto per il sostegno nei momenti critici che sono sempre seguiti ai tanti infortuni dell’attuale numero due del mondo. Quando Toni ha deciso di dedicarsi all’insegnamento nell’Accademia, è stato sostituito da Carlos Moya, già numero uno del mondo e maiorchino pure lui, amico di famiglia che conosce Rafa da quando aveva tredici anni. Come secondo coach, lo affianca l’ex pro’ Francisco Roig, nel team dal 2005. Viene ancora più da lontano (2002) il rapporto con il manager Carlos Costa, cui zio Toni, a inizio anni 90, chiese di dare un’occhiata al nipote sedicenne che gli sembrava promettente. L’ex top ten si occupa della gestione dei contratti di sponsorizzazione: «Io sono come un membro della famiglia e viceversa: a volte capita che quando si inizia a vincere non si ascoltino più le persone che ti stanno intorno, Rafa invece ha una grande capacità di ascoltare». Chiude il cerchio Benito Barbadillo, il manager per la comunicazione, che all’inizio seguiva pure Djokovic ma nel 2010 scelse di stare solo con Nadal. Legami familiari e amici fidati: con questo piccolo drappello ha scalato il mondo, arrivando a guadagnare, con la vittoria di Roma, 106 milioni di euro in carriera […] Ma quando si è trattato di soccorrere gli sfollati della sua Maiorca travolti dall’alluvione di ottobre, si è infilato guanti e stivali e ha cominciato a spalare il fango. Umiltà e altruismo. Campione per sempre.

Djokovic e Federer, relax prima di Parigi (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

La sconfitta di Roma non ha danneggiato Novak Djokovic, di sicuro non in classifica: il suo vantaggio su Rafa Nadal, suo avversario nella finale, è addirittura aumentato (12.355 punti contro 7945, più 240 rispetto alla scorsa settimana). La novità più grossa nella top-10 riguarda Stefanos Thistpas, che sale al sesto posto scavalcando Key Nishikori, mentre Marin Cilic scende dal 10° al 13° posto. Nella settimana che precede il Roland Garros i big si rilasseranno. Rafa è da ieri a Maiorca, dove si allenerà alla sua Academy e andrà a pescare prima di spostarsi in Francia, con il serbatoio di motivazioni stracolmo e il mirino già puntato sul 12° titolo al Roland Garros. La finale di Roma ha detto che il Cannibale è tornato quasi sui suoi livelli migliori ma ha anche confortato il Djoker capace comunque di strappare un set e lottare nonostante la stanchezza accumulata nelle due maratone tonno Del Potro e Schwartzman. Federer è a Basilea, dove ieri si è fatto un selfie con Hugh Jackman, l’attore australiano protagonista del musical «The greatest showman», e ha messo in ansia i suoi fan spiegando che il prossimo potrebbe essere non solo il suo ultimo Roland Garros, ma il suo ultimo torneo in assoluto: «Tutti i tornei che gioco possono essere l’ultimo, alla mia età», ha dichiarato all’emittente francese Stade 2. Incrociamo le dita, e speriamo intanto che abbia recuperato dal malanno alla gamba rimediato sui campi del Foro. Djokovic si sta godendo due giorni di relax con la famiglia in Spagna, e da mercoledì si trasferirà a Parigi per riprendere gli allenamenti al Bois de Boulogne […]

Un Rafa rinnovato (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Nadal che fai cesti, come un bambino. Gli tirano la palla sul dritto e lui colpisce, e colpisce, e colpisce. Nadal che stringe la Coppa al fianco, e parla ai microfoni guardandola: la cosa più importante è lei, fa capire. «Vivo per queste vittorie e godermele è ancora la cosa più bella che mi possa capitare». Nadal che esulta come quando era il figlio della giungla, un punto e un salto, con quel pugno sguainato come una spada di Toledo, che gli dà slancio verso il cielo. Nadal che non cambia, che ripete la posa di sempre davanti ai fotografi, mentre morde la Coppa, che perpetua se stesso nel mito dell’unico davvero imbattibile sulla terra rossa. E gli è bastata una vittoria, quest’anno, una soltanto, la prima in stagione, per ricordarlo a tutti. A quattordici anni dalla sua prima apparizione romana, Rafa continua a rappresentare l’approdo ideale del tennis sul mattone, il perfetto insieme di destrezza e forza di volontà che rende accessibili queste lande, altrimenti infeconde e vane per i tanti che ci provano senza essere come lui, ancora oggi unico baricentro del tennis più faticoso che vi sia, lo stesso che con protervia il giovane Nick Kyrgios, tennista e lanciatore di sedie, chiede di cancellare dal calendario, perché fuori luogo, incomprensibile, e così poco democratico. «Tanto, vince uno, e tutti gli altri non sono nessuno». Ma la democrazia va meritata, e questo evidentemente il giovane Kyrgios non lo sa. Rafa i meriti li ha, e continua a coltivali. Alla fine è questo che fa la differenza. È il premier della terra rossa, Nadal, e lo è davvero per tutti. Ha cominciato una stagione rientrando da un infortunio, ma con il preciso intento di migliorare il suo modo di stare in campo, dal servizio fino alla posizione dei piedi. Ha mostrato novità tecniche già a Melbourne, ma ha perso malamente la finale. Non ha cambiato strada, ha insistito, poi ha dovuto fermarsi per l’ennesimo infortunio alle ginocchia, ormai di cristallo. È rientrato a Montecarlo e ha perso da Fabio Fognini, poi a Barcellona «ho toccato il fondo», ha raccontato, «non avevo energie», a Madrid è uscito contro Stefanos Tsitsipas annunciando però di sentirsi sempre più vivo, più incisivo nei colpi. Insomma, più Rafa. E a Roma s è ripreso il suo tennis, quasi per intero quello che con il dritto mancino in lungolinea procura guasti anche nelle difese meglio costruite, quello che senza cercare l’ace si affida a un servizio di straordinaria solidità, quello che con la velocità della corsa collega in un edificio a prova di sisma tutte le parti del suo gioco. Lo ha fatto proponendo maggiori variazioni col servizio, e avvicinandosi alla riga di fondo, nel rispetto delle indicazioni di Carlos Moya sulle quali sta lavorando da inizio stagione. A 33 anni (li compirà durante il Roland Garros) e dopo 15 da professionista. «Credo che Rafa abbia ottenuto la quadratura del cerchio che da tempo cercava», ha scritto su El Mundo Josè Perlas, che è stato coach di Moya, Coria e di Fognini, e oggi lo è di Lajovic, «la forza che ha mostrato nei colpi ha molto a che fare con la sua decisione di avanzare la sua posizione sul campo. È certo più difficile, con i piedi vicino alle righe, caricare la palla di quelle rotazioni che Rafa è solito darle, ciò nonostante lui vi è riuscito aumentando la velocità di impatto sulla palla e anticipando il colpo ai limiti del possibile. E quando Rafa carica di piombo i colpi, crea negli avversari una sensazione profonda di angoscia, li fa sentire in balia di un tennis che trovano insopportabile. Ed è ciò che è capitato anche a Novak Djokovic». Roma lo ha rilanciato, due giorni di pesca a Maiorca serviranno per ricaricare le batterie […] Non fosse arrivata la vittoria di Roma, Nadal si sarebbe trovato ad affrontare il suo torneo fra molte sensazioni sconosciute, e per la prima volta senza una vittoria. Lo ammette: «Il segreto è giocare senza lamentarsi, e prendere quello che c’è di buono nelle vittorie come nelle sconfitte. Ma la finale di Roma mi ha detto che ho ritrovato la strada giusta». Era la fiducia che andava cercando, per rilanciarsi ancora una volta. E rinascere. E ricominciare.

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