La legge di Nadal. Il vento salva Djokovic. Barty-Vondrousova finale femminile (Scanagatta, Crivelli, Grilli, Azzolini, Semeraro, Clerici)

Rassegna stampa

La legge di Nadal. Il vento salva Djokovic. Barty-Vondrousova finale femminile (Scanagatta, Crivelli, Grilli, Azzolini, Semeraro, Clerici)

La rassegna stampa di sabato 8 giugno 2019

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Nadal strapazza Federer. Piove su Djokovic-Thiem (Ubaldo Scanagatta, Il resto del Carlino Sport)

NON HA AVUTO alcuna comprensione per il vecchio campione, il grande amico e rivale. Per la sesta volta su sei qui al Roland Garros Rafa Nadal ha battuto Roger Federer in una partita sciupata da un vento impossibile. Lo ha battuto in 3 set 63 64 62 ed è un punteggio un po’ bugiardo perché Federer, che non ha giocato male ed è stato incoraggiato dal pubblico perfino più che fosse stato un francese, è stato in corsa per i primi due set. Soprattutto nel secondo set quando si era procurato un break nel secondo game e ha avuto una palla per il 3-0. Poi, sul 4 pari, Roger è stato avanti 40-0 quando una ventata gli ha spostato la palla costringendolo a servire una prima palla a 116 km orari (la sua media è sui 190), ha perso quel punto e i quattro successivi. Nadal sul 5-4 ha tenuto il servizio e vinto set. Un break nei primi game del terzo e la partita non poteva avere più storia. «Ho avuto qualche mini-opportunità — avrebbe detto Federer — ma Nadal su questa superficie è più forte, non ho rimpianti e stasera …non piangerò!». Alla fine, però, vince sempre Nadal, 12ma volta in finale a Parigi e fin qui le ha vinte tutte. Borg ne giocò e vinse 6, la metà. La seconda semifinale, giù interrotta a metà secondo set per la pioggia — e alla ripresa Djokovic ha fatto subito il break – è stata definitivamente interrotta sul 62 36 31 per Thiem su Djokovic, innervosito dal vento e dalle gocce. Giocando con le lenti a contatto si soffrono di più quelle condizioni. […] I biglietti – acquistabili per singola semifinale – sono stati rimborsati. Riprendono stamani a mezzogiorno, prima della finale femminile fra l’australiana Barty (67 63 63 all’Anisimova che aveva rimontato da 0-5 nel primo set ed era avanti 3-0 nel secondo) e la ceca di 19 anni Vondrousova (75 76 alla britannica Konta), prima teenager in finale dai tempi di Ana Ivanovic (2007) Su www.ubitennis.com le interviste e le cronache di tutti i match.

La legge di Nadal. Travolge Federer. E’ finale nr.12: “Fatico a crederci” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

E ra scritto nel vento. Le folate impetuose che sferzano senza sosta la cattedrale del rosso sibilano armoniosamente un nome soltanto: Nadal. Il sacerdote della dea terra sale sul pulpito e predica nell’unica lingua che conosce quando è nel suo elemento naturale: quella della vittoria. Reduce da 5 scoppole e un ritiro contro l’amatissimo arcirivale Federer, ma tutte sul veloce, non appena ritrova la polvere di mattoni torna ad annientarlo dopo 5 anni, offrendosi la 12° finale al Roland Garros, la via più sicura verso la gloria: le 11 precedenti le ha vinte tutte. Un satanasso, ora più che mai. Ma per conoscere il nemico di domani, dovrà aspettare: la pioggia interrompe l’altra semifinale e la rinvia a oggi. Il 39° episodio della saga Fedal (24-15 per il maiorchino) meritava un palcoscenico più lineare di uno Chatrier travolto da raffiche di tornado, ma le condizioni estreme non possono mai essere scusante per i fenomeni. Solco. E così il primo solco lo scava indubbiamente l’approccio di Rafa alla partita, una delle possibili chiavi di Roger per scardinare il pronostico: il doppio campione in carica invece, schivata una delicata palla break già nel primo game, apre subito il gas, con la faccia feroce dei giorni più belli. […] Ben presto, Roger si scoprirà impotente: «All’inizio abbiamo dovuto adattarci alla situazione, gli sono rimasto vicino ma è stato bravo a trovare più soluzioni, dava un grande lift al dritto e non ha mai perso il controllo del rovescio. E quando mi ha concesso qualche piccola chance, non l’ho sfruttata». Nessun altro. Rimpiangerà, Federer, quel controbreak nel 3° game del 2° set mentre serve a favore di vento, che riporta subito in carreggiata lo spagnolo, e soprattutto il break sanguinoso del 9° game, ingoiato da 40-0 sopra: «Il modo che ha di difendere, di giocare profondo, di rimanere dentro il campo, rende Rafa inavvicinabile sulla terra. Ci pensavo durante il 3° set: mi piacerebbe allenarmi con qualcuno che abbia qualche sua caratteristica, ma è impossibile da trovare». Il riconoscimento più alto del valore dell’avversario. Insieme, stanno segnando un’epoca leggendaria e irripetibile, lo sa anche il vincitore: «Se è per questo, neppure io trovo giocatori con cui fare la preparazione che siano uguali a Roger. E’ stato importante rimanere concentrato fin dal 1° punto e non pensare alle condizioni di gioco, credo sia stata una partita di grande livello: ero di fronte al mio più grande rivale, abbiamo segnato le carriere uno dell’altro, contro di lui non è mai una partita qualunque». Per l’eternità. Nadal ne uscirà con 33 vincenti, appena 19 gratuiti e l’82% di prime, un altro dei grimaldelli con cui scardinerà la resistenza svizzera. Domani ritroverà in campo per inseguire il 12° trionfo: significherebbe doppiare Borg, un’impresa titanica. Perché quando l’Orso svedese a Parigi dominava da padrone indiscusso, nessuno avrebbe potuto prendere in considerazione l’idea che sarebbe arrivato un isolano tranquillo a metterlo nell’ombra: «A essere onesti – confessa Rafa – è incredibile. Ma continuo a ripetere che se ci sono riuscito io, arriverà qualcun altro a battere i miei record. Certo, ci vuole un incastro di tanti fattori: bravura, fortuna, condizione fisica che ti permetta di giocare almeno 11 volte questo torneo». Follia Del resto, come ricorda lui stesso, «immaginare solo 5 anni fa che Roger e io saremmo tornati 5 anni dopo a giocare una semifinale al Roland Garros sembrava folle. Ma non chiedeteci di essere di nuovo qui tra 10 anni». Ecco, se c’è un sentimento che accompagna i 15.000 dello Chatrier sull’ultimo punto, è la tristezza di pensare che potrebbero non rivederli mai più su questa terra. Mitici, eterni, eppure umani: «Sono comunque soddisfatto, perfino sorpreso di essere arrivato così avanti ed è la ragione per cui stavolta non piangerò per la sconfitta», commenterà Federer con il sorriso. Sull’anno prossimo, un raggio di luce: «Perché no?». E si alzano preghiere.

La teen che arriva dal calcio sfida l’aborigena ex cricket (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Una ha giocato a cricket, l’altra sognava di diventare calciatrice. Ma sarà il tennis a rendere immortale colei che tra Barty e Vondrousova oggi trionferà nella finale meno nobile di sempre al Roland Garros, con l’eccezione del triennio 1976-78, quando le più forti snobbarono il torneo per dedicarsi a un circuito alternativo. Quanto meno, nell’epoca del corri e tira esasperato, l’australiana e la ceca porteranno sullo Chatrier uno stile più vario e meno stereotipato. […] Si definisce una ragazza calma ma anche lunatica, doti che illustra ampiamente nella semifinale contro la Konta, iniziata con un parziale di 10 punti a zero per l’avversaria prima che angoli velenosi e cambi di ritmo girino l’inerzia. Marketa, che a 15 anni si trasferì da sola a Praga dalla natia Sokolov per allenarsi meglio, è in finale da n. 38 del mondo senza aver perso neppure un set e può diventare la prima teenager (compirà vent’anni il 28 giugno) a imporsi a Parigi dalla Majoli nel 1997: «E’ magnifico, le due settimane più belle della mia vita». Negli scontri diretti (2) ha tuttavia sempre perso contro la Bally. Asleigh era l’unica top ten (n. 8) ancora in gara e dopo un avvio da 20 punti a 3 per lei, subisce la rimonta di baby Anisimova, fino alla risalita con 28 dritti vincenti: «Sono una lottatrice». Pressioni Sicuramente è la parola che la definisce meglio, dopo che nel 2014 lasciò il tennis per un anno e mezzo schiacciata dalle pressioni di ex vincitrice di Wimbledon juniores a soli 15 anni (nel 2011). E non era neppure la prima volta che l’assaliva un senso di inadeguatezza, causato tra l’altro dalla familiarità con la depressione, malattia di cui soffre pure papà Robert. Per uscirne, oltre a due anni di farmaci, la Barty si è dedicata alla pesca, alla spiaggia, alle serate al pub e appunto al cricket, partecipando alla Big Bash League, il massimo campionato australiano. Le è servito per ritrovarsi grazie allo spirito di squadra, ma probabilmente non sarebbe tornata se Casey Dellacqua, storica compagna di doppio dei primi tornei da professionista, un giorno non l’avesse convinta a palleggiare di nuovo, per gioco, su un campo deserto. E la scintilla si è riaccesa. Perfezionista fin quasi all’eccesso, del periodo tormentato ha conservato solo qualche tic: non usa mai l’asciugamano nel primo game, non beve acqua al primo cambio di campo e prepara la borsa sempre allo stesso modo. A inizio 2017 era numero 325 del mondo, oggi può diventare la prima aussie a trionfare a Parigi da Margaret Court nel ’73. Comunque vada, porterà in campo con fierezza l’orgoglio delle radici aborigene, epigona di Evonne Goolagong, trionfatrice qui nel ’71. La bisnonna apparteneva alla tribù degli Ngaragu e lei, insieme alle sorelle, ha provato a imparare il linguaggio, scoprendo che era quasi estinto: «Conoscere il mio passato mi ha aiutato». Presente e futuro sono già con lei.

Thiem mette in crisi Djokovic ma la pioggia rimanda il verdetto (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Rimborsati. Certamente non soddisfatti. Perché alle sei e mezza di pomeriggio, quando arriva l’ufficialità che la seconda semifinale tra Djokovic e Thiem, sospesa alle 17.42 per pioggia, verrà rinviata al giorno dopo, sullo Chatrier splende il sole e perfino il vento si è placato. Al momento dello stop, il numero uno del mondo è in difficoltà. Pari nei set ma sotto 3-1 nel 3° contro l’austriaco, dopo aver perso d’acchito il primo parziale del suo torneo. Incapace di domare la bufera, Nole si innervosisce fin dagli scambi iniziali, si lamenta continuamente con l’arbitro e a metà del 2° set ottiene una prima sospensione di appena 8′ per un brevissimo piovasco. Figlio d’arte Così, non appena l’organizzazione comunica il rinvio per il persistente rischio di scrosci e temporali, voci incontrollate sostengono che il serbo abbia lasciato l’impianto prima ancora di qualsiasi decisione, con immagini annesse. Un comportamento da squalifica immediata, e infatti la ricostruzione è meno capziosa: ci sarebbe stato un colloquio negli spogliatoi con entrambi i giocatori ai quali, dopo la decisione di non riprendere la partita, sarebbe stato concesso di lasciare i campi. […] E ci sono pure buone notizie: il nostro Flavio Cobolli, figlio d’arte (il papà Stefano è stato 236 del mondo), è in finale nel doppio juniores in coppia con lo svizzero Stricker, oggi si gioca il titolo contro il brasiliano Pucinelli e l’argentino Tirante. Buona fortuna

Roger via col vento. Nadal in finale (Massimo Grilli, Il Corriere dello Sport)

Ci ha provato, eccome se ci ha provato. Variando, spostandosi appena possibile sul dritto, scendendo tanto a rete (35 volte, però solo il 48% dei punti vinti), adoperando la smorzata per smuovere il rivale dalla linea di fondo. Niente da fare, con appena nove giochi vinti in quasi due ore e mezza di partita, squilibrata solo nella terza frazione, Federer si è arreso a Nadal per la sesta volta su sei sfide al Roland Garros, chiudendo senza l’acuto un torneo comunque molto buono. Doveva essere la partita dell’anno (in tribuna è stato avvistato anche Almodovar; con Javier Zanetti e Cambiasso) e invece si è giocato, l’avrete visto in televisione, in condizioni quasi proibitive, con un vento fortissimo (anche a 60 chilometri l’ora) che a folate rendeva imprevedibili le traiettorie dei due campioni, e con larghi vuoti sugli spalti dell’immenso Centrale parigino. «Il vento? – ha detto Federer a fine partite – ad un certo punto contava solo metterla dall’altra parte e non sembrare troppo ridicoli…». Ci voleva ben altro però per scalfire le solite sicurezze di Nadal, che ha inscenato l’ennesimo spettacolo da autentico padrone di casa della terra battuta parigina. Servizio robusto e difficilmente attaccabile (l’81% di prime palle in campo), il solito dritto letale, un rovescio che – se possibile – sembra migliorato col tempo (indimenticabile lo strepitoso passante incrociato che gli ha regalato il primo set) per un totale di 33 colpi vincenti e solo 19 errori (25-34 il consuntivo invece di Federer). Rafa conoscerà solo oggi il suo avversario, con l’altra semifinale interrotta dopo il secondo stop per pioggia, sulla situazione di un set pari e Thiem avanti nella terza partita 3-1 su un Djokovic molto infastidito dalla situazione metereologica. «Djokovic o Thiem, per me cambierà poco – ha dichiarato Nadal – chiunque dei due arriverà in finale, sarà una partita molto complicata Non puoi sperare di giocare una finale facile. Io mi auguro di essere nella migliore forma possibile». LA PARTITA. Federer ha giocato quasi alla pari i primi due set. All’inizio ha perso troppi giochi ai vantaggi, nel secondo ha sprecato la palla del 3-0 e poi si è fatto rimontare sul 4-4 40-0. Ha sciorinato prodezze (da vedere e rivedere la demi-voleé del 2-5 nel terzo set) e accumulato errori con il rovescio, si è difeso come ha potuto (10 palle break annullate su 16) ma è stato poco incisivo al servizio e alla distanza è inevitabilmente calato, e probabilmente avrebbe perso se anche avesse fatto suo il secondo set. «Ho avuto le mie occasioni, sia nel primo che nel secondo set – ha detto il grande svizzero, che non ha chiarito se sia stato il suo ultimo Roland Garros – ma non ho rimpianti. Accetto che abbia vinto il più forte, stasera quando andrò a letto non piangerò». Appuntamento sull’erba amica di Wimbledon (prima però dovrebbe giocare ad Halle). DECIDE NOLE? […]. Un nervosissimo Djokovic (all’inizio del secondo set ha anche detto all’arbitro, «cosa deve cadere dal cielo perché si interrompa la partita?»), ha cominciato malissimo, sbagliando palle anche facili, mentre un tonico Thiem metteva tutto dentro e lo bombardava appena possibile con il dritto. Perso rapidamente il primo set, dopo una prima interruzione a Nole bastava una mezzora da vero Numero 1 per pareggiare il conto dei set. Nuovo scatto di Thiem all’inizio della terza partita, quindi sul 3-1 altra pioggia e tutti negli spogliatoi. Quarto d’ora di attesa, poi – mentre beffardamente spuntava il sole tra le nuvole – veniva ufficializzata la decisione di rimandare tutto alle 12 di oggi. Decisione sulla quale, secondo alcune ricostruzioni, avrebbe avuto un ruolo non secondario proprio Djokovic, che non ne voleva sapere di tornare in campo. Cosa vuol dire essere il numero 1 del mondo…

Barty-Vondrousova non è soltanto tennis (Massimo Grilli, Il Corriere dello Sport)

Piccole donne crescono, e velocemente: sotto una fitta pioggerellina Vondrousova, 20 anni tra venti giorni (e un tatuaggio che recita appunto, “no rain, no flower”) approfitta delle paure di Konta, vince la sesta partita di fila in due set e diventa la prima teenager in finale a Parigi dopo la Ivanovic nel 2007. Va vicina all’impresa anche Amanda Anisimova, 17 anni, che recupera un primo set praticamente perso, vola 3-0 nel secondo poi si arrende alla rimonta della Barty, ma lottando fino alla fine e dimostrando che il futuro è dalla sua parte. […] La favorità è Ashleigh Barty, 23 anni, australiana aborigena come la grande Goolagong, che dopo una buona carriera da junior (con il titolo di Wimbledon del 2011) sentendosi schiacciare dalle pressioni dell’improvvisa notorietà si era rifugiata per un anno e mezzo nel Cricket, giocando tra le professioniste di Brisbane. Due anni fa, ormai svelenita, è tornata al tennis, risalendo in dodici mesi dal 325° posto al 17°, fino all’attuale numero 8 (ma con la finale è già salita in terza posizione, pronta a diventare seconda dietro la Osaka in caso di trionfo). Buon servizio, con un rovescio che sa tirare o tagliare, ieri ha dominato fino al 5-0, vincendo 20 dei primi 23 punti. Sprecati tre set point, ha subito la rimonta della giovane avversaria, che a forza di botte da fondocampo è risalita fino al 7-6 3-0. Partita finita? Macché: Ashleigh riprendeva fiducia, approfittava di qualche errore di troppo della Anisimova, infilava sette game consecutivi e prendeva il volo nel terzo set, vincendo al sesto match point. Oggi se la vedrà con la Vondrousova, che da bambina giocava (e bene) a calcio, e che ha una passione smodata per le scarpe (sembrane possieda 200). Ricorda come gioco più la Safarova che la Kvitova, ieri ha ribaltato la Konta rimontando due volte da 3-5 e chiudendo con una perfetta smorzata, il suo marchio di fabbrica. Al Roland Garros una ceca non vince (Navratilova “americana” esclusa) dal trionfo della Mandlikova del 1981, l’Australia non festeggia addirittura dal 1973, l’anno magico di Margaret Court. Oggi a chi toccherà?

Thiem avanti su Djokovic e la pioggia salva Nole (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Non si e numero uno per caso. Novak Djokovic sa cavalcare i disagi, sa come remare contro corrente, coglie al volo il momento per capovolgere la situazione che lo vede in difficoltà. […] Così, al primo spruzzo di pioggia (durato una ventina di minuti), ecco Djokovic presentare subito il conto. «Troppo pericoloso, in queste condizioni non si può giocare», e quando il numero uno punta i piedi, c’è poco da fare: il match finisce alle ore 12 di oggi. Si riprenderà da un set pari (6-2 3-6) e 3-1 nel terzo per l’austriaco, che è avanti di un break e dovrà servire. Un match che si era messo male, perché i bolidi di Thiem non risentivano del vento e delle condizioni meteo, mentre Nole era apparso sin dall’inizio preoccupato. Dava la sensazione di giocare in punta di piedi. L’austriaco ha preso possesso degli scambi sin dall’avvio, e c’è voluta tutta la pazienza di Djokovic per rimettersi in carreggiata e sfruttare l’unico passaggio a vuoto di Thiem, in avvio del secondo set. Poi quello è tornato a spingere come un ossesso. Del resto, gioca così, come se ogni colpo fosse l’ultimo. E da quando lo segue il cileno Massu, queste doti sembrano esaltate. E un tennis che sembra voler fare piazza pulita di tutto e tutti, che sbrana la palla prima degli avversari. Non sarà facile per Nole riprendere il filo del suo tennis, alla ripresa dei giochi. ll tempo migliorerà, e certo il serbo potrà gestire la situazione con maggiore calma. Forse, l’occasione mancata di approdare almeno al successo del terzo set, finirà per pesare sul sonno dell’austriaco ventiquattrenne. Si vedrà. Ma la logica dice che anche oggi, sullo Chatrier, fischieranno colpi come bordate. I precedenti dicono che Djokovic è in vantaggio 6a 2, e che l’ultimo match (l’unico di quest’anno), a Madrid, è stato lui a vincerlo. Ma soltanto attraverso un doppio tie break. Mentre sulla terra di Parigi il conto è in parità, 1-1, con Nole vittorioso nel 2016 e Thiem l’anno successivo, e con un 6-0 nel terzo set Oggi è pure il giomo di Flavio Cobolli, l7enne romano figlio d’arte, che gioca la finale del doppio juniores con lo svizzero Stricker contro il brasiliano Pucinelli e l’argentino Tirante. Quattro italiani hanno vinto uno Slam jr di doppio, Thomas Fabbiano proprio al Roland Garros (col bielorusso Karatchenia) nel 2007, poi Diego Nargiso all’Us Open 1987 (con Ivanisevic), Bracciali in Australia 1996 (con Robichard) e Matteo Trevisan a Wimbledon 2007 (con Daniel Lopez).

Vento e Rafa final (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Non era giornata per i giochi di prestigio. Per carità, Roger Federer ci ha pure provato, ma con Rafa da una parte e Miguel dall’altra, c’era poco da fare, e pochissimo da inventarsi. Miguel? Chi è costui? Ma è la tempesta, perdinci, l’hanno chiamata così. Una tempesta al maschile, mucho macha, che ha lambito ieri Parigi dando sfogo a spari di vento vicini ai 125 chilometri orari. E dite, com’è possibile, in queste condizioni, lavorare un rovescio a filo rete per approcciare un attacco decente? Eseguire un contropiede senza intrecciarsi? Una semplice smorzata? Miguel la bloccava a mezza via, restituendola a Federer oppure, a piacere, ne allungava la traiettoria per depositarla sulla racchetta di Nadal, che aveva tirato su un bello spinnaker e veleggiava a favore di vento, cioè di Miguel. Due spagnoli in campo. […] «Le condizioni erano pessime, per me e per lui, su questo poco da dire. Uno stadio così merita un tetto, ma so che presto lo avrà e dunque, aspettiamo. Sotto un tetto non so che cosa sarebbe cambiato, ma certo mi sarei sentito meno in bilico nell’eseguire certi colpi. Vittoria comunque incontestabile quella di Rafa, ha giocato davvero molto bene. Impressionante come sia riuscito a dominare il vento. Io? Ci ho provato, ho avuto anche alcune chance. Mi tengo comunque la bella prova complessiva, il buon tennis che ho saputo giocare, non lo credevo nemmeno possibile. E l’affetto del pubblico. In venti anni di Slam non ne avevo mai sentito tanto». Dodicesima finale a Parigi, per Rafa. Undici le ha vinte, e questa la giocherà ancora una volta da favorito. Sia contro Djokovlc, sia contro Thiem. Ha tirato fuori il meglio lungo tutto il torneo, ha gestito con mano salda situazioni e partite fra loro diverse, ha lasciato un solo set per strada (a Goffin) e ha travolto Federer con un punteggio duro da mandare giù. Forse anche troppo duro. Nel primo e nel secondo set, Roger gli è rimasto attaccato. Ha rimediato allo 0-3 iniziale recuperando la parità, ma nell’ottavo game del primo Rafa gli ha fatto di nuovo lo sgambetto. E nella seconda frazione era lui al comando, 2-0 e servizio, prima che Rafa risorgesse. «Avevo già giocato qui in condizioni simili», racconta Nadal, «gran vento, colpi da eseguire sempre in tensione, perché la palla gira e scappa. Non è facile, e sono stupito per il risultato finale. Credo che entrambi abbiamo giocato una buona partita. Io di più? Chi lo dice, ah, Federer? Be,’ lo ringrazio. Sono sfide che hanno segnato la nostra carriera, ma da qualche anno a questa parte si erano un po’ diradate. Le considero come un regalo, mi danno sempre delle sensazioni incredibili e una grande carica». La sesta sfida, qui a Parigi, e Nadal le ha vinte tutte. La ventinovesima in assoluto, con Rafa avanti da ieri 24 a 15. Una vittoria che lo spagnolo aspettava dal 2014 (semifinale Australian Open) e mancava da cinque incontri, tutti a favore di Federer, che sembrava aver trovato gli schemi giusti per anestetizzare i colpi mancini di Rafa. Tennis di prima intenzione, schemi basati su due o tre scambi, sfida aperta ai colpi migliori di Nadal, forzando il rovescio dalla parte del dritto. Tutto giusto, ma fuori dalla terra rossa. Sul mattone, Rafa trova comunque il tempo per creare disagi allo svizzero, lo obbliga a molti scambi più lunghi e lo costringe nell’incertezza quando attacca. Lo ha dimostrato anche ieri. Ne conviene anche Roger, «era tanto che non giocavo contro di lui sulla terra rossa, e devo dire che riesce a produrre un tennis davvero di alto livello, è spettacolare quello che riesce a fare». Roger si concede ora un turno di riposo, salterà Stoccarda e preparerà Wimbledon ad Halle, l’altro suo giardino. Non è stanco. E ha voglia di erba.

A Roger servirebbe un campo a metà tra erba e terra rossa (Gianni Clerici, La Repubblica)

Stare nel proprio Club di Tennis non è certo eguale a passare la giornata nella sala stampa del Roland Garros ma permette, quantomeno, di raccogliere opinioni di tennisti dilettanti, magari amici, che non si ascolterebbero a Parigi. Ad esempio, dopo la partita definita ieri da un collega Semifinale del Secolo sul suo giornale, un consocio ha esclamato, alla volta di Federer: «Ma quello lì ,che oggi non poteva prendere nemmeno un set allo spagnolo, è davvero il più grande di tutti i tempi, come dicono i tuoi compari, e magari anche tu ?». Ho risposto, e addirittura scritto, che forse Federer è il migliore insieme a Big Bill Tilden, che, tra gli Anni Venti e Trenta, non apparì mai in Australia, dove Federer ha vinto 6 volte. «Roger è forse il più grande dell’Era Open, da quando nel 1968 è iniziato il professionismo, ma c è stato Laver, a vincere un Grande Slam. Sono confronti a parer mio impossibili». Un altro consocio, che ci ascoltava, domanda a sua volta come il più grande di tutti i tempi possa attribuirsi soltanto due games nel terzo set odierno. «Il match era in pratica finito dopo i primi due set» cerco di rispondere». E lui: «Visto come giocavano, e come usavano il vento, direi dopo il primo 6-3». Ed eccone un terzo, che apre bocca alla parola vento. «Come può un ventaccio simile impedire praticamente a Federer di giocare, mentre Nadal a parte le volte che i turbini di terra l’hanno accecato, è riuscito a tenere la palla dentro le righe?». […] Un altro, che ci ha sentiti, vuol dare un inimmaginabile suggerimento. «Io direi che i match di Federer vanno giocati su un campo diviso a metà. Lui deve giocare su un mezzo campo in erba, mentre un avversario come Nadal su un mezzo in terra». Consento, e apro la TV per scoprire se ne parla il migliore dei miei colleghi, Chris Clarey del New York Times che ha appena scritto: «Il recente Tennis Usa è stato costruito dagli emigrati, Sampras (greco) Agassi (armeno) Chang (cinese) le Williams (nere). Ora arriva all’improvviso una russa, Amanda Anisimova, con i suoi 17 anni». Temo che Salvini non sia un appassionato di tennis.

Nadal via col vento, Federer si inchina al re della terra (Stefano Semeraro, La Stampa)

Non solo Rafa Nadal è il più grande tennista da terra battuta della storia, è anche nato marinaio. A Porto Cristo, vicino a Manacor, tiene ormeggiato uno yacht, un Monte Carlo Y76 battezzato «Beethoven», in onore di nonno Rafael senior, antico direttore dell’orchestra sinfonica delle Baleari. […] Sullo «Chatrier» nessuno ci ha rimesso la pelle, per fortuna; meno drammaticamente Roger Federer è volato fuoribordo – pardon, fuori – dal torneo. II Cannibale pare imbattibile. Contro un Nadal del genere, intendiamoci, avrebbe perso comunque. Le folate a 60 all’ora che sollevavano spruzzi di argilla gli hanno solo reso più difficile tracciare una rotta credibile. Del resto Roger è nato a Basilea, ama sciare, di nodi e sestanti capisce poco. Si è arreso in tre set, 6-3 6-4 6-2, raccogliendo cinque game in più che nella finale del 2008. Ha giocato anche punti straordinari, provando a forzare angoli e tempi, avvitato sulla riga di fondo e colpendo in controbalzo tutto il colpibile. Si è trovato davanti il solito diritto scoraggiante del Cannibale, ma anche un rovescio incrociato profondissimo e chirurgico. Ha retto fino all’ottavo game del secondo set, dopo essere stato in vantaggio anche di un break, quando ha provato a dare una spallata al match ricavandone però lividi ancora più pesanti. «Figuracce da evitare» «Perdere il servizio sul 2-0 è il rimpianto più grosso», dice. «Il diritto di Rafa è così carico di effetto, con il rovescio è sempre in controllo. Ho avuto qualche mini-chance, ma non è bastata. Con il vento a tratti l’unica preoccupazione era di non fare brutte figure, ma non credo di aver giocato male. In condizioni diverse avrei potuto servire meglio (appena il 39 per cento di punti con la seconda, ndr)? Forse, ma il vento c’era per tutti e due e sulla terra Rafa è il migliore, devo accettarlo». Federer si è anche beccato un warning, per una pallata tirata in tribuna con frustrazione: caso rarissimo. Hanno provato a consolarlo ricordandogli che l’anno prossimo sul Centrale ci sarà il tetto. «Sempre che il vento non se lo porti via…», ha risposto. «Le condizioni erano brutali, in questi casi devi rassegnarti e concentrarti solo sulle cose positive», dice Rafa, il lupo di mare. «Per me tornare in finale a Parigi è la cosa più importante. Che sia la 12′ (le prime 11 le ha tutte vinte, ndr) è incredibile, ma ora non devo pensarci». Per Rafa del resto l’incredibile si chiama realtà, meglio non uscire dalla bolla e riflettere che il divo Borg a cavallo fra anni ’70 e’80 di finali ne vinse sei su sei, e ai tempi sembrò fantascienza. Rafa non sa ancora chi sarà il suo avversario. La seconda semifinale fra Djokovic e Thiem è stata interrotta due volte. La seconda, un set a testa e 3-1 Thiem nel terzo, è stata anche quella definitiva. Si sarebbe potuto giocare ancora in serata, ma Novak se ne è andato di corsa, pare prima della decisione ufficiale di rimandare a mezzogiorno di oggi. E non se lo è portato via il vento.

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