Il 12esimo trionfo di Nadal al Roland Garros sulla stampa italiana (Crivelli, Piccardi, Rossi)

Rassegna stampa

Il 12esimo trionfo di Nadal al Roland Garros sulla stampa italiana (Crivelli, Piccardi, Rossi)

La rassegna stampa di lunedì 10 giugno 2019

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Nadal e quella strepitosa dozzina (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Ercole di Spagna. Con la schiena distesa sulla terra benedetta, le braccia aperte e lo sguardo trasognato a fissare il cielo, il semidio Nadal contempla un altro spicchio di immortalità che gli verrà concesso dopo la dodicesima fatica vincente nel tempio che dal 2005 è casa sua, proprietà privata del più formidabile guerriero dell’epica del tennis. La disfida con il cerbero Thiem è appena passata agli annali in tre ore e un minuto e lacrime diverse bagnano i volti dei due eroi (…)

Eppure questa volta Dominator arriva a sfiorare il miraggio, prova a insinuarsi nella grandezza titanica del diavolo maiorchino con due set a alta intensità, piedi ben piantati sulla riga di fondo e cannonate che si oppongono alle cannonate mancine dell’altro. E’ addirittura austriaco il primo break, nel quinto game del primo set, cui Rafa risponde con la ferocia del gladiatore che sa di combattere nell’arena prediletta

(…) così, mette insieme cinque giochi di fila. Sarebbero un macigno, ma Thiem è decisamente più solido e più dentro il match rispetto al 2018, nonostante la sfacchinata della partita in due giorni contro Djokovic. Secondo parziale dominato dai servizi fino al 12° game,

(…) break del numero quattro del mondo e un set pari, l’unico fin qui vinto in una finale Slam da un giocatore attualmente sotto i trent’anni. Lo sfregio incendia l’orgoglio e il talento di Nadal e incenerisce le ambizioni di Dominic. Nel terzo set, il satanasso di Manacor non perderà un punto nei suoi game di servizio, nel quarto alle solite uncinate imprendibili aggiungerà deliziose soluzioni al volo, finendo addirittura con 23 punti su 27 a rete e dimostrando quanto sia illogico considerarlo soltanto un picchiatore da fondo. Intelligenza sublime: quando cominciò ad allenarlo, Moya lo convinse che accorciare gli scambi avrebbe allungato i giorni gloriosi e Rafa ha fatto di un consiglio un’arma aggiuntiva. Ai livelli toccati dal rivale dopo l’ora e 40′ dei primi due set, anche l’eccellente Thiem di questa finale deve alzare le mani sconsolato: «L’inizio è stato intenso, nel secondo set ho giocato come dovevo, molto aggressivo. All’inizio del terzo ho avuto un leggero calo, e lui da quel momento mi ha camminato sopra. Ora so perché è il più forte di sempre sulla terra: con gli altri giocatori se hai un attimo di debolezza poi ti risollevi, con lui diventa un dramma».

(…) A inizio aprile, dopo il recupero dall’infortunio al ginocchio destro patito a Indian Wells, nessuno nel team del numero due del mondo avrebbe scommesso su un altro successo a Parigi: «Tecnicamente era guarito – confessa coach Moya – ma era in condizioni fisiche e mentali disastrose: negli occhi non gli vedevo più ardere il fuoco della passione. Se il Roland Garros fosse cominciato il giorno dopo Barcellona, Rafa sarebbe uscito ai primi turni». Allenamenti supplementari, la capacità di estrarre il buono anche dalle sconfitte (Tsitsipas a Madrid, per esempio), il conforto del successo a Roma: così è rinato, col cuore di sempre. Nell’Era Open, solo la Navratilova, come lui, ha conquistato un torneo 12 volte, a Chicago, ma con ben altro valore. Portava la tshirt smanicata e i pinocchietti, Rafa, nel primo trionfo di 14 anni fa (solo Rosewall, a Parigi, ha fatto meglio, imponendosi dopo 15 anni), adesso è a due Slam da Federer. Come disse Almagro, uno dei tanti spagnoli vissuti nella sua ombra, «Nadal può vincere il Roland Garros fino a 60 anni”.

Nadal 12 volte re di Parigi. Quella terra è la sua terra (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

I superlativi li abbiamo spesi le precedenti, undici, volte. Davvero, nella penna non ne è rimasto più mezzo. La prima nel 2005, quando con il capello lungo e la canotta Rafa Nadal sconfisse Federer in semifinale nel giorno del suo 19° compleanno e poi Mariano Puerta per il primo titolo Slam. La penultima l’anno scorso, quando Nadal-Thiem era stata una novità e non il grande classico che rischia di diventare adesso che il ragazzo austriaco, benedetto dal padrone di casa («Questo trofeo un domani sarà tuo»), sente l’acquolina in bocca: «Ho fatto un passo in più, ma ancora non basta». La macchia gialla sul campo rosso, in cima a quattro set che nessuno ha mai creduto potessero cambiare padrone (6-3, 5-7, 6-i 6-i), si allarga a dismisura. (…)

Nemmeno la distrazione che gli è costata il secondo set, aprendo un’illusoria crepa nel muro, ha incrinato per un attimo le granitiche certezze dell’uomo che inventò la polvere di mattone. E uscito a fare la pipì, è tornato più serio e determinato di prima. Fino alla fine degli anni Duemila, non si credeva possibile che un tennista potesse battere il record di Bjom Borg a Parigi (sei titoli tra il ’74 e l’81).

(…) accorcia la distanza con l’arcinemico di cui non può fare a meno, Federer. 18 Slam a 20, con Djokovic che insegue a quota 15. Roba da fantascienza: tre fenomeni nella stessa era geologica e noi, fortunelli, spettatori. Del trio, Federer è il buono, Nadal il brutto e Djokovic il cattivo arrivato per rovinare la favola in comune agli altri due. E quello che ha saputo costruirsi meglio (sempre sia lodato zio Toni), con sopraffino talento artigiano.

(…)  Battendo ieri Dominic Thiem ha portato l’incredibile record sulla rive droite a 93 vittorie contro due sconfitte (Soderling nel 2009 e Djokovic nel 2015 ancora si chiedono come hanno fatto). A 33 anni, sia pur logoro, può non essere finita. Dietro l’angolo c’è il matrimonio con la dolce Xisca, che da quando erano ragazzini lo divide con il resto del mondo. Rafa d’altronde è capace di una sola fedeltà assoluta. Alla terra. 

Nadal e la storica dozzina. Il re di Parigi non tramonta (Paolo Rossi, La Repubblica)

Quali possono essere le parole più giuste per raccontare chi scrive la storia? L’omaggio vero, a Rafael Nadal, dovrebbero farlo quelli del circolo di tennis del Roland Garros, intitolargli un campo o una statua e non proprio in qualche zona periferica del Bois de Boulogne in fase di ristrutturazione. Come altrimenti celebrare la storica docena (dozzina)? Magari ascoltando in religioso silenzio le parole che Dominic Thiem ha voluto scandire lentamente, regalando un effetto lirico: «C’era una ragione se Rafa ha vinto 18 Slam, soltanto due meno di Roger. È sicuramente uno dei più grandi di tutti i tempi. Oggi ho visto perché. Dopo un primo set giocato a livelli no limits, nel momento in cui ho avuto un piccolo calo ha colto l’occasione e mi ha calpestato, mi ha camminato su. Questo è tutto. Lo ringrazio di avermi fatto capire». Sono le parole dello sconfitto, un ragazzo di 25 anni che non ha giocato per niente male, osando sfidare Nadal sul suo piano, quello fisico, ribellandosi.

(…). Solo i numeri possono illustrare la grandezza di Rafa Nadal: dal 2005 a oggi, ha sempre vinto almeno uno Slam all’anno, eccetto le sue due stagioni orribili, 2015 e 2016. Nella storia nessuno, tra uomini e donne, aveva mai vinto 12 volte lo stesso Slam. Nadal ha superato Margaret Court, l’australiana con 11 trionfi a Melbourne. E allora, via con le domande: è questo il record più grande del tennis, oppure la realizzazione del Grande Slam nello stesso anno? La verità? È solo teoria pura, di fronte a grandezza reale. Che sia poi quella di Laver, di Federer o di Nadal. Oggi tocca inchinarsi, come – con grande fair play – ha fatto Thiem, passato dal paradiso della vittoria in semifinale contro Djokovic («una delle più belle vittorie della mia vita») all’inferno della sconfitta nella sua seconda finale Slam («avevo l’umore a mille, prima, invece ho fallito il mio sogno più grande»).

(…). E oggi chi si ricorda di cosa accadeva un mese fa, alla Caja Mágica di Madrid? Nadal sconfitto da Tsitsipas e, dopo, già dato in crisi irreversibile. Trenta giorni dopo è rientrato nella storia, e non proprio dalla porticina di servizio. Oggi per Nadal ci sono solo pacche sulle spalle. Da ogni parte del mondo e di ogni sport: da Tiger Woods («Complimenti al re della terra che non ama condividere la sua ricchezza») a Marc Marquez («Un animale, esempio per ogni sportivo») fino a Franco Baresi («Grandioso»). Ma lui, Rafa, a 33 anni, spalle larghe per resistere alle lusinghe, ha voluto rivelare e condividere il vero segreto del trionfo odierno: «Ho vissuto, tra Montecarlo e Barcellona, un momento veramente critico in cui mi sono detto ‘o ti fermi o cambi registro’. Ecco, direi che ho scelto la seconda opzione e sono felice di averlo fatto bene. L’anno prossimo torno qui e riproverò ancora a vincere». 

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