Berrettini stupisce ancora. Prima finale sull'erba (Scanagatta). Berrettini-show. Adesso la sfida alla stella baby (Crivelli). Sembra l'epoca di Panatta (Semeraro). Matteo sempre più verde (Azzolini)

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Berrettini stupisce ancora. Prima finale sull’erba (Scanagatta). Berrettini-show. Adesso la sfida alla stella baby (Crivelli). Sembra l’epoca di Panatta (Semeraro). Matteo sempre più verde (Azzolini)

La rassegna stampa di domenica 16 giugno 2019

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Berrettini stupisce ancora. Prima finale sull’erba (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

E se finalmente il tennis italiano avesse trovato un tennista capace di imporsi sull’erba? E proprio a due settimane da Wimbledon? Nessun italiano, salvo Andreas Seppi a Eastbourne otto anni fa, ha mai vinto un torneo sull’erba. Oggi Matteo Berrettini, vittorioso un anno fa nel primo torneo sulla terra rossa di Gstaad e quest’anno a Budapest prima di una finale a Monaco di Baviera, prova a emulare Seppi anche se avrà un avversario assai tosto. Matteo è giunto in finale a Stoccarda dopo aver battuto 4 duri rivali senza perdere né un set né un game di servizio: l’australiano Kyrgios n.36 Atp (63 64), il russo Khachanov, n. 9 (64 62), l’americano Kudla n.84 (63 63) e ieri il tedesco Struff n.38 (64 75). Oggi Berrettini n.30 Atp – e già virtualmente n.24 – potrebbe salire a n.22 se batterà il promettentissimo canadesino di origini togolesi Felix Auger-Aliassime, n.21 Atp a soli 18 anni. McEnroe e Wilander lo pronosticano sicuro top-ten. I migliori risultati italiani sull’erba li aveva ottenuti Adriano Panatta raggiungendo i quarti a Wimbledon nel ’79 (che occasione perduta con DuPre!) e Davide Sanguinetti nel ’98 (k.o. con Krajicek). Non era facile, oltretutto, ieri per Berrettini battere un tedesco in Germania. E’ stata, fra i due giovanotti alti entrambi un metro e 95 una prevedibile battaglia di servizi. Sono bastati a Matteo due break, uno per set sul 3-3 nel primo e sul 5 pari nel secondo, per vincere. Berrettini ha messo in mostra nell’occasione non solo il noto servizio da 220 km orari, e un dritto altrettanto efficace, ma anche un rovescio assai migliorato, sia piatto sia tagliato e d’attacco, davvero insidioso sull’erba dove la palla resta radente. E’ stato bravo anche a reagire alle prime palle break affrontate nel torneo, nei primi game del match: «La chiave è stata strappargli il servizio per primo» ha detto. Mentre nell’ultimo game, quando si sono giocati i primi scambi oltre al quarto palleggio, Matteo li ha controllati con grande equilibrio e saggezza. Il suo odierno avversario Aliassime è arrivato in finale approfittando in semi dell’ennesimo ritiro del connazionale Raonic. Non ci sono precedenti con Berrettini.

Berrettini-show. Adesso la sfida alla stella baby (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Con quel cognome un po’ così, che sa di cose minime, Berrettini è più ispirato a parlare con i risultati. E in questi giorni la sua voce è squillante, squillantissima: a Stoccarda arriva la terza finale stagionale dopo Budapest (vinta) e Monaco (persa), ma la prima in carriera sull’erba, una superficie storicamente mai troppo amica dei nostri. Eppure, quasi sempre è solo una questione mentale: nati sulla terra, gli italiani non amano i prati e gli adattamenti che richiedono, anche adesso che la velocità dei campi si è ridotta e uniformata. Matteo stesso ne dà conferma: «Fino all’anno scorso non mi piaceva a pelle, la chiave di questa settimana credo risieda in questo cambio di mentalità». Stimolato a febbraio dal successo in Davis a Calcutta e ora consolidato dalla quarta vittoria di fila in Germania senza concedere set. D’altronde, se ti ritrovi con un servizio che non lascia margini di replica agli avversari, parti già con un atout fondamentale: anche contro Struff, Berrettini concede appena quattro punti con la prima. È vero, deve fronteggiare le prime due palle break del suo cammino (nel quarto game del primo set), ma dopo averle annullate diventerà intoccabile. Però non di sola battuta vive il campione: Berrettini ora ha reso più ergonomico il dritto, che ha un movimento molto ampio e quindi complicato per i prati, ha reso solido il rovescio, slice o piatto, e poi ha alzato íl livello di aggressività della risposta, che gli è servito per prendersi il break decisivo alla fine del secondo set. Insomma, una completezza da top player, e da lunedì lo confermerà anche la classifica (ora è numero 24, salirà a 22 in caso di successo): «Non è stata una partita semplice, sono stato molto concentrato sul servizio. La svolta è stata il break del primo set, essere riuscito a strappargli il servizio per primo mi ha reso ancora più fiducioso e convinto». Per coach Santopadre «non c’è da meravigliarsi, Matteo ha investito tanto per migliorarsi e ora gioca sull’erba con una maggiore sicurezza. Ma il nostro non è un progetto che si limita alla singola partita o al singolo torneo». Anche i traguardi parziali, però, aiutano a crescere più in fretta, soprattutto se la finale ti regala come contendente il vaticinato, futuro dominatore, il canadese del 2000 Auger-Aliassime, il ragazzo nato lo stesso giorno di Federer (8 agosto). Felix arriva subito in fondo nel primo torneo sull’erba giocato in carriera, senza toccare il campo nel derby di semifinale per il ritiro del connazionale Raonic (schiena): intanto è il più giovane dal 1999 (Hewitt) a raggiungere almeno le semifinali su tre o più superfici nella stessa stagione. Occorrerà rispetto: «E’ già un grande giocatore — conferma Matteo — non l’ho mai affrontato, però mi sono allenato con lui proprio qui. Mi aspetto un bel match».

Sembra l’epoca di Panatta (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Matteo Berrettini ha battuto – sempre in due set, sempre senza perdere il servizio – anche Jan Lennard Struff ed è in finale a Stoccarda, sull’erba. Oggi se la giocherà contro il fenomeno canadese Felix Auger Aliassime, che in semifinale ha approfittato del forfait di Milos Raonic. E questa è la prima notizia; l’altra non riguarda solo Matteo, che a 23 anni da lunedì sarà comunque n. 24 del mondo, 22 in caso di vittoria, ma tutto il tennis italiano, che pare sulla soglia di una nuova epoca virtuosa. Era dai tempi di Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli che le prospettive non erano così interessanti. Troppo ottimismo? I risultati non sono ancora così caldi come ai tempi di Panatta, che ha vinto Roma, Parigi (uno slam in cui, se andava male, arrivava nei quarti) e assieme agli altri tre moschettieri anche una Coppa Davis, arrivando altre tre volte in finale. E che a 23 anni, l’età di Matteo, si era già issato al numero 8 del mondo. Dall’inizio di quest’anno però la percezione che abbiamo delle possibilità dei nostri tennisti – solo maschi, al momento – è cambiata. Erano decenni che non capitava di potersi aspettare un successo ogni settimana, e a diversi livelli. Diamo un’occhiata al calendario di questi primi sei mesi. A gennaio Lorenzo Musetti, anni 17, ha vinto gli Australian Open u. 18 a Melbourne (dove Giulio Zeppieri è arrivato in semifinale), e Andreas Seppi, anni 34, si è guadagnato la finale a Sydney. A febbraio il 26enne Marco Cecchinato ha vinto l’Atp 250 di Buenos Aires, il 23enne Berrettini è arrivato in semifinale nel 250 di Sofia ed è innato il piccolo grande boom dell’altro 17enne Jannik Sinner (un Challenger e due tornei Itf). A mazzo Berrettini ha firmato il Challenger di lusso di Phoenix; ad aprile trionfo di Fabio Fognini nel Masters 1000 di Monte-Carlo (con Lorenzo Sonego nei quarti), vittoria e finale ‘back-to-back’, una settimana dopo l’altra, di Berrettini a Budapest e Monaco. A Roma siamo sbarcati con aspettative altissime, come non succedeva da tempo. Sono andate deluse, è vero ma il Roland Garros ci ha portato lo storico numero 10 di Fognini. Tempo dieci giorni, ed ecco che arriva il torneone di Matteo a Stoccarda su una superficie, l’erba, che storicamente ci ha riservato magre soddisfazioni. […]

Matteo sempre più verde (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Erbivori, senza saperlo. Matteo Berrettini da una parte, due vittorie in tre match giocati sull’erba prima di Stoccarda (uno in Davis, a punteggio acquisito); Felix Auger-Aliassime dall’altra, lui addirittura alla prima competizione sui prati dall’ingresso nel Tour. Erbivori senza saperlo, ma finalisti, oggi alle 15. La terza finale per entrambi quest’anno, la seconda per Matteo in Germania: ha vinto a Budapest, ha perso a Monaco. «Mi avete applaudito, grazie, siete simpatici», si rivolge cosi al pubblico di Stoccarda, che ha sostenuto Jan-Lennard Struff per tutta la semifinale, ma non ha fatto mancare il suo apprezzamento al giovane italiano. Ci sa fare, Matteo. E ha giocato sin qui un torneo impeccabile. Non ha ceduto un set e non ha mai perso il servizio nei 39 turni di battuta sostenuti nei primi quattro match. Ieri ha fatto persino di più: ha sfidato Struff per vie dirette, servizio contro servizio, con la fiducia di chi sa che può prevalere anche contro un battitore feroce come il tedesco, e se ha concesso a Struff due palle break nel quarto game del primo set (le prime del torneo), le ha subito sfilate con destrezza e nel game successivo è stato lui a prendere il largo. «Ottenere per primo il break mi ha dato la fiducia che cercavo. Struff è in gran forma, l’avevo visto anche a Parigi, ed è pericoloso perché carica la palla di estrema violenza. Ma ho gestito bene i vari momenti del match». Non solo: in apertura di secondo set, Berrettini si è concesso un passante “no look” che ha fatto sussultare i tedeschi sugli spalti. Lì si è guadagnato il rispetto di tutti. «Matteo è giocatore da queste superfici», dice Vincenzo Santopadre, il coach, «non mi stupisce vederlo in finale al secondo torneo che gioca sull’erba. So che si sente ancora sui banchi di scuola, e mi piace questo suo atteggiamento, la voglia di imparare che ci mette in ogni cosa che fa. I match giocati qui a Stoccarda sono stati tutti molto buoni, e i nomi dei giocatori battuti tutti di primo piano a cominciare da Kyrgios per proseguire con Khachanov. Lo vedo scendere in campo con leggerezza, senza cattivi pensieri. Vedo che si diverte giocando a tennis». Anche Felix Auger-Aliassime è alla terza finale. A Rio la prima, poi Lione. Perse, d’accordo, ma come pretendere di più da un ragazzino di appena 18 anni, al primo anno nel Tour? Canadese di famiglia originaria del Togo, una sorella tennista non meno forte di lui, uno che ha colpi e sa adattarli a qualsiasi superficie, duro dentro (ha avuto problemi cardiaci, in passato, li ha risolti con un piccolo intervento) e sospinto da motivazioni fortissime. «Gran giocatore», dice di lui Matteo, «ci siamo allenati insieme in questi giorni, ci siamo conosciuti. Sarà una finale tutta da scoprire, la prima volta che giochiamo contro». Felix vi è giunto per le vie spicce, grazie al ritiro di Raonic, bloccato dai soliti problemi alla schiena. Anche lui invia i complimenti a Berrettini: «Si trova a proprio agio su questa superficie, è sicuro, e ha un servizio che fa male». […]

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