Il sogno di Giulia Gatto-Monticone: "All'applauso finale mi è scesa una lacrima"

Wimbledon

Il sogno di Giulia Gatto-Monticone: “All’applauso finale mi è scesa una lacrima”

Trentenni agli antipodi: il ritiro di Sharapova, l’emozione di Gatto-Monticone. Non è detto che essere nate nello stesso anno significhi vivere esperienze tennistiche simili. Maria, Giulia e le parabole di carriera opposte

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Giulia Gatto-Monticone e Serena Williams - Wimbledon 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

da Londra, il nostro inviato

Secondo giorno di torneo a Wimbledon, con meno scossoni del primo. Era al via la parte alta del tabellone, e delle 16 teste di serie impegnate in 13 hanno vinto. E lo hanno fatto tutte in due set. Tre le eliminate: la numero 22 Vekic, la 26 Muguruza, la 32 Tsurenko.

Donna Vekic paga le conseguenze di un sorteggio sfortunato, visto che si è imbattuta in Alison Riske, la tennista che forse aumenta di più il suo rendimento quando ci si sposta sull’erba rispetto alle altre superfici. È stato un match lottatissimo (3-6 6-3 7-5) terminato con il buio. Per questo c’è stato bisogno della luce artificiale, e della conseguente chiusura del tetto del Court 1: è la prima volta in assoluto che durante i Championships viene fatto ricorso alla nuova copertura mobile. Erano passate le nove (ora locale) quando è finito il match e con questo successo Alison si è fatta il miglior regalo di compleanno possibile, visto che il 3 luglio compie 29 anni.

Tecnicamente prevedibile la sconfitta di Tsurenko. Lesia è entrata fra le teste di serie da numero 33 del ranking, “ripescata” dopo il forfait di Andreescu. Per lei non è il miglior momento della stagione; in più aveva di fronte aveva una tennista esperta come Strycova, che conosce bene l’erba e che sa cogliere le occasioni quando si presentano: 6-3 6-2 in 71 minuti.

Discorso differente per Garbiñe Muguruza. Due anni fa, nel 2017, diventava la campionessa di Wimbledon. Fra l’altro durante il percorso vincente aveva anche sconfitto la vincitrice del 2018 Angelique Kerber. Oggi invece esce per mano di Beatriz Haddad Maia (6-4, 6-4), una giocatrice che una volta si sarebbe detto che proponeva un tennis simile al suo, ma con una consistenza inferiore. Purtroppo ho seguito solo qualche breve frazione del match e quindi non me la sento di esprimere un giudizio tecnico sulla partita. In ogni caso è un peccato che una giocatrice come Muguruza, capace di esprimersi a livelli altissimi, stia vivendo un periodo di crisi che dura da ben più di un anno. Già vederla solo al numero 26 delle teste di serie sembrava uno spreco, figuriamoci uscire al primo turno.

Garbiñe ha solo 25 anni, e quindi è in una età che normalmente si associa al massimo picco di rendimento. Sottolineo l’età perché temo che sia diventata il fattore determinante per spiegare l’uscita, per ritiro, di Maria Sharapova, battuta da Pauline Parmentier. Masha non è più una testa di serie: dopo tutte le tribolazioni fisiche vissute, è scesa al numero 80 del ranking, ma rimane pur sempre una delle poche tenniste in attività che a Wimbledon hanno sollevato il Venus Rosewater Dish.

Sharapova è nata nell’aprile 1987: quindi per lei gli anni sono 32, di cui oltre la metà vissuti da professionista, dato che ha iniziato da giovanissima. Dopo i guai alla spalla, se non interpreto male, riemergono altri malanni che le erano costati la rinuncia agli US Open 2015. Il suo fisico sembra diventato di cristallo: si ferma per un problema e quando rientra ne arriva un altro a impedirle di recuperare una condizione accettabile.

Per noi italiani la storia più intrigante è senza dubbio quella di Giulia Gatto-Monticone, che è nata nel 1987 proprio come Sharapova. Le dividono sette mesi: il 19 aprile è il compleanno di Maria, il 18 novembre quello di Giulia. Eppure le loro sono due carriere agli antipodi. Masha bambina prodigio, Giulia tennista dalla maturazione lenta, che dopo i 30 anni si sta prendendo le migliori soddisfazioni. Qualche settimana fa ha saputo conquistare per la prima volta un posto nel tabellone principale di uno Slam, al Roland Garros. Ora l’esordio a Wimbledon, addirittura sul Centre Court e contro Serena Williams.

Ricordo che quando è uscito il sorteggio i lettori di Ubitennis si sono divisi in due partiti. Il primo ha parlato di enorme sfortuna nel pescare una tennista virtualmente imbattibile come Williams. Non poteva per esempio capitare una wild card locale per fare ancora strada? Il secondo partito lo ha invece giudicato il miglior sorteggio possibile per chi si presentava per la prima volta nel tempio del tennis. Vale a dire una “esperienza da sogno da raccontare ai nipotini”.

Entrambe le posizioni avevano buoni argomenti, e allora per dirimere il dubbio a fine match l’ho chiesto direttamente a Giulia. Risposta senza incertezze: esordio da sogno, il migliore possibile. Poi però ha aggiunto che il suo coach, almeno all’inizio, non l’aveva presa bene, salvo poi metabolizzare la situazione e spostarsi anche lui sul versante ottimista.

E a conti fatti credo che di questo Wimbledon le rimarranno ricordi solo positivi. Ma le cose non erano cominciate bene. Avvio comprensibilmente complicato: 0-5 in pochi minuti, tanto che in tribuna stampa si cominciavano a evocare precedenti infausti, e c’era chi si chiedeva se la durata del match avrebbe assunto una brevità da record.

Invece poi Gatto-Monticone ha cominciato a carburare: ha vinto due giochi che le hanno permesso di chiudere il set con un più che accettabile 2-6. Quella che però è da incorniciare è la prestazione del secondo set. La qualità di gioco è salita, il rovescio ha cominciato a incidere, e soprattutto sulla seconda ha sofferto meno, passando dal 14% di punti vinti nel primo set al 50% del secondo.

Il set è stato in costante equilibrio e quando Serena ha operato uno strappo in avanti (sul 5-3 e servizio) Giulia è stata capace di ribrekkarla mentre Williams serviva per il match. A quel punto la partita ha assunto un sapore differente. Giornalisticamente non era più una vicenda “di colore” ma un evento sportivo da raccontare senza se o ma, in cui Serena ha rischiato davvero di giocarsi il secondo set al tie break, visto che Gatto-Monticone ha avuto la palla per il sei pari. Alla fine il match si è chiuso sul 6-2, 7-5 in 80 minuti esatti, 51 per il solo secondo set.

Si può interpretare la prestazione di Giulia da due punti di vista diversi. Da quello più generale questo match ha fornito una ulteriore prova che il movimento femminile diventa sempre più competitivo e anche fuori dalle prime 100 ci sono giocatrici che non solo non sfigurano sul Centrale di Wimbledon, ma che possono impegnare le prime del mondo.

In termini più personali la sua è una storia che, almeno per un giorno, ha offerto una prospettiva differente rispetto alla routine dei nomi che si incontrano tra loro in ogni torneo del mondo. A 31 anni è una giovane donna matura, che guarda al tennis con la consapevolezza della propria professione ma anche con la cultura sportiva necessaria per apprezzare davvero, sino in fondo, i nuovi traguardi che ogni giorno riesce a conquistare.

L’intervista in sala stampa è stata speciale anche per questo, perché Gatto-Monticone ha raccontato la sua esperienza con gli occhi di chi per tanti anni ha guardato verso Wimbledon da fuori, ma poi finalmente si è trovata a vivere tutto in prima persona. Per questo riporto ciò che ha detto nel modo più letterale possibile. Credo non occorra aggiungere altro.

Sulla partita: “Giocare su questo campo con una avversaria del genere mi ha richiesto una ventina di minuti per ambientarmi. Tre anni fa giocavo gli ITF da 15000 dollari, trovarsi sul centrale di Wimbledon non è proprio la stessa cosa. Poi mi sono sciolta. Nel secondo set non ho mai pensato al punteggio o all’idea di rovesciare il match perché mi sono sempre e solo concentrata sul singolo punto. Sulla palla e sulla racchetta. Appena c’era l’occasione, cercavo di spingere con l’obiettivo di farla muovere il più possibile, anche se non è una impresa facile”.

Sulle qualità di Serena: Certi suoi servizi si sentono proprio sul polso, per quanto sono pesanti (oggi ha superato i 200 km/h). Poi invece una volta nello scambio mi aspettavo una palla, devo essere sincera, molto più forte. Invece no. Però ovviamente, quando ce l’ha sopra la spalla… Però sa trovare angoli che altre tenniste si sognano. Per esempio nelle qualificazioni ho incontrato Oceane Dodin, che sa spingere forte la palla. Ma gli angoli di Serena non è assolutamente in grado di trovarli”.

Sì, effettivamente il punto del match point (con scambio a rete ravvicinato) avrei potuto anche vincerlo io: ma quando dall’altra parte delle rete c’è Serena le cose sono un po’ diverse… Sono state emozioni forti, e all’applauso finale una lacrima mi è scesa. A fine match è stata gentilissima. Lei mi ha detto ‘amazing player’ anche se non so se lo pensa davvero. Io le ho detto che è la regina di Wimbledon. E le ho chiesto se potevamo farci un selfie insieme, ma poi dal panico non trovavo il mio telefono. Allora lei ha preso il suo e mi ha detto che caricherà la nostra foto su Instagram. Poi abbiamo fatto un’altra foto con Tommaso (il coach) e Mouratoglou tutti e quattro insieme. È stata davvero gentilissima”.

Sulla esperienza a Wimbledon: “Oggi è stato un giorno emozionante. Questa mattina ci hanno fatto provare il percorso che porta dagli spogliatoi sino al Centre Court e che passa attraverso gli spazi del circolo. È un posto pazzesco: l’ingresso, divani, fiori, trofei. Mi hanno spiegato il cerimoniale: cosa fare, dove aspettare prima di entrare in campo”.

“E poi siamo arrivati al campo, ancora senza pubblico: bello. Bello (lo ripete due volte). Me lo aspettavo diverso. Dato che è piuttosto largo non mi ha fatto così impressione. Ma è stato fantastico, davvero emozionante. Quando l’ho rivisto pieno, con gli spettatori, ancora di più. E poi l’erba del Centrale non è certo quella del torneo di Nottingham. Durante la prova del percorso ero con il mio team. Ci siamo emozionati tutti. Da brividi. Il mio primo Slam è stato Parigi, ma ovviamente il Centrale di Wimbledon con Serena resteranno indimenticabili”.

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