Wimbledon lo Slam migliore? Dipende...

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Wimbledon lo Slam migliore? Dipende…

L’atmosfera esclusiva e un po’ snob dell’All England Club non è per tutti i gusti. Qualcuno preferisce qualcosa di diverso

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I grounds di Wimbledon (foto AELTC/Chris Raphael)
 

Dal nostro inviato a Londra

Verso la fine di un torneo dello Slam i risvegli mattutini si fanno solitamente più difficoltosi, perché la stanchezza si fa sentire. Questo sabato mattina, però, ho avuto un’insolita iniezione di energia leggendo la copia in anteprima dell’editoriale di Ubaldo (ebbene sì, noi possiamo leggere in anteprima il pensiero di Ubaldo: saremo ben fortunati!). Un passaggio mi ha fatto sobbalzare dal letto:

Hai voglia a negarlo, a sostenere che Wimbledon è un torneo anacronistico perché è l’unico torneo che davvero conta sull’erba in una stagione che dura un mese, ma l’atmosfera che si vive qui non la si vive da nessun altra parte e giustifica le code, l’irreperibilità dei biglietti, i prezzi esosi di quelli e del resto. Chi è stato a Wimbledon lo sa, lo ha percepito, non farebbe a cambio con nessun biglietto di nessun altro torneo. Vi sfido a trovare chi sostenga il contrario.

Ho mandato subito una mail a tutta la redazione dicendo “Eccomi qua. Io faccio cambio. E lo dico da tifoso che è andato a tutti gli Slam pagando il biglietto”. E così mi ritrovo a scrivere per spiegare il punto di vista di quello che cambia i biglietti di Wimbledon con quelli di un altro Slam.

Ok, ma quale Slam?

Innanzitutto è doveroso premettere che io parto da una prospettiva privilegiata: come ho detto, sono andato a tutti i tornei dello Slam da semplice tifoso, al contrario del Direttore Scanagatta che però ha un grosso svantaggio anagrafico da questo punto di vista. Lui ha iniziato a coprire giornalisticamente il tennis nel 1974, e prima di allora i costi dei viaggi intercontinentali (e non solo) erano fuori dalla portata di molti, per cui non è onesto “rimproverargli” di non essere andato in Australia da giovane appassionato come invece è tutt’altro che impossibile fare oggi. In ogni modo, posso confrontare i quattro tornei dal punto di vista dello spettatore.

Credo sia impossibile dire quale è più bello, quale ha più “atmosfera” e quale ne ha meno. Si tratta di concetti molto soggettivi, ognuno di noi dà importanza ad aspetti diversi di una stessa esperienza. E l’esperienza che si vive è differente in ognuno dei quattro tornei maggiori.

Personalmente mi trovo più in linea con il tennis da parco pubblico dello US Open o dell’Australian Open. Si tratta di due eventi che, in termini di spettatori, totalizzano quasi il 50% di presenze in più rispetto ai loro “pari grado” europei, soprattutto grazie alla presenza delle sessioni serali, e proprio per questo danno decisamente la sensazione di essere dei grandi festival del tennis. Come ho già accennato diverse volte nei video registrati da Parigi, che sembra voler essere un “Wimbledon rosso”, gli Slam europei stanno a quelli extraeuropei come le boutique di Via Condotti o Rue Saint-Honoré stanno agli outlet mall: più piccoli ed eleganti, meno spazio, ambiente più chic. Per i prezzi… siamo lì, nessuno regala nulla!

Si può dire che ognuno dei quattro Slam incorpora l’essenza del Paese e della città che lo ospita. A Melbourne c’è la sublimazione delle vacanze estive australiane: festa, musica, barbecue, un caldo atroce. Tutti possono venire e tutti sono benvenuti. Il Roland Garros cattura l’essenza chic di Parigi in uno spazio ridotto e incredibilmente curato in ogni dettaglio. A Wimbledon tutto è splendidamente “verde e viola”, e trasuda di esclusività elitarista: tutti quelli che sono lì hanno dovuto attraversare procedure complicatissime, file, chiedere favori o pagare cifre importanti. New York invece è la città dell’inclusione e degli eccessi: c’è spazio per tutti, dai ground proletari per chi si arrostisce sotto il sole impietoso alle presenze VIP delle suite con aria condizionata e buffet a base di gamberoni.

Durante il match di venerdì tra Federer e Nadal, per esempio, a parte lo straordinario spettacolo in campo, era evidente che la folla sugli spalti apparteneva ad un’elite ultra-selezionata. D’altronde però la divisione in classi è uno dei pilastri della società inglese: due coetanei che crescono in un paesino di poche migliaia di anime in Italia finirebbero inevitabilmente per conoscersi e comunque frequentare almeno in parte gli stessi ambienti (scuola, forse chiesa, bar, discoteche). In Inghilterra è tranquillamente possibile che le strade di questi due coetanei non si incrocino mai, e a causa della differente classe sociale i due frequentino diverse scuole, diverse compagnie, abbiano diversi luoghi d’incontro e di divertimento. A Wimbledon ci vanno solo “certe” persone, gli “altri” guardano in TV. A New York e Melbourne invece non accade, ed è per questo che personalmente preferisco l’esperienza Slam negli USA o in Australia ad una qui.

Ciò non significa che tutti debbano pensarla allo stesso modo: per fortuna non tutti i gusti sono alla vaniglia, soleva spesso dire il grande Gianni Clerici. Però quanto a dire “vi sfido a trovare chi sostenga il contrario”, beh… Direttore riprova un’altra volta, sarai più fortunato.

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