Caruso si rompe con il suo sogno (Benvenuti). Onda rosa su Palermo (Vannini). Essere Federer in due match point (Imarisio)

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Caruso si rompe con il suo sogno (Benvenuti). Onda rosa su Palermo (Vannini). Essere Federer in due match point (Imarisio)

La rassegna stampa di domenica 21 luglio 2019

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Caruso si rompe con il suo sogno (Daniele Benvenuti, Tuttosport)

Dura un’ora esatta il sogno di Salvatore Caruso di approdare alla finale dell’Open di Umago contro il già qualificato ungherese Attila Balazs. Un infortunio alla gamba sinistra, verificatosi proprio nell’ultimo game del primo set, nega infatti al giocatore di Avola la possibilità di regalare al tennis italiano per il quarto anno consecutivo la sfida per il titolo del torneo croato inserito nel circuito ATP World Tour 250 series dopo Fabio Fognini (vincitore nel 2016), Paolo Lorenzi (finalista nel 2017) e il campione uscente Marco Cecchinato. Un cocente rammarico, giacché Caruso aveva iniziato il match in maniera convincente, trovando un prezioso break al terzo gioco (2-1) e poi difendendo il vantaggio fino al 5-3, ottenuto a zero. A quel punto, tuttavia, il serbo Dusan Lajovic (testa di serie numero 4) aveva comunque iniziato a salire di livello, vincendo tre game di fila e portandosi sul 6-5. Quindi, il siciliano andava a servire per agganciare almeno il tie-break ma, sullo 0-30 (e dopo 51′ esatti di gioco), si infortunava e a nulla valeva anche l’intervento del fisioterapista. Inutile anche lo stoico tentativo di continuare, mentre l’avversario non aveva difficoltà a chiudere in scioltezza gioco e set contro un giocatore menomato. Caruso ha provato anche a iniziare il secondo set con il servizio a favore ma, vistosamente claudicante, stringeva quasi subito la mano a Lajovic e all’arbitro sul punteggio di 0-40. In precedenza, l’ungherese Balazs (proveniente dalle qualificazioni e vittorioso in semifinale contro Stefano Travaglia) aveva superato abbastanza agevolmente il serbo Laslo Djere. E’ finita in semifinale, dopo cinque match vinti di fila, la corsa di Martina Di Giuseppe sulla terra di Bucarest, in Romania. La 28enne romana, n.211 del ranking mondiale, promossa dalle qualificazioni, cede per 6-3 6-2, in poco più di un’ora di partita, alla kazaka Elena Rybakina, 20 anni, 106 Wta, che oggi si giocherà il titolo con la rumena Patricia Maria Tig, senza ranking dopo 18 mesi di stop per infortunio prima e perla nascita della sua primogenita poi.

Onda rosa su Palermo (Paolo Vannini, Corriere dello Sport)

Palermo torna dopo cinque anni nel circuito internazionale del tennis e spera di portare con sé “l’Onda rosa” che per tanti anni ha caratterizzato il nostro movimento. In un momento di flessione delle ragazze italiane, dopo le stagioni d’oro delle moschettiere di Fed Cup, alla 30^ edizione del Palermo Ladies Open, scattata ieri coi match di qualificazione, ben cinque azzurre sono nel tabellone principale, sia pure grazie a delle wild card, e con in più la sorpresa di Martina Di Giuseppe, che entrerà di diritto nel main draw in virtù di uno special exempt dovuto alle sorprendenti semifinali raggiunte a Bucarest. Ognuna delle azzurre presenti sulla tersa rossa del Country Club ha una storia interessante da raccontare. Ed è un peccato che la nostra numero 1, Camila Giorgi, a lungo corteggiata dagli organizzatori, alla fine abbia detto no per le precarie condizioni fisiche. Ma gli stimoli delle altre sono solidi. Si va dalla voglia di rivalsa di Sam Errani, che ha legato a questo torneo alcuni dei momenti più belli della carriera (2 vittorie e 2 finali), alla notorietà che, a quasi 32 anni, ha conquistato Giulia Gatto Monticone, dopo la passerella sul Centrale di Wunbledon opposta a Serena Williams. Cerca conferme di una crescita graduale Jasmine Paolini e ha trovato posto grazie a una serie di ritiri anche Martina Trevisan. C’è anche curiosità per la seconda puntata in un torneo Wta della Di Giuseppe, che potrebbe fare un bel balzo in classifica e trovare, anche lei già 28enne, quella fiducia che solo i risultati possono regalare. E’ un’occasione che le azzurre dovranno provare a sfruttare perché tornei di casa ce ne sono pochi […]: confortante la risposta degli abbonamenti, ben 1.350. Il sorteggio di ieri sera ha già fissato un derby assolutamente medito: Errani contro Di Giuseppe, chi va avanti troverà sulla propria strada la testa di serie n. 5, la francese Parmentier. Complicata la sfida della Trevisan, opposta alla seconda favorita, l’altra francese Cornet, che è appena arrivata in finale a Losanna. Un’altra testa di serie, la Siegemund (n. 6), reduce da un ottimo risultato a Bucarest, sarà anche sulla strada della Paolini. Più abbordabile appare il match della Gatto Monticone con la tedesca Lottner, n.190. Ancora in corsa fra le azzurre anche la Cocciaretto che ieri ha superato il 1° turno delle qualificazioni. Furori invece Deborah Chiesa, Federica Rossi e Cristiana Ferrando. Le maggiori attenzioni si convoglieranno su Kiki Bertens, l’olandese n. 5 Wta, al ritorno sulla terra rossa e in Italia dopo le semifinali raggiunte a Roma e una buona stagione sull’erba (una finale e una semifinale).

Essere Federer in due match point (Marco Imarisio, Corriere della Sera)

A una settimana di distanza, quei due match point sono quasi diventati un’entità viva, con la quale sfogarsi e recriminare, cercando di elaborare un lutto collettivo. Non esiste un amore sportivo paragonabile a quello che il mondo prova per Roger Federer. Gli altri, nel calcio o nel basket, hanno una squadra e una bandiera. Il Re è di tutti. E quando perde, i suoi ammiratori soffrono come se fosse uno di famiglia, il genio buono a cui speri che tutto vada bene. Domenica scorsa a Wimbledon, Federer non ha solo perso. Ha sofferto e sta soffrendo, come mai forse gli era capitato. Proprio quando era a un solo punto dalla sua vittoria più bella, quella che avrebbe chiuso ogni discussione sul più grande di sempre. Abbiamo letto distopie dove l’ultima palla steccata dal Re ricade nel campo di Novak Djokovic che sbaglia, e la partita continua fino alla sua vittoria. Abbiamo visto comparazioni dell’ultimo match point della finale di domenica con quello della vittoria del 2012 contro Andy Murray, simili ma non uguali, quasi che l’immagine affiancata della sua gioia di sette anni fa, potesse evocare quel che doveva essere. Non c’è neppure una spiegazione tecnica o un senso compiuto a cui aggrapparsi, se non riconoscere la natura umana di quello che è invece considerato un Dio, ma è anche il giocatore che ha perso più partite con match point a disposizione, ben ventiquattro. Uno di noi, con le sue paure, e non una divinità lontana. Ma questo non addolcisce la sensazione di ingiustizia. Ce l’aveva fatta, era il giorno dei buoni, toccava a lui. «I due match point di Federer». Allora torniamo indietro. A sorpresa l’ago della bilancia del quinto set pende verso di lui. Djokovic non gioca bene. Resiste, tutto qui. Lo obbliga a giocare ogni volta due colpi in più. Ma subisce. E subisce anche il break. 8-7. Alle 19.24, ora italiana, Federer serve per il match. Con due aces centrali sale 40-15. Eccoci. Non c’è mai stata una posta in gioco più alta nella storia di questo sport. Non è solo Wimbledon. È la chiusura del cerchio. Roger, Rafa, il neoclassicismo e la sua nemesi sotto forma di pura forza di volontà. E poi Novak Djokovic, il dio minore, quello che è arrivato dopo, e insidia una storia d’amore che si vorrebbe infinita. I tre più grandi, tutti nella stessa epoca. Federer non ha mai vinto uno Slam battendo quei due. Nadal lo ha fatto al Roland Garros quando Djokovic era ancora bambino, non vale. Djokovic nell’ormai lontano Us Open del 2011, il suo primo anno di grazia. Il valore simbolico di quell’ultimo punto è spaventoso. I tifosi di tutto il mondo pregano. «Ancora una volta». Sanno che se fa quel punto non ci sarà più nulla da chiedere, tutto questo amore sarà appagato. Federer tira una prima esterna. Djokovic risponde profondo. Lo svizzero non ha altra scelta, cerca il vincente di contro balzo. Fuori. II cordoglio collettivo si concentra sul secondo match point. Federer va a rete subito, quasi a liberarsi, a finirla una volta per tutte, dai che sbaglia, la metterà fuori. Invece è dentro. Ha lottato per altri quaranta minuti. Ma sembra che tutto sia finito in quel momento. Quando finisce davvero, la Bbc conclude la sua cronaca in diretta senza una parola sul vincitore. «Due match point. Sul suo servizio. Potrebbe non avere mai più un’occasione del genere». Lo pensano tutti, e per chi lo ama è un pensiero intollerabile. […]

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