Montreal: un altro record mondiale di pubblico, in attesa del tetto

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Montreal: un altro record mondiale di pubblico, in attesa del tetto

Oltre 223.000 spettatori per la Rogers Cup di Montreal, nonostante una sessione cancellata. Si cercano i fondi per un tetto

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L'IGA Stadium di Montreal al tramonto
 

da Montreal, il nostro inviato

La Rogers Cup versione Montreal (o per meglio dire la “Coupe Rogers”) è uno degli eventi preferiti nel panorama tennistico non solo per un buon numero di tennisti, Rafael Nadal in primis (“Montreal mi piace molto, è una città di stampo molto europeo, ho sempre piacere a tornarci, anche perché lo faccio sempre d’estate…”), ma anche dell’ATP e dei suoi rappresentanti. “Nel rapporto del Supervisor ATP ci sono tante cose positive sul torneo – ha detto Eugene Lapierre, Direttore del torneo, nella consueta conferenza stampa di fine settimana – ma soprattutto viene fatto notare come già dalle qualificazioni ci siano file lunghissime per entrare nell’impianto, ancora prima che inizino gli incontri del tabellone principale”. Forse non è un caso che l’ingresso ai ground (ma non al centrale) durante il weekend introduttivo sia gratuito per le famiglie, che possono quindi venire a passare una giornata al tennis tra incontri di qualificazione e big che si allenano sui campi laterali.

Anche quest’anno la Rogers Cup di Montreal ha ritoccato il record mondiale di presenze per un torneo non-combined di una sola settimana, e lo ha fatto nonostante la sessione serale del sabato sia stata completamente cancellata a causa del ritiro di Gael Monfils, incapace di scendere in campo nella sua semifinale contro Rafael Nadal: “Abbiamo fatto registare 223.016 spettatori, e questo nonostante uno ‘zero’ nella casella della sessione serale di sabato – ha spiegato Lapierre – Se non fossimo stati costretti a cancellare quella sessione, il record sarebbe stato ancora più importante”.

Lo scherzetto, principalmente causato dalla pioggia che ha costretto Monfils a vedersi programmati quarti e semifinali a poche ore di distanza, è costato a Tennis Canada circa un milione di dollari canadesi (più o meno 700.000 euro), che verranno recuperati almeno per metà grazie a una provvidenziale polizza assicurativa stipulata per la prima volta proprio quest’anno dagli organizzatori montrealesi.

Nel corso di questa edizione abbiamo apportato qualche miglioria alle strutture dedicate ai giocatori: la loro palestra è stata ingrandita e abbiamo prestato particolare attenzione alla qualità del cibo”. Dettagli di cui lo spettatore comune, ma anche gli addetti ai lavori che passano una settimana all’interno dell’impianto, non può accorgersi, ma che fanno sicuramente la differenza per chi deve decidere se giocare un torneo piuttosto che un altro. “Sono stati creati più punti di ristoro, con l’introduzione dei ‘food trucks’ e sono state anche pensate più zone d’ombra per offrire refrigerio agli spettatori nelle giornate più calde”.

Ancor prima che la finale dell’edizione 2019 fosse iniziata, Lapierre e il suo team si sono già attivati per preparare una lista delle migliorie da effettuare per l’edizione 2020, che come capita una volta ogni quattro anni dovrà fare i conti con l’ingombrante presenza del torneo olimpico. “Fortunatamente nel 2020 ci sarà una settimana di pausa tra la fine del torneo olimpico e l’inizio della Rogers Cup, per cui avremo sicuramente più margine rispetto ad altre occasioni. Ciononostante credo sarà importante per noi assicurare alle giocatrici [la Rogers Cup di Montreal 2020 sarà un Premier 5 WTA n.d.r.] di poter arrivare a Montreal velocemente e comodamente per recuperare le 12 ore di fuso orario [che sono in realtà 11 n.d.r.] rispetto a Tokyo”. Tennis Canada pensa quindi di organizzare un volo charter Tokyo-Montreal per fare in modo di avere soprattutto le giocatrici di punta a Montreal diversi giorni prima del torneo, presumibilmente assicurando loro ospitalità e campi di allenamento per abituarsi a fuso orario e condizioni di gioco nordamericane alla vigilia della stagione di preparazione per lo US Open.

Daniil Medvedev si allena a Montreal. Nel 2020, gli uomini ‘traslocheranno’ a Toronto

È molto probabile che la decisione di investire nel trasporto (un charter dal Giappone al Canada può costare svariate centinaia di migliaia di dollari) sia stata dettata dalla pessima esperienza avuta nel 2016 dalle giocatrici che hanno dovuto trasferirsi dalla Rogers Cup di Montreal a Rio de Janeiro (tre anni fa, fu il torneo canadese a precedere quello olimpico). La stragrande maggioranza delle atlete aveva prenotato un volo per il lunedì successivo alla finale, in quanto a causa delle Olimpiadi la disponibilità di posti era molto limitata e non era possibile poter decidere il giorno della partenza in base alla propria giornata di uscita dal torneo canadese. Tuttavia quel lunedì un problema meteo nella zona di New York causò la cancellazione di parecchi voli su cui le tenniste erano prenotate, costringendo parecchie di loro a rimanere per buona parte della giornata in attesa di riprenotazioni all’aeroporto Trudeau di Montreal e finendo per arrivare a Rio dopo viaggi durati a volte anche un paio di giorni attraverso itinerari particolarmente tortuosi.

Oltre al “charter olimpico”, Tennis Canada ha in programma di migliorare le Sky Lounges, ovvero le suite riservate agli sponsor, di fornire più punti acqua ed elettricità nei ground per aumentare le concessioni, di mettere più posti a sedere nei ground e di mettere più navette per i parcheggi. Ma soprattutto vogliono allargare l’edificio principale per avere più strutture di supporto: “Ne abbiamo già parlato con la Città di Montreal, ma non so quanto sarà possibile”.

Prima del torneo, poi, era già stata fatta una conferenza stampa apposita per parlare del progetto del tetto: un investimento di 60-70 milioni di dollari, che consentirebbe di coprire lo stadio e per cui Tennis Canada è alla ricerca di un finanziamento, oltre che di soluzioni ingegneristiche appropriate. “ Abbiamo parlato con almeno una ventina di gruppi di residenti della zona – ha spiegato Lapierre – mettendo ben in chiaro che non vogliamo il tetto per poter sfruttare lo stadio per altri eventi nel corso dell’anno: vogliamo solamente poter completare il programma di gare come stabilito anche in giornate di pioggia, dato che ci sono televisioni che aspettano e spettatori in tutto il mondo in attesa di vedere le partite”. Al momento solamente Madrid e Shanghai, tra i Masters 1000, hanno stadi con tetti retrattili, oltre ovviamente a Parigi-Bercy che è un torneo indoor, ma la tendenza è quella di investire quanto più possibile in strutture di questo tipo per poter mantenere il proprio status nel calendario ATP e WTA.

In un’intervista rilasciata alla televisione canadese TVA, Lapierre ha spiegato come c’è grande pressione da parte di località in Medio Oriente piuttosto che in Asia per avere i “pezzi pregiati” del calendario tennistico, e non può essere dato per scontato che Montreal manterrà negli anni i suoi tornei importanti a meno di non migliorare costantemente la propria offerta. Già il montepremi in palio è stato aumentato negli ultimi anni del 14% a stagione, un ritmo di aumenti che Lapierre definisce “insostenibile”, ma le continue pressanti richieste da parte dei tennisti di ricevere una percentuale maggiore degli introiti dei tornei probabilmente provocheranno un’impennata nel ritmo degli aumenti.

Per ora, anche senza il tetto sul centrale che al più presto non potrà essere operativo prima del 2023, Montreal continua a regalare al mondo del tennis l’entusiasmo dei suoi tifosi e i record di pubblico che sono difficilmente replicabili in altre città, nella speranza di poter rintuzzare gli attacchi dei dollari pesanti provenienti dall’Est.

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