Berrettini-Lorenzi, che show. Dubbio Djokovic: spalla ko (Scanagatta). Djokovic, è allarme. Dolore a una spalla: «Stavo per ritirarmi» (Crivelli). Allarme Djokovic, rischia seriamente l'abbandono (Basile). Azzurro New York (Crivelli). Sascha e gli Slam, è una via crucis (Azzolini)

Rassegna stampa

Berrettini-Lorenzi, che show. Dubbio Djokovic: spalla ko (Scanagatta). Djokovic, è allarme. Dolore a una spalla: «Stavo per ritirarmi» (Crivelli). Allarme Djokovic, rischia seriamente l’abbandono (Basile). Azzurro New York (Crivelli). Sascha e gli Slam, è una via crucis (Azzolini)

La rassegna stampa di venerdì 30 agosto 2019

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Berrettini-Lorenzi, che show. Dubbio Djokovic: spalla ko (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

Sul campo n.9 dove sarebbe poi sceso in campo Lorenzo Sonego contro lo spagnolo Pablo Andujar, n.70 Atp, Matteo Berrettini ha superato anche il secondo turno all’US Open. Il tennista romano ha vinto in 4 set sull’australiano Thompson, n.49 del mondo: 75 76 46 61 (2h e 57 m). Il ragazzone (1m e 96 cm) allenato da Vincenzo Santopadre ha vinto un match segnato da 107 errori complessivi, 53 dell’uno e 54 dell’altro, e molti meno vincenti, 70 (42 a 28 per Matteo). “Berretto” ha giocato così così, ma ha vinto e questo conta. Faceva caldo, i campi quest’anno sono lenti. Lo hanno osservato sia Federer sia Djokovic. 13 ace per uno che batte come Berrettini sono pochini. Ma è vero che la “prima” gli entrava poco. Appena il 56%, quasi una sì e una no. Matteo piace molto a Mats Wilander: «Sembra così poco italiano come atteggiamento…Ma mi piace ancor più Sinner, che prima è stato campione nello sci…». Becker dice: «Fortunati voi italiani ad avere tutti questi bravi giovani. Ma io resto un fan di Fognini… un artista. Che esprime sempre emozioni, anche se non sempre nel verso giusto». Ieri è arrivato anche il successo al secondo turno di Paolo Lorenzi. Il 37enne senese, numero 135 del ranking mondiale, ripescato in tabellone come lucky loser, ha battuto in cinque set il Next Gen serbo Miomir Kecmanovic, vent’anni, numero 50 Atp, con il punteggio di 7-6 (11), 6-7 (2), 7-6 (2), 3-6, 6-3 dopo 4 ore e 51 minuti di autentica battaglia. E ora non deve porsi più limiti. Djokovic era favoritissimo prima dell’inizio del torneo, ma ora ha male a una spalla. «Contro Londero ho temuto di non poter finire il match. Dovrò fare degli ultrasuoni. Spero di riuscire a giocare…». Lo aspetta un piccoletto americano, Kudla, che non dovrebbe infastidirlo più della spalla sinistra.

Djokovic, è allarme. Dolore a una spalla: «Stavo per ritirarmi» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Anche i giganti hanno paura. Tremano le gambe. Tremano le braccia. Venus Williams, per darsi la scossa durante la stesa contro la Svitolina, a un certo punto si è fatta portare addirittura un caffé. Addormentato è sembrato pure Federer mercoledì nell’approccio alla sfida contro Dzumhur, con un primo set orribile: in generale il Divino continua a dare la sensazione di una condizione atletica e psicologica (ahi, quei due match point a Wimbledon non se ne vanno…) lontana dalla possibilità di essere un contender dell’ultimo Slam stagionale, che del resto non vince dal 2008. Il Roger frustrato di questi primi giorni americani («Quando ti succede due volte di partire male, quando il tuo livello di gioco è cattivo, sei per forza un po’ deluso») si può tuttavia consolare con un altro record: è diventato il primo uomo della storia a giocare 100 partite in tre Slam diversi (New York, Wimbledon e Australian Open). E in attesa, magari, di superarlo a quella benedetta quota 109 nei tornei conquistati, sottrae un primato a Connors: è il primo che arriva per la 19^ volta al terzo turno degli Us Open. I numeri dell’eternità leniscono un po’ i problemi, mentre Djokovic dovrà sperare che i suoi possano essere risolti da un bravo dottore. La vittoria contro Londero, infatti, si porta dietro un guaio niente affatto banale, un dolore alla spalla sinistra che ha obbligato il numero uno del mondo a diversi time out medici e a metà del primo set lo ha spinto, parole sue, sull’orlo del ritiro. Già a Cincinnati, durante e dopo la sconfitta contro Medvedev, Nole era apparso sofferente: «Ce l’ho da un po’ di tempo, a volte è sopportabile e altre volte è molto fastidioso. Non è stato facile giocare con il dolore, ma siccome in carriera mi era già successo, questo in qualche modo mi ha aiutato. Di sicuro ero limitato al servizio e nel rovescio, ringrazio lo staff medico se sono riuscito a finire la partita. Non so se sarei stato in grado di concluderla. La cosa positiva degli Slam è che hai un giorno di sosta fra un match e l’altro, questo mi fa sperare di trovare qualche soluzione. Probabilmente metterò il braccio sotto ghiaccio per 48 ore, non lo muoverò e vediamo che succede. Ma certo devo fare un po’ di consulti per capire come giocare senza soffrire così tanto». […]

Allarme Djokovic, rischia seriamente l’abbandono (Massimo Basile, Corriere dello Sport)

Quando Novak Djokovic, a fine partita, stava lanciando al pubblico dell’Arthur Ashe le palline con il suo autografo, John e Patrick McEnroe hanno pensato a Robert De Niro, ma non nel senso che pensate. «Beh – dicevano nel commento tecnico in tv – l’infortunio non sembrava averlo bloccato in questi giorni. E’ un grande attore, meglio di De Niro». «Mah, forse è caduto dalla barca mentre era in vacanza in Croazia», e giù risate. Ma De Niro-Djokovic non stava recitando: ha davvero male alla spalla sinistra e fino a ieri mattina era incerto se proseguire. Alla fine ha deciso: andrà avanti. […] Prima del match, rispondendo a un giornalista, il numero uno al mondo aveva confessato: «Ho problemi a una parte del corpo, ma non dico quale. Non è una parte intima, ma ora sto già meglio rispetto a quattro giorni fa». Al sesto gioco del primo set, quello del 3-3, Nole ha mostrato una smorfia di dolore. Sul 4-3, in battuta, non era più in grado di stendere il braccio sinistro. Sul 5-4 40-30 e set ball a favore del serbo, c’è stato uno degli scambi più prolungati, ventidue colpi, e drammatici. Al quindicesimo, Djokovic ha lanciato un gemito, al diciassettesimo ha urlato, prima di mandare la pallina a un millimetro dall’out e vedere la risposta in rete di Londero. Punto e set. Per due volte il serbo ha chiesto aiuto al fisioterapista, che gli ha spalmato una crema calda sulla spalla. Il secondo è finito al tie-break che, però, Djokovic ha vinto in modo chiaro, 7-3. ll terzo non ha avuto storia: 6-1. Ma il dolore alla spalla resta un’incognita. Bastava guardarlo mercoledì notte in sala stampa dopo il match. Il serbo parlava dell’infortunio, scuotendo la testa, facendo schioccare la lingua in modo nervoso, allargando le braccia sconsolato come a dire, non so cosa farci: «Il dolore va e viene, sale e scende, ma quello che è successo in campo non era prevedibile. Il fatto che si riposi tra una partita e l’altra è un vantaggio. Sentirò cosa diranno i medici, spero di recuperare e non avere più dolore. Ai cambi ho cercato di sfruttare il regolamento che permette l’assistenza medica. E’ stato grazie a medico e fisioterapista se sono rimasto in gara. Per fortuna sono riuscito a rimontare Londero e a vincere in tre set». Un epilogo al quinto avrebbe potuto portarlo al ritiro. […]

Azzurro New York (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

L’autostrada è là, chi ne approfitterà? Se l’America è la terra delle opportunità, questa allora è un’estate da colorare di azzurro, in una parte di tabellone degli Us Open che ha già salutato Tsitsipas e Thiem e dunque schiude la porta almeno verso la seconda settimana. Perciò in alto i cuori per Berrettini, rispettoso del pronostico favorevole contro il solido manovale australiano Jordan Thompson, 55 del mondo, piegato in quattro set in una partita complicata proprio dall’idea di futuro che si portava dietro, perché un terzo turno Slam contro Popyrin assomiglia quasi a una benedizione sulla via degli ottavi, che rappresentano sempre il discrimine tra un torneo dignitoso e una sfilata di lusso. Berretto non mette troppe prime ma è pungente quando conta (86% di punti con la prima), continua a mostrare progressi intriganti nel rovescio, tanto in lungolinea quanto in slice e si esalta nei momenti caldi, anche se il dritto qualche volta lo abbandona. […] Un successo maturato con qualità alterna ma con un cuore grande così, che coach Santopadre accoglie con grande soddisfazione: «Non ha giocato il suo miglior tennis, però ha vinto 6-1 il quarto, non possiamo lamentarci. Credo si possa passare anche il prossimo turno, senza sottovalutare nessuno. Il match è stato difficile dal punto di vista mentale, ha dovuto adattarsi a condizioni più difficili del previsto, è stato bravo a non mollare su nessuna palla, stando lì con la testa anche se non si sentiva al top». Unica, piccola amarezza personale del pomeriggio, l’eliminazione della fidanzata Tomljanovic contro la Kontaveit. Che felicità trasuda invece dal campo 14 dove Paolino Lorenzi, da lucky loser, si ritrova al terzo turno e con circa 150.000 euro in più sul conto in banca. Venerdì scorso, dopo l’eliminazione nell’ultima partita delle qualificazioni, Paolino era sotto un treno, poi la fortuna gli ha dato una mano e lui in due maratone strappapolmoni ha dimostrato di meritarsela. Dopo le 4 ore e 20′ contro il talentino Svajda, che ha 21 anni meno di lui (16 a 37), battuto in rimonta da due set a zero sotto, il senese numero 135 del mondo (ma adesso riavvicinerà la top 100) si concede la seconda perla contro il ventenne serbo Kecmanovic, 50 Atp, domato al culmine di una battaglia di 4 ore e 47 minuti. […]

Sascha e gli Slam, è una via crucis (Daniele Azzolini, Tuttosport)

E’ curioso come Sascha Zverev abbia coltivato, negli anni (e cominciano a essere cinque, ormai) una sorta di intolleranza ai tornei del Grand Slam, che si pensava fossero lo sfogo naturale di un predestinato al soglio tennistico. Difficile dire che cosa sia successo. Certo è che il ragazzone di Amburgo vive gli appuntamenti di Parigi, Wimbledon, Melbourne e NewYork come una via Crucis di fatica e di dolore. Per carità, ieri alla fine ha vinto, e contro Francis Tiafoe, uno che gioca colpi inguardabili pero ci dà dentro da matti, ma lo ha fatto come ormai fa sempre, vincendo rapidamente il primo, e altrettanto prontamente consegnando il secondo all’avversario, e così via, fino al quinto set. E’ ormai un abbonato, il giovane Sascha, al rito della quinta partita. Qui ne ha già giocati due, contro Albot e poi Tiafoe, due anche a Parigi, uno a Melbourne, a Wimbledon non ha fatto in tempo perché è finito subito fuori, contro Vesely. E se si allarga lo sguardo all’intera carriera, sulla sua ruota i cinque set sono già usciti 15 volte. Il che non depone bene sulle sue qualità di dominatore indiscusso della scena tennistica futura. Sono anche tempi difficili per Sascha. Il padre è gravemente malato, e al di là del dolore naturale che possa provare un figlio, a Sascha è venuta a mancare la guida di chi lo ha portato per mano ad avventurarsi nel tennis. Non solo. Il rapporto con Ivan Lendl si è già esaurito, i due non hanno mai legato. Così, al quinto anno da professionista, Sascha non è mai andato oltre due quarti di finale a Parigi e un ottavo a Wimbledon. E a 22 anni suonati il ritardo con gli altri campioni comincia a farsi sentire.

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