Coco e Taylor, sogno americano (Cocchi). Federer ottiene un posto al sole (Semeraro). Il ritorno di Townsend (Clerici)

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Coco e Taylor, sogno americano (Cocchi). Federer ottiene un posto al sole (Semeraro). Il ritorno di Townsend (Clerici)

La rassegna stampa di sabato 31 agosto 2019

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Coco e Taylor, sogno americano. Meriteranno l’eredità Williams? (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Coco e Taylor, le nuove sorelle del tennis. No, non hanno lo stesso sangue come le Williams, ma sono la coppia d’oro del tennis americano. Coco con le sue treccine e il fisico slanciato, potrebbe interpretare Venus in un film dedicato alle Williams, a Taylor potrebbe invece essere affidato il ruolo di Serena, potente e robusta. Certo, il loro tennis è diverso, ma qui si parla di simboli, di ricambio, di futuro. Perché se è vero che Venus e Serena sono state il simbolo del tennis del 2000, è altrettanto chiaro che alla soglia dei 40 anni le loro carriere vanno verso la fine. C’è voglia, c’è bisogno di ricambio, di Next Gen anche in campo femminile e in America, tra Coco, Taylor e McNally, gli Stati Uniti hanno il futuro assicurato. E nell’anno in cui a Flushing Meadows è stata inaugurata la statua dedicata ad Althea Gibson, prima vincitrice di colore di un Us Open negli anni Anni 50 del razzismo, l’esplosione di due giovani tenniste di colore si può leggete come un simbolo.

(…). Taylor Taylor Townsend non è più una teenager, e forse per lei è meglio così. La 23enne che ha stupito il mondo e, soprattutto, ha rispedito a casa Simona Halep a colpi di cannonate mancine e spavalde discese a rete (se ne conteranno 106 a fine match), è ben felice di essere uscita dall’età dei «teen». A quei tempi, quando aveva 16 anni ed era numero 1 junior, pesava quasi novanta chili per un metro e 68 cm e la Usta, la federazione americana, aveva deciso di non pagarle più le trasferte ai tornei e di non darle wild card fino a che non avesse perso peso. Un caso che ha fatto molto discutere grazie alla denuncia pubblica della madre e che aveva costretto Patrick McEnroe allora responsabile dell’attività giovanile, a una spiegazione: «Non è discriminazione. La nostra preoccupazione è per la sua salute a lungo termine e il suo sviluppo come giocatrice». Ne sono seguiti complessi, sconforto ma anche voglia di reagire e dimostrare il proprio valore. E ora Taylor, che un’acciuga non sarà mai, proprio come Serena, si è presa la rivincita più grande nonostante i suoi 77 chili: annichilire la vincitrice di Wimbledon.

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Baby Gauff Coco e i suoi 15 anni sono tutti entusiamo ed energia. Dopo l’exploit di Wimbledon, dove ha battuto Venus Williams, una che prima che lei nascesse aveva già vinto sei Slam, ha ammesso che Venere è sempre stata un suo punto di riferimento, a cui sente di somigliare anche nel gioco. Al terzo turno si è guadagnata il match dei sogni contro la numero 1 Naomi Osaka, 21 anni. Due ragazzine, Naomi più timida e impacciata, Cori detta Coco energica e sorridente

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Stasera, in notturna il palcoscenico dell’Arthur Ashe sarà tutto per loro (…).

Federer ottiene un posto al sole (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Federei che fa? Cerca un posto al sole. Non metaforicamente: vuole proprio il caldo. Il primo turno lo ha giocato di sera, con l’umidiccio che pizzica la lombalgia e agglutina i colpi. Il secondo a tetto chiuso, sotto la pioggia. Risultato: un set lasciato sia a Sumit Nagal, numero 190 del mondo, sia a Damir Dzumhur; numero 99. Qualche crepa nel sorriso, un messaggio stizzito spedito a nuora (i giornalisti) perché suocera (l’organizzazione) intenda: «Il campo era molto lento…». Così appena su New York è tornato il sereno, il fuoriclasse acchiappa-ascolti da prime time, ha chiesto e ottenuto – anche se lui sostiene che i giocatori al massimo «possono dare un parere ma non decidere quando e dove giocare» – di esibirsi a mezzogiorno. Morale: 6-2 6-2 6-1 in un’ora e 20 a Daniel Evans, più spettatore che avversario del Genio in souplesse, rapido a mostrare i soliti prodigi per avere il pomeriggio libero in famiglia. E ottavi conquistati per la 65a volta in un torneo dello Slam.

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Con il sole che splende e senza l’umidità che cala su Flushing Meadows con le prime ombre della sera, i suoi ricami volano più veloci. Tutto diventa facile, soprattutto attaccare; la schiena non soffre e il povero Evans, ex ragazzo terribile e vice-Murray mancato, recuperato dopo la squalifica per cocaina, funge da sparring partner; seppellito alla fine da 48 vincenti. Anche perché, come spiega Wilander «Daniel gioca un po’ come Federer; ma Federer fa tutto meglio di lui». Molto meglio. «Quando mi funzionano servizio e diritto – concede Roger – sono a posto, il punto è già finito. Daniel non era al meglio, del resto aveva dovuto giocare anche giovedì. Io sentivo benissimo la palla anche perché non c’era vento, e ho giocato un bel tennis sotto questo bellissimo sole...». Sotto questo sole è bello pedalare anche per chi, come Roger non è più un ragazzino. Per la prima volta dagli Australian Open 1976 in uno Slam al terzo turno sono approdati tre over 37: Federer; appunto, Feliciano Lopez e il nostro Paolo Lorenzi, che nel tabellone principale a New York ha iniziato a giocarci solo a 28 anni ma negli ultimi anni sta recuperando, se non altro come minutaggio.

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Paolo ha battuto prima il 16enne Svajda poi il 119enne Kecmanovic, dopo essersi allenato a lungo con il neol8enne Sinner. Dieci set e quasi dieci ore spese in campo, sedici se si considerano anche le qualificazioni, prima di affrontare un altro over 30 come Wawrinka in im match finito nella notte italiana.

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Il ritorno di Townsend. Nel suo tennis la leggerezza (Gianni Clerici, La Repubblica)

Tutti abbiamo conosciuto donne giunoniche. (…)

La prima volta che mi imbattei in una tennista decisamente troppo pesante avvenne al Torneo di Melbourne juniores 2012, mentre passavo per caso fianco a un campo, e non fui sorpreso dalla taglia di Taylor Townsend ma dal suo serve and volley, e dalla sua ricerca della rete.

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Dopo essermi imbattuto in lei quella prima volta, tornai a vederla, per l’umana curiosità che mi ha sempre mosso nei riguardi degli juniores, e la vidi vincere più in doppio che in singolare, perché m doppio si è molto meno costretti alle corse. Mi dissi che, probabilmente, si accontentava ormai del gioco a quattro, come l’anno passato a Indian Wells. Mi sbagliavo. Perché ieri, dopo una cura che l’ha portata a soli ottanta chili (!) Taylor Townsend è riuscita a battere una incredula e indispettita Simona Halep 2-6, 6-3, 7-6 (4). È stato, il suo, un continuo serve and volley come non si vede mai o quasi nel tennis femminile per di più mancino.

(…)

Taylor ha avuto le sue difficoltà, e dopo i tempi delle elementari, passati alla Accademia Nazionale con il fratello di McEnroe, Patrick, poi alla Scuola di Zina Garrison, finalista a Wimbledon ’90, infine con Donald Young Sr, padre della speranza americana semi-fallita, Donald jr., Taylor era scivolata al numero 300 del mondo, sembrava dovesse cercarsi un lavoro di lanciapalle o simile, ed ecco la vittoria su una Halep incredula per il suo serve and volley senza una sola attesa. Fatico io stesso a credere ai miei occhiali.

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