Berrettini bussa alla porta dei big (Semeraro). E c'è Sinner che cresce: "Io nuovo Nadal? No. Penso più alla patente" (Crivelli)

Rassegna stampa

Berrettini bussa alla porta dei big (Semeraro). E c’è Sinner che cresce: “Io nuovo Nadal? No. Penso più alla patente” (Crivelli)

La rassegna stampa di martedì 3 settembre 2019

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Berrettini bussa alla porta dei big (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Se ce la puoi fare qui, spiega la canzone, ce la puoi fare ovunque. E Matteo Berrettini, ragazzo di interessi vari e complessi, sicuramente la conosce. Se ce la puoi fare ad arrivare nei quarti agli US Open, il cemento più difficile e nobile che c’è, nel tennis di oggi ce la puoi fare davvero dovunque. Matteo ieri sera ha dato una dimostrazione evidente, luminosa, quasi fosforescente del futura che lo attende, conquistando a soli 23 anni il suo primo quarto di finale in uno Slam. Un’impresa vera, scolpita sotto un “Louis Armstrong” coperto per la pioggia. «Una cosa folle, non riesco nemmeno a crederci. Ho fatto una partita incredibile, usando tutte le mie armi, adesso sono solo felice». Come tutto lo stadio, che ha tifato per il bel Matteo, una nuova versione tennistica (ma sempre romana) di Marcello Mastroianni, e soprattutto Ajla Tomljanovic, la collega croato-australiana, ex di Nick Kyrgios, con cui da qualche tempo Berrettini ha una love story. Il suo è il secondo quarto italiano di sempre a New York, dopo quello raggiunto da Corrado Barazzutti nel 1977, l’ultimo anno in cui si giocò al West Side Tennis Club di Forrest Hills, sulla terra verde più veloce di quella europea […] Berettini ha vinto con una sicurezza, una classe sinceramente impressionanti. Un italiano capace di muoversi sul cemento con questa personalità non si vedeva dai tempi di Camporese. E a mezza voce bisogna dirsi che sì, forse incominciamo a intravedere, non tecnicamente ma proprio come presenza e ambizioni, come rapacità di adattare il suo tennis alle varie superfici, l’erede di Adriano Panatta. Tre set (6-1 6-4 7-6) più che vinti imposti al principino moscovita Andrey Rublev, n.37 ma in grande ascesa dopo un anno tormentato, nome da eroe nazionale e un tennis lacerante con cui quest’estate ha fatto a pezzi prima Sua Maestà Roger Federer a Cincinnati, poi le ambizioni di Stefano Tsitsipas e la follia creativa di Nick Kyrgios la scorsa settimana. Il russo è abituato a spazzare il campo con anticipi impressionanti, giocando sulla riga di fondo. Un tennis istintivo, devastante nelle giornate di buona, ma che non ha grosse alternative, che non prevede un piano B. Matteo invece oltre al servizio detonante e il diritto a percussione ha le tasche piene di varianti vecchio stile: dropshot, rovesci in back, discese a rete. È entrato nel match con una determinazione assoluta, non ha lasciato scampo nel primo set a Rublev, spostandolo e sorprendendolo, usando tutto il repertorio senza sbagliare una scelta. Stessa storia nel secondo, anche se il russo aveva iniziato meglio. L’unico momento di tensione Matteo l’ha vissuto nel finale del terzo set, quando si è fatto strappare il servizio subito dopo averlo scippato lui a Rublev, sul 6-5, quando è andato a servire per il match. Un tie-break lottato, in cui Matteo è andato di nuovo a servire avanti di un minrbreak (5-4), mancando ancora l’occasione, ma solo per chiudere poi 8-6 con un delizioso tocco sotto rete […]

E c’è Sinner che cresce: “Io nuovo Nadal? No. Penso più alla patente” (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

[…]Jannik, com’è stato l’esordio Slam? «Dalla prima palla giocata ho cercato di farmi scivolare via la tensione. Mi hanno aiutato gli allenamenti a Bordighera con Federer: l’intensità è diversa dalla partita, ma cominci a abituarti a quell’atmosfera». Il più forte diciottenne italiano di sempre, Jannik sulle orme di Djokovic e Del Potro: i paragoni pesanti. «Sento un po’ la responsabilità, lo ammetto, ma non devo farmi distrarre. E allora penso a Nadal che a 18 anni era già un fenomeno». […] Si è fatto un regalo per i 18 anni compiuti il 16 agosto? «Una cena con tutto il team». E la patente? «Mi sono iscritto a una scuola guida di Bolzano, ma non ho molto tempo per studiare. Se non ci riuscirò, ci proverò a Bordighera». […] E se dovesse comprare una casa coni primi guadagni, dove sarebbe? «Da me in Alto Adige, a Sesto: voglio aprire le finestre e vedere le mie montagne». Lei da bambino è stato anche un promettente sciatore. «Lo sci mi piace e lo seguo ancora. Mi piace anche il basket Nba, di calcio non so nulla». Cosa fa il diciottenne Jannik quando non gioca a tennis? «Prima degli Us Open sono tornato a casa e ho camminato in montagna con gli amici, a Bordighera frequento i ragazzi dell’Accademia e una volta al mese esco per una pizza. A dire il vero loro mi invitano più spesso, ma non sono uno di grande compagnia». ? E allora tanta tv… «A Bordighera non ce l’ho. Guardo qualche serie su Netflix al computer: devo iniziare la terza stagione della Casa di Carta». Chi era l’idolo da bambino? «Per il gioco, Federer. Poi ovviamente per un bambino dell’Alto Adige Seppi ha rappresentato un esempio. Lo vidi che ero piccolino a Ortisei e mi dicevo che un giorno avrei voluto giocare anch’io quel torneo. Adesso mi piacerebbe giocare una finale Slam…». Quale? «Ho sempre avuto una passione per gli Us Open». […] Se torna all’inizio dell’anno, immaginava di potere essere a questo punto dopo nove mesi? «Ho cominciato male la stagione, soffrivo perché Musetti e Zeppieri stavano facendo un grande torneo agli Australian Open e pensavo che la mia scelta di non giocare i tornei juniores fosse sbagliata. Poi ho vinto a Bergamo e tutto è cambiato».

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