Il tennis creato in laboratorio: come la scienza ha modificato il servizio di Medvedev

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Il tennis creato in laboratorio: come la scienza ha modificato il servizio di Medvedev

In un’intervista all’Equipe Gilles Cervara (allenatore di Daniil), ha raccontato l’esperienza del suo allievo nei laboratori dell’università di Rennes, tutto grazie al progetto di Caroline Martin

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Daniil Medvedev al servizio - ATP Finals 2019 (foto Roberto Zanettin)
 

Non sono bastati 21 ace a Daniil Medvedev per venire a capo della fame di vittoria di Rafael Nadal. C’è un significativo lavoro, però, dietro i miglioramenti nel colpo di inizio gioco del russo. Il suo allenatore, il francese Gilles Cervara, da un paio d’anni ha scelto di fare affidamento ai più evoluti supporti tecnologici per migliorare il rendimento in battuta del suo assistito. Come raccontato da L’Equipe, presso l’università di Rennes esiste un laboratorio di scienze sportive (M2S Laboratory) unico in Francia, a cui si rivolge da tempo la locale squadra di calcio di Ligue 1 – l’equivalente della nostra serie A – per dei particolari test sugli atleti.

Nella stessa struttura è disponibile anche un sistema in grado di acquisire il controllo tecnico completo sul servizio, monitorandolo attraverso un’analisi biomeccanica high-tech per mezzo di elettrodi e 23 telecamere. La mente del progetto è Caroline Martin, 33 anni, ex tennista (ha giocato a livello ITF) e oggi ricercatrice che ha sviluppato il suddetto protocollo. Ne usufruiscono al momento un centinaio di giocatori francesi di vario livello e insieme a loro proprio Medvedev. La sperimentazione è stata avviata con attrezzature portatili durante il torneo di Metz del 2010, con Ivan Ljubicic come tester d’eccezione. Oggi invece tutto si svolge in un’apposita palestra nel campus universitario, dotata delle già citate telecamere e di apparecchiature che analizzano dati provenienti da 46 elettrodi posizionati sulle zone del corpo del tennista utili per il servizio (piedi, testa, schiena, spalle, gomiti e mani).

L’obiettivo è ricreare in 3D tutti i movimenti per poterli analizzare e migliorare. “Sarei curiosa di analizzare il servizio di Federer – ha raccontato la ricercatrice al quotidiano -, sono sicura che si accenderebbero molti led verdi a indicare la perfezione del movimento. Tra gli sviluppi previsti per questa tecnologia c’è anche la prevenzione degli infortuni, con un modello muscolo-scheletrico in grado di analizzare l’impatto del movimento su ogni tendine o muscolo al fine di ridurre il rischio di lesioni”.

Gilles Cervara nel box di Daniil Medvedev – ATP Finals 2019 (foto Roberto Zanettin)

Dall’alto dei suoi 198 centimetri il russo ha nel servizio un’arma importantissima, un colpo che potrebbe dargli tanti vantaggi in più sulle superfici veloci, soprattutto quando – come dal 5-1 del terzo set con Nadal – dà segni di cedimento negli scambi da fondocampo. È nata così l‘idea di Cervara di portare Medvedev al centro M2S due anni fa: “Riflettevo sul servizio di Daniil. Volevo che facesse ulteriori progressi con quel colpo perché non lo trovavo abbastanza performante. Lo stavo accompagnando a tempo pieno e avevo in mente alcune indicazioni sull’evoluzione biomeccanica. Volevo confermare le mie impressioni e permettergli di constatarle in modo scientifico. Mi è stato raccomandato il lavoro di Caroline Martin. Daniil si è fidato di me e ci siamo andati”.

Ma come hanno lavorato sul servizio del numero 4 del mondo? “Durante il movimento è stato possibile valutare il lavoro dell’intero corpo di Daniilha continuato il suo coach. “Hanno fatto tutte le misurazioni del caso, calcolando la percentuale di attivazione di ciascun muscolo, l’impatto sui tendini e il grado di sollecitazione delle diverse zone. Ero molto interessato al movimento della sua racchetta. Volevo aumentarne l’ampiezza e aumentare così l’accelerazione con meno vincoli. A volte il suo lancio di palla è folle, anche questo va considerato”.

Dopo aver studiato a fondo la meccanica del servizio di Medvedev, sono arrivate delle risposte: Alla fine ho capito che un movimento troppo ampio potrebbe interferire con il trasferimento di peso. Perciò abbiamo dovuto costruire la traiettoria ottimale (braccio-racchetta, ndr), più ampio di prima, ma non troppo. Caroline ci ha dato un supporto eccellente secondo me. C’è voluto diverso tempo per assimilare il nuovo movimento. Servono molte ripetizioni. Ci sono stati dei passi indietro e facciamo ancora alcune micro-regolazioni. L’obiettivo è quello di stabilizzarlo il più possibile”. Con quella solidità da fondo e quell’intelligenza nella costruzione dello scambio, un servizio costantemente letale potrebbe portare Daniil ancora più in alto di così.

Articolo a cura di Pietro Scognamiglio e Antonio Ortu

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