Verso le finali di Coppa Davis: una riforma dovuta, ma adesso c'è la resa dei conti

Coppa Davis

Verso le finali di Coppa Davis: una riforma dovuta, ma adesso c’è la resa dei conti

I numeri dicono che le edizioni 2016 e 2017 della ‘vecchia’ Davis hanno proposto finali del livello di un ATP 500. La ‘nuova’ Davis può fare meglio? Lo scopriremo presto

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Coppa Davis (foto via Twitter, @DavisCup)
 

Anche quest’anno il circo del tennis chiude i battenti con le finali di Davis. Questo però è l’unica cosa che è rimasta uguale a sé stessa, visto che tutto il resto è cambiato. Per chi si fosse distratto riavvolgiamo brevemente il nastro e ripercorriamo gli eventi principali.

16 Agosto 2018 – Orlando. L’assemblea generale della federazione internazionale del tennis (la Davis è la principale manifestazione gestita direttamente dalle federazioni) ha deliberato a larga maggioranza il cambio del format della Davis che dopo oltre cent’anni di onorata carriera cambia pelle, un salto forse nel buio di cui vedremo nei prossimi anni gli effetti. Un cambio di cui si è fatta promotrice Kosmos, la società operante nei media avviata dal capitano del Barcelona Gerard Piquè.

Come funziona: fase finale a 18 squadre, di cui 12 provenienti da un round eliminatorio a cui si vanno ad aggiungere le 4 semifinaliste della passata edizione (Francia, Spagna, Croazia e Stati Uniti) e 2 wild card concesse dall’ITF (Gran Bretagna e Argentina). Fase finale che almeno per i primi due anni si svolgerà a Madrid, la 47° settimana dell’anno, dopo le ATP Finals. Pertanto nelle intenzioni di Kosmos si dovrebbe configurare come un mini-coppa del mondo a squadre compressa in una settimana.

I perché del cambio: non occorre andare troppo in giro per capire le motivazioni di questa rivoluzione copernicana, basta andare sul sito dell’ITF, nel quale si riporta:

“The ITF’s long-term vision is to elevate Davis Cup by BNP Paribas through the creation of a major new annual season-ending finale, which will generate transformative levels of revenue for global tennis development”

La Davis era la gallina dalle uova d’oro dell’ITF, un po’ come le Finals ATP lo sono per l’ATP. Il problema è che questa gallina stava mestamente scivolando verso la mediocrità. L’interesse del pubblico e dei media stava scemando e i migliori, una volta aggiunta una tacca al loro palmares, il più delle volte disertavano l’evento. Il risultato era che al sopraggiungere di un nuovo round di rinnovo dei diritti dell’evento le prospettive erano alquanto tetre. Si sono letti molti commenti e molti articoli – assolutamente legittimi ovviamente– di una grossa fetta di puristi e difensori della tradizione che si stracciavano le vesti dopo la scelta di mandare in soffitta la vecchia formula.

Sicuramente è una pagina della storia di questo sport che si chiude, che si era aperta in un’epoca eroica, romantica e perché no anche elitaria, quanto il tennis era uno sport della upper class. Un libro nel quale le pagine più belle sono state quelle di pura corrida e non certo di ‘gesti bianchi’; non a caso un Nadal diciottenne cominciò a tessere i fili della propria leggendaria carriera mettendo a segno il punto del 2-0 contro il n.2 del mondo Andy Roddick nella finale del 2004, vinta dalla Spagna per 3-2 sulla terra indoor di Siviglia. Roddick aveva battuto lo stesso Rafa pochi mesi prima, allo US Open, per tre set a zero.

Purtroppo, la Davis che abbiamo conosciuto rischiava di trasformarsi in un oggetto da museo, per la quale l’interesse alla conservazione superava ormai quello alla fruizione. Un bene culturale che aveva ormai ben poco da dire, e che ormai stava diventando per vari motivi una mezza scocciatura anche per gli stessi atleti: non dimentichiamo che il format classico della Davis comportava, oltre ad uno sforzo fisico talvolta non indifferente, anche la necessità di rivedere completamente la preparazione per i top player e un aggravio economico non indifferente per tutti gli altri, in quanto impediva di fatto di partecipare ad altri tornei di fascia medio-bassa. 

Se analizziamo le ultime due edizioni (2016 e 2017) prima dell’ufficializzazione della riforma ci accorgiamo che in termini di ranking medio lo spettacolo offerto da una finale di Davis era paragonabile alla finale di un ATP 500.

PunteggioVincitoreSconfittoStagioneRanking vincitoreRanking sconfitto
7-6(5) 6-3 6-2GOFFINTSONGA2017715
6-3 6-2 6-1TSONGADARCIS20171576
7-5 6-3 6-1GOFFINPOUILLE2017718
6-3 6-1 6-0POUILLEDARCIS20171876
6-3 7-5 3-6 1-6 6-2CILICDELBONIS2016641
6-4 6-7(6) 6-3 7-5DEL POTROKARLOVIC20163820
6-7(4) 2-6 7-5 6-4 6-3DEL POTROCILIC2016386
6-3 6-4 6-2DELBONISKARLOVIC20164120


Ranking medio dei finalisti Davis negli anni 2016 e 2017 = 27.625

Ranking medio dei finalisti in tornei Masters 1000 nello stesso periodo = 10

Ranking medio dei finalisti in tornei ATP 500 = 26,1

Probabilmente una delle posizioni più oneste è stata quella espressa a suo tempo da Murray, che ha affermato: “Se avessi potuto votare sicuramente mi sarei astenuto, non è la soluzione migliore, ero presente a tutte le riunioni dei giocatori e tutti amavano la Coppa Davis, penso che cambiamenti meno drastici avrebbero risolto il tutto molto meglio”.

Insomma alla fine dei conti, siamo all’alba di una nuova era, alla quale ci avviciniamo con curiosità come per ogni novità che si rispetti. Le incognite sono parecchie, ma da italiani – parleremo di questo più nel dettaglio in un altro articolo – è lecito aspettarsi di fare bella figura, considerata la possibilità di schierare un quasi top 10 come Fognini, un effettivo top 10 come Berrettini e una coppia – Fognini/Bolelli – che ha pur sempre vinto uno Slam (Australian Open 2015). L’Italia si presenta come outsider di lusso, forse persino qualcosa di più considerando che avremmo potuto finire in raggruppamenti peggiori del gruppo F che ci vede assieme al Canada (privo di Raonic e con Auger-Aliassime non al meglio) e agli Stati Uniti. In ogni torneo a gironi che si rispetti c’è infatti un gruppo della morte e in questo caso sembra essere il gruppo B con Croazia, Spagna e Russia.

Le premesse per divertirsi sembrano esserci tutte. Nell’ipotesi peggiore di un fiasco, magari anche a causa di alcuni forfait dell’ultimo minuto – Nadal e Djokovic sono i principali indiziati – fra tutte le cose che potranno essere imputate a Piquè non ci sarà certo la mancanza di impegno. Gerrard ha mobilitato tutte le risorse a sua disposizione, economiche e non, inclusa… la moglie Shakira che sarà la star della cerimonia di chiusura. Staremo a vedere, senza preconcetti e con la genuina curiosità di valutare un evento nuovo di zecca.

A cura di Federico Bertelli

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