Coppa Davis, Madrid: lo choc dei francesi viziati dai 25.000 di Lille

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Coppa Davis, Madrid: lo choc dei francesi viziati dai 25.000 di Lille

C’erano solo 300 fan per Tsonga (pro nuova Davis), Monfils e i due campioni delle ATP Finals Herbert/Mahut. Herbert: “Finalmente mi sono sentito cantare la ‘Marseillese’”. Il doppio: importante fino a che punto?

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Jo-Wilfried Tsonga - Finali Coppa Davis 2019 (photo by Manuel Queimadelos / Kosmos Tennis)
 

da Madrid, il direttore

Certo che per i francesi che avevano giocato o seguito le finali di Coppa Davis a Lille perse nel 2014 e nel 2018 (Svizzera e Croazia), come quella vinta del 2017 con il Belgio con una media di 25.000 spettatori al giorno… ritrovarsi a queste finali di Madrid con Francia-Giappone e solo 400 spettatori (50/80 giapponesi, 300 francesi, qualche neutrale) in uno stadio con una capacità di 3.200 posti deve essere stato un gran brutto choc, un vero trauma, un’atmosfera completamente diversa. Perfino lo scorso anno a Genova gli “allez les Bleus” si erano mobilitati in un migliaio per seguire Pouille e Chardy battere gli azzurri.

In Francia si è formato un gruppo assai folto di contestatori, l’ASEFT (Association des Supporters Equipe France Tennis: racchiude tutti i club che vanno a sostenere le squadre nazionali francesi, Davis e Fed Cup), che vorrebbe reinstituire la vecchia Coppa Davis che, volenti o nolenti, purtroppo deve invece ormai considerarsi seppellita insieme ai suoi 119 anni di storia leggendaria. Anche i giocatori francesi, salvo Tsonga che si è sempre dimostrato favorevole a un cambio (i maligni lo accusano in Francia di aver sposato i tanti soldi che il gruppo Kosmos-Piqué-ITF-Rakuten ha investito nel nuovo evento… anche se Jo-Wilfried nella vecchia Davis ha sempre dato tutto se stesso anche quando qualcuno degli altri coequipier la disertava), in massima parte si erano schierati contro: in particolare Pouille e Mahut. Abbastanza neutrale è rimasto in genere Herbert.

Dai tempi della Rivoluzione Francese, ai moti del maggio 1968, alla rivolta dei gilet gialli, quando c’è da protestare e scendere in piazza contro qualcosa, in Francia non si fanno mai mancare nulla, sono sempre in prima fila. Herbert è stato spiritoso quando ha detto: “Finalmente sono riuscito a sentire me stesso che cantavo la Marsigliese! Speravo che Nico (Mahut) la cantasse alla perfezione perché così potevo seguire il ritmo e il resto”. E Mahut: “Sì, una sensazione molto strana. Quando giochi la Davis di solito lo stadio è pieno. Ma una volta che cominci e hai scritto Francia sul retro della maglietta ti dimentichi tutto, giochi per te, per il capitano, per i compagni, per la gente che ti sostiene. Noi siamo solo tennisti, non organizzatori. Siamo contenti di essere qui e giocare per il nostro Paese, non è la stessa atmosfera, ma una volta che giochi per la Francia devi dare tutto quello che hai e dimenticarti dell’atmosfera”.

A Mahut ho chiesto, fuori dalla conferenza, come commentava le parole del capitano Dancevic che al nostro Vanni Gibertini in Canada aveva detto che il doppio poteva essere spesso determinante. E lui ha replicato: “Nei gironi eliminatori senza dubbio, ma dai quarti di finale in poi i doppisti potrebbero anche non scendere in campo. Infatti sul 2-0 si può anche non giocarli. Invece nella Coppa Davis vecchio formato, che sia un primo turno oppure una finale il doppio lo giochi sempre. Ed essendo l’unico match del giorno se ne parla parecchio, alla vigilia e dopo, perché può essere stato il punto del 3-0 per una squadra o l’altra, o il punto del tentativo di recupero da uno 0-2… Poi i due set su tre non sono come i tre set su cinque”.

Mahut deve aver pensato questo soprattutto quando, dopo aver vinto nove match di fila fra Bercy e le finali ATP, che lui e il “recuperato” amico Herbert hanno recuperato (dopo che Mahut si era offeso non poco per essere stato “abbandonato” da Herbert quando Andy Murray gli aveva chiesto di giocare il doppio a Wimbedon), si è trovato sotto di un set con il duo giapponese formato da Uchiyama e Ben McLachlan, la coppia che due anni fa aveva vinto il torneo di Tokyo! È chiaro che Mahut non ha fatto mai misteri di preferire la vecchia Davis.

Ho comunque poi richiesto anche a Dancevic proprio poco dopo che il Canada aveva annunciato di dare forfait nel doppio (e secondo me il regolamento andrebbe rivisto: basterebbe dire che se un team dà forfait quello che lo vince non lo può calcolare 6-0 6-0 ma una vittoria 6-7 7-6 7-6 di modo che non possa accumulare vantaggi nei confronti delle altre seconde del gruppo per via del minor numero dei set e dei game persi), cosa ne pensasse di quel che ha detto Mahut – dopo aver citato l’intervista a Dancevic di Gibertini – soprattutto dopo aver vinto due incontri già dopo i singolari e lui: ”Beh, però i confronti qui sono molti equilibrati, a prescindere da quel che è successo a noi, il doppio rappresenta un terzo dei punti in palio e credo che molte volte i match finiranno sull’1 a 1, quindi il doppio avrà un’importanza spesso decisiva”.

Tsonga è sempre stato il più favorevole al nuovo format: “Bisogna dare tempo al tempo – mi dice fuori dalla conferenza stampa anche se io ho registrato il suo audio con le radio francesi e spero che qualcuno sia in grado di tradurlo (o nella peggiore delle ipotesi ascoltarlo in lingua  originale) – ed è chiaro che al primo anno verranno fuori diverse magagne, correzioni da apportare. Ma ho visto che Italia e Canada hanno giocato bellissime partite e davanti a tanta gente… 11 mila spettatori per tre incontri al primo giorno, in un giorno feriale, non sono pochi, e poi chi può sapere quante tv si sono collegate e quanti spettatori hanno raccolto? Anche in tanti tornei, perfino al Roland Garros, se metti sul centrale un match alle 11 c’è lo stadio semi vuoto. Secondo me occorre avere un approccio più costruttivo. Ci sarebbero stati Nadal e Djokovic nella vecchia Coppa Davis, alle fasi finali? Io penso di no… è uno dei problemi della vecchia Davis – lo dice uno che ha sempre cercato di giocarla quando ha potuto – era che i migliori del mondo non c’erano e l’interesse al di fuori dei Paesi che giocavano le fasi finali, erano inesistente”.

Dello stesso avviso, più o meno capitan Grosjean, all’esordio in quel ruolo: “Io sono orgoglioso dei ragazzi che hanno risposto presente e si sono battuti per la Francia come se avessero giocato con 20.000 spettatori a incitarli. Spero che in futuro il pubblico francese torni a sostenerci. Non giochiamo per noi stessi quanto per la Francia…”. È chiaro che il fatto che il presidente corso Bernard Giudicelli avesse sposato il nuovo format della Coppa Davis contro il parere della maggior parte dei giocatori e dei tanti club aderenti all’ASEFT, ha creato maggior antagonismo all’interno delle due correnti di pensiero francesi. Sono curioso di vedere che cosa succederà se la Francia dovesse andare avanti nella competizione: in fondo Madrid da Parigi dista poco più di 1200 km e dal confine meno di 500 km. I biglietti costano relativamente poco e i giocatori che scendono in campo sono di primo livello. Il ne faut pas oublier.

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