Storie di tennis: Hans Redl, l'uomo con un braccio solo

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Storie di tennis: Hans Redl, l’uomo con un braccio solo

Oggi vi parliamo del primo e unico uomo in grado di vincere una partita a Wimbledon senza un braccio: l’austriaco Hans Redl

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Partecipare al torneo di Wimbledon è il sogno di molte persone. Pochissime lo coronano e ancora meno riescono a superarne tre turni. Un solo essere umano sino ad oggi è riuscito sia nell’una sia nell’altra impresa giocando con un braccio solo. Questa è la sua storia. È una storia tragica ma con un messaggio di speranza che a nostro avviso riverbera quello del Natale e per questa ragione la raccontiamo adesso. L’antefatto della vicenda risale al 1913, anno in cui la neonata International Tennis Federation (ITF) promulgò le norme che costituiscono ancora oggi le fondamenta del tennis moderno; la numero 16 è quella che regola il modo in cui si deve effettuare il servizio. Di seguito la traduzione italiana.

“Immediatamente prima di cominciare il movimento di battuta, il battitore deve stare in posizione di riposo con entrambi i piedi fuori dal campo dietro la linea di fondo e tra i prolungamenti immaginari del segno centrale e della linea laterale. Il battitore deve poi lanciare con una mano la palla in qualsiasi direzione e colpirla con la racchetta prima che questa tocchi terra. Il movimento di battuta è completato nel momento dell’impatto della racchetta con la palla o se il giocatore la manca”.

Sino a qui nulla di strano. L’ultimo comma è invece sorprendente: “Il giocatore con un solo braccio può usare la racchetta per lanciare la palla”.

Perché in un’epoca in cui lo sport riservato ad atleti con handicap fisici non era neppure un’ipotesi, l’ITF pensò di tutelare i giocatori privi di un braccio? L’articolo 16 nacque così o l’ultimo comma fu aggiunto successivamente? Per scoprirlo dobbiamo fare un salto nel tempo e passare dal 1913 al 1937. Quell’anno l’Austria in Coppa Davis affrontò senza successo la Germania guidata da due vincitori del Roland Garros – Gottfied von Cramm (1934-1936) e Henner Henkel (1937) – schierando in singolare Adam Baworowski e Hans Redl e in doppio Georg von Metaxa.

L’anno successivo l’Austria venne annessa alla Germania e quindi nel ‘38 e nel ’39 von Metaxa e Redl disputarono la Davis sotto la bandiera tedesca, mentre il conte Baworowski, discendente da una nobile famiglia polacca e acceso anti-nazista, giocò per la Polonia. Georg von Metaxa e Henner Henkel formarono anche una forte coppia di doppio che nel 1938 perse la finale di Wimbledon contro gli statunitensi Don Budge e Gene Mako. Una manciata di mesi dopo alcuni di questi ragazzi si trovarono a difendere la loro patria non più sui campi da tennis bensì su quelli di battaglia.

Le vicende belliche relative al conte Baworowski sono complesse. All’inizio del conflitto egli cercò senza successo di arruolarsi nell’esercito polacco; fu arrestato dalla Gestapo e internato in un campo di prigionia dal quale uscì grazie al suo prestigio sportivo e alla forza economica della sua famiglia, ma non poté evitare di essere inviato con il grado di capitano della Wermacht sul fronte russo. Nel dicembre del 1942 ebbe la possibilità di essere rimpatriato ma si rifiutò di lasciare i suoi uomini e nel gennaio del ’43 perse la vita in battaglia.

Altrettanto tragica fu la sorte di Georg von Metaxa e Henner Henkel. Il primo morì a Duren nel 1944 e il secondo a Stalingrado nel ’43. Anche Hans Redl si trovava a Stalingrado. Nella carneficina perse il braccio sinistro sino al gomito ma non la vita e il desiderio di continuare a giocare a tennis al termine del conflitto. La lunga storia del tennis è costellata di esempi di giocatori e giocatrici che riuscirono a superare gravi incidenti. Ricordiamo tra questi Thomas Muster, lui pure austriaco come Redl. Ma crediamo che i suoi sacrifici impallidiscano di fronte a quelli che il suo connazionale dovette compiere per tornare a calcare con dignità i campi da gioco.

A costo di sforzi che immaginiamo indicibili, Redl riuscì a impugnare nuovamente la racchetta da tennis e nel giro di un paio di anni tornò ad essere un giocatore di ottimo livello. Nel 1947, all’età di 33 anni decise quindi di chiedere l’ammissione al torneo singolare di Wimbledon, ma la mancanza del braccio sinistro la rendeva impossibile: per poter eseguire la battuta egli era infatti costretto a lanciare la pallina con il piatto corde della racchetta e nel 1947 il regolamento non lo permetteva.

Fu così che l’ITF su richiesta dello stesso Redl aggiunse all’articolo 16 il comma che abbiamo riportato sopra e un ex soldato di un esercito nemico di quello inglese poté partecipare al torneo più importante del mondo. Hans Redl onorò questa nobile decisione con una tra le più grandi, commoventi e meno note imprese sportive di tutti i tempi: superò tre turni e si arrese solo agli ottavi di finale a Bob Falkenbourg, protagonista di una nostra precedente storia e futuro vincitore del torneo.

Redl partecipò consecutivamente ad altre nove edizioni di Wimbledon in singolare, ma non riuscì a ripetere il risultato del ’47. Fece invece meglio nel doppio. Nel 1953, in coppia con Alfred Huber arrivò sino ai quarti di finale dove si arrese a una delle più grandi coppie di tutti i tempi: Ken Rosewall e Lew Hoad. Dal ’48 al ’55 disputò anche la Coppa Davis e, dopo il ritiro agonistico, divenne presidente della federazione tennistica del suo Paese. Morì a Vienna nel 1976 all’età di 62 anni.

La storia di Redl termina qui e attende che un degno cantore sappia trasformarla in un film o una pièce teatrale per farla conoscere a una platea più vasta. Idealmente ha già un seguito ambientato ai nostri giorni in cui si potrebbe intravedere qualcosa più di una semplice coincidenza. Nel 2017, per la prima volta da quando esiste la classifica ATP un tennista con un handicap fisico è riuscito ad ottenere un punto ATP. L’impresa è riuscita a un ragazzo neozelandese, Alex Hunt, costretto a giocare con una protesi a causa di una malformazione congenita: la mancanza del braccio sinistro. Appuntamento al prossimo anno per altre storie di tennis. Buone feste a tutti.

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