Lorenzo Sonego, erba equivoca e sliding doors

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Lorenzo Sonego, erba equivoca e sliding doors

Gli ha dato la prima gioia ad Antalya, ma poi a Wimbledon… E se il flop londinese fosse figlio del clamoroso successo in Turchia, con conseguenze sul resto della passata stagione?

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Lorenzo Sonego - Antalya 2019 (foto via Twitter, @antalyaopen)
 

Lo sai che la tachipirina 500, se ne prendi due, diventa 1000…”. Questi versi non memorabili del cantautore laziale Calcutta (ascoltatelo, è in gamba), chissà perché, ci fanno venire in mente Lorenzo Sonego. E che ci azzecca, direbbe un noto ex magistrato molisano? Beh, per similitudine con la estrema banalità di un concetto a quegli riferito, che più o meno recita: molto meglio vincere, che perdere… Fermi tutti: prima che possiate pensare, in maniera del tutto lecita per carità, che il vostro cronista sia andato completamente fuori di testa proverò a spiegarmi.

Prendiamola larga: l’idea è sempre stata che Matteo Berrettini e il Lorenzo di cui sopra, da quando si sono affacciati sul circuito principale con i primi probanti risultati, fossero da considerare come i gemelli diversi del tennis italiano. Entrambi ben strutturati fisicamente (forse il romano più potente, il torinese più agile), bella botta di servizio – in assenza del quale oggi è difficile far molta strada -, maturazione un po’ più lenta degli altri in perfetto stile tricolore (hanno cominciato a dar segni importanti di sé oltre i 20 anni abbondanti), solerti lavoratori al fine di limare alcuni difettucci.

Insomma, molti elementi lasciavano presumere che entrambi, da gennaio 2019 in avanti, avrebbero compiuto un percorso ulteriormente virtuoso nel corso della stagione, tale da condurli al ‘game over’ di dicembre se non all’interno dei primi 20 del mondo, quantomeno tra i primi 40.

Già, gemelli ma un po’ diversi almeno per ora, stante il fatto che l’allievo di Santopadre appariva comunque più avanti del compare, a dispetto dell’anno in meno di età: non a caso a fine 2018 Berrettini era già n. 54, Sonego appena sopra i 100, dopo essere stato 86. Uno dei due ha superato – per clamoroso difetto – le aspettative, entrando addirittura nei top ten, e uno le ha mancate per leggere eccesso (solo 53). La forbice insomma si è allargata, ma c’è stato un momento preciso, l’estate passata, in cui il destino del pupillo di Arbino ha preso una piega differente da quel che poteva essere, e che sembrava.

SLIDING DOORS – Già, le classiche ‘sliding doors’, quelle porte girevoli che, a seconda di dove esci, ti fanno finire in un posto piuttosto che un altro: e non è mai la stessa cosa… Riavvolgiamo il nastro della memoria: Lorenzo è appena reduce dall’aver pescato l’omonero al Roland Garros, sotto le sembianze di un Federer al ritorno dopo un bel po’ al Bois de Boulogne, pertanto tutt’altro che in vena di elargire concessioni a chicchessia. Si va sull’erba, e parte maluccio a ‘s-Hertogenbosch ed Halle (zero successi), prima di portarsi in Turchia: ad Antalya, torneo di recente costituzione, finalmente vince la prima partita sull’erba della carriera, vittima Joao Sousa!

Ci prende gusto evidentemente, e diventa… una pecora tutto d’un botto, perché pascola in tranquillità sino alla finale – facendo fuori Gunneswaran, Mannarino, Carreno Busta. Atto conclusivo, dinanzi Miomir Kezmanovic: non si mette benissimo, perde il primo, salva un match-point nel secondo, ma poi prende il largo. Insomma, per farla breve, primo titolo ATP, e numero 46 nel ranking… Wow, che sballo! Festa, canti balli et similia, come è giusto, ma moderati, dato che incombe Wimbledon: e arrivarci avendo guadagnato un titolo sull’erba è proprio un bel biglietto da visita. Però… eh già, qui casca l’asino.

WIMBLEDON AMARO – Sì, perché un sorteggio da un lato benevolo, dall’altro beffardo, gli para difronte Marcel Granollers: lo spagnolo è in fase calante, poteva capitare molto di peggio, quindi ok. Ma Lorenzo è finito nella metà di tabellone che gioca subito, di lunedì, e la cosa rischia di diventare un problema mica da ridere… E lo diventerà, secondo la famigerata legge di Murphy (“Se una cosa può andar storta, di sicuro ci andrà”…): il nostro soccombe al tie-break nel primo, e non trova più la forza di opporsi validamente.

Ci sono insomma abbondanti indizi che lasciano ritenere come il 24enne piemontese non sia riuscito a ricaricare appieno le batterie, fisiche ma soprattutto mentali: in Turchia ha chiuso a sabato pomeriggio inoltrato, bagagli in fretta e furia per portarsi a Londra, solo la domenica di tregua. Ma probabilmente non sufficiente, fra umano rilassamento, adrenalina ancora in circolo, qualche acciacchino che ci sta sempre quando giochi una settimana di fila… et voilà signore e signori, il gioco è fatto!

Stiamo facendo del fantatennis, però altre 24 ore di respiro forse avrebbero consegnato una storia diversa al buon Sonego, ben più eccitante di come è andata poi nel prosieguo stagionale. Eh sì, dato che nella seconda parte dell’anno si è discretamente afflosciato, con pochi sussulti (ed uno solo di qualità, le semifinali sulla terra di Kitzbuhel; oltre alla rivincita netta con lo stesso Granollers agli US Open, ancora primo turno, scherzi del calendario): disputare un buon Wimbledon avrebbe significato molto per il morale ed il ranking, e pure dal punto di vista economico – un bel gruzzoletto, finché non sei proprio un toppone, fa sempre comodo.

Ed eccoci allora all’assunto di partenza: meglio vincere piuttosto che perdere, perché in questo caso non vincere ha avuto conseguenze durevoli, parrebbe, tali da far sì che il classe 95 sia rimasto lontanuccio dai programmati (dal sottoscritto, ma forse pure da lui) top 30/35 alla breve pausa invernale. Vabbè, ora si riparte alla grande, in ricerca dei sei mesi… perduti: e soprattutto, in caccia del gemello diverso, che ha indicato la strada giusta.

Renato Borrelli

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