Jannik Sinner: "Più vinci, più sale la tensione. L'obiettivo? La continuità"

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Jannik Sinner: “Più vinci, più sale la tensione. L’obiettivo? La continuità”

Il 18enne azzurro intervistato da ‘Repubblica’. “Ho trovato un modo per gestire l’eccesso di attenzioni: me ne frego. Chi non vuole diventare numero 1 al mondo? Fuori dal campo sono ancora un bambino”

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Jannik Sinner - Next Gen ATP Finals 2019 (foto Cristina Criswald)
 

“Il viaggio è lungo, anzi, è appena cominciato”. Parola di Jannik Sinner, 18enne originario di Sesto Pusteria e attuale numero 78 ATP. L’altoatesino nel 2020 ripartirà dall’ottima base costruita coi risultati durante la scorsa stagione: dovrà soprattutto tenere a mente questa frase, che gli ripete il suo coach Riccardo Piatti, per migliorare ancora. Prima di ripartire per continuare il suo viaggio, Sinner ha concesso un’intervista a Repubblica nella quale, per la maturità dei concetti espressi, sembrerebbe che a parlare sia un professionista esperto e non un ragazzo di 18 anni.

Più vinci e più sale la tensione su di te, funziona così ha risposto Jannik a una domanda sulle aspettative che dovrà gestire l’anno prossimo. “Le cose intorno a te cambiano, anche fuori dal campo. Ma io non sono cambiato, ho trovato un modo per gestire l’eccesso di attenzioni: me ne frego e penso solo a quello che faccio“. Alzare le aspettative su se stessi e non fare caso alle opinioni altrui, è questa la filosofia del campione delle NextGen ATP Finals, che vuole puntare alla vetta del ranking: “A casa mamma e papà mi hanno sempre insegnato a essere sincero. Spero davvero di non fermarmi solo al numero 50 del mondo. Devo alzare il livello dei tornei, arrivare a giocare 60 partite senza perdere il ritmo. Il mio vero target è la continuità, perché sono ancora discontinuo a grandi livelli.

E a chi lo considera troppo presuntuoso risponde: “Me ne rendo conto. Ma chi non vuole diventare numero uno del mondo? Poi ognuno ha il suo carattere: io ero rompiballe già a quattro anni, mi dicono: quando volevo una cosa andavo a prendermela e stop. Ero così anche nello sci. Ma fuori dall’agonismo scherzo e gioco tanto. Fuori dal campo sono ancora adesso un bambino, mi diverto un sacco e in fondo penso sia anche giusto a questa età non prendersi troppo sul serio. Anzi, spero di restare un ‘bambino’ il più a lungo possibile”.

In realtà il bambino si comporta già da adulto che sa badare a se stesso, a partire dall’incordatura delle sue racchette per arrivare alla vita lontana dalla famiglia: “Mi sono reso conto che spendevo un sacco di soldi per le incordature, alla fine sono andato su internet e ho comprato una macchina: in venti minuti sono capace di metterle corde. Stando da solo devo imparare ad evitare gli sprechi, gestire anche questi aspetti: vivo con altri due ragazzi, mi devo cucinare e qualche volta ci incasiniamo, poi c’è anche la scuola con cui tenere il passo. Insomma, devo mettere in conto anche le cose pratiche, che quando vado a casa non lo faccio perché c’è mamma”.

Proprio sul rapporto con sua madre racconta un aneddoto: Le telefono solo quando perdo, ma lei mi risponde sempre ‘Jannik, non farmi perdere tempo, ché ho cose importanti da fare, quelle vere'”. Infine chiude con una semi-promessa e una stoccata a chi (ben pochi) non lo considera del tutto italiano: Mettete in conto anche la Davis, perché io mi sento italiano al cento per cento”.

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