Gli outfit degli Australian Open 2020

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Gli outfit degli Australian Open 2020

I meglio e i peggio vestiti a Melbourne. Laura Guidobaldi e Valerio Vignoli hanno selezionato gli outfit più eleganti, originali e deludenti sfoggiati nel primo Slam del 2020

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Garbine Muguruza - Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)
 

Parigi, Londra, New York. Tre metropoli globali. Tre capitali della moda. Tre modi di interpretare lo stile differente. Ma la stagione del tennis inizia ogni anno da Melbourne, Australia. Una città (e un’intera nazione) decisamente ai margini dell’atlante della moda, così come da quello vero e proprio. Nessuna tradizione da rispettare, nessuna cultura (dal punto di vista del fashion quantomeno) da omaggiare. Una tavola bianca per i brand di abbigliamento sportivo e per i tennisti che possono sbizzarrirsi con colori e fantasie molto appariscenti. Ma attenzione a non esagerare…

Serena Williams – Nike

Serena Williams – Australian Open 2020

Laura Guidobaldi: dopo le mise a dir poco bizzarre sfoggiate nei quattro slam del 2019, per l’Australian Open 2020 Serena Williams rientra un po’ nei “ranghi” del buon gusto; però, attenzione, non siamo ancora del tutto convinti. Cosa ci è piaciuto allora? Il taglio e il modello conferiscono all’abito una certa raffinatezza, con il corpetto classico a canotta e lo scollo a “V” e la gonna leggermente ondulata ma lontana dall’improbabile tutù visto agli US Open 2018. Invece, ciò che proprio non convince è il tema dell’outfit: un maculato in stile felino, smorzato però da uno sfondo rosa pastello. L’atleta ruggente in campo che non dimentica però la sua grazia e femminilità? Sarà. È vero che Nike da un paio d’anni punta all’estrema originalità con lo scopo di stupire e distinguersi dagli altri brand. Certamente ci riesce, a discapito però, ultimamente, di un certo buon gusto (vedi la tuta in stile pigiama indossata da Dimitrov a Melbourne Park). Lo stile “maculato” dell’abito di Serena però non è né particolarmente originale né propriamente d’effetto e, anzi, le macchioline nere di cui è punteggiato ne rovinano lo sfondo rosa chiaro e bianco. Forse lo scopo di questo tema un po’ “felino” voleva forse sottolineare quanto possa essere “graffiante” Serena con la racchetta? Graffiante a tennis certamente, ma in quanto a netta eleganza in campo, ancora non ci siamo…

 

Roger Federer – Uniqlo

Roger Federer – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

Valerio Vignoli: è un Roger da battaglia quello che si è presentato agli Australian Open nel completo griffato Uniqlo. Via il colletto, a polo o in stile coreana che sia. Rimane una maglietta a V bianca o nera, abbinata a dei pantaloncini di un viola decisamente rivedibile. La tonalità non è scura ed elegante in stile Fiorentina, tanto per dire. Non è nemmeno tenue tipo lavanda. È quella un po’ all’indiana: forte, accesa ma poco stilosa e quindi molto poco adatta a Federer. L’infelice scelta cromatica è ripresa anche nei bordi della maglietta e nelle scarpe bianche, con il baffo Nike in nero. L’outfit nel complesso non è da buttare ma dal fuoriclasse elvetico ci si aspetta di certo qualcosa di più. Ci si aspettano la prestazione da campione, le magie sotto rete, i passanti vincenti. Pure di quelli, anche a causa di una condizione fisica precaria, se ne sono visti pochi nelle scorse settimane in quel di Melbourne. Gli anni passano per tutti e il tentativo di mascherarlo con un look più sbarazzino non è andato a buon fine.

Rafa Nadal – Nike

Rafa Nadal – Australian Open 2020 (foto via Twitter @AustralianOpen)

Laura Guidobaldi: uno stile déjà vu per Nadal all’Australian Open 2020. Il maiorchino torna alla sua amata t-shirt smanicata il cui stile si addice perfettamente al tennista gladiatore che lotta fino all’ultima goccia di sudore. Non c’è che dire, a Rafa queste magliette stanno bene e siamo ormai abituati a vederlo così anche se, ammettiamolo, non è che siano proprio il massimo dell’eleganza. Oltre al modello della maglia, ritroviamo anche la tinta fucsia, indossata svariate volte dallo spagnolo e proposta dalla Nike in tante occasioni. La scelta del colore è un po’ infelice ma per fortuna ci sono il bianco dei pantaloncini (rigorosamente un po’ corti per Rafa) e il nero della fascetta per la fronte a compensare la tinta “accecante” della t-shirt.

Novak Djokovic, Daniil Medvedev e Anett Kontaveit – Lacoste

Novak Djokovic – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

Valerio Vignoli: Lacoste sugli scudi in questo Australian Open. Dopo lo stile Jackson Pollock della seconda parte di 2019, con strisce che sembravano disegnate con la tecnica del dripping, Nole torna all’amata geometria nel suo Slam preferito, con un outfit che ricorda un po’ un altro celebre artista americano, Keith Haring. Dall’astrattismo alla pop art insomma. Le strisce coprono tutta la maglietta e quasi in verticale ci si può intravedere la stilizzazione del coccodrillo, stemma del brand francese. Oppure ci potete vedere tutto quello che vi pare. L’importante è che funzioni. Come il tennis di Nole che a Melbourne si è confermato campione per l’ottava volta in carriera. Ad impreziosire il tutto un verde accesso che crea un perfetto contrasto cromatico con l’azzurro dei campi australiani.

Daniil Medvedev – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)
Anett Kontaveit – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

Il marchio del coccodrillo ha però colto nel segno anche nella collezione standard riservato al resto dei suoi atleti. I colori vivaci e accesi fanno molto estate australiana: blu elettrico, celeste, giallo lime abbinati agli immancabili bianco e blu navy. La polo di Medvedev, con colletto a zip, è un perfetto esempio di quello che ci si aspetta da una polo Lacoste nel 21esimo secolo: moderna, fresca ma allo stesso tempo essenziale. Il vero capolavoro però è l’abitino indossato tra le altre dalla graziosa tennista estone Anett Kontaveit, approdata per la prima volta ai quarti di finale di uno Slam in Australia. Sfiancato, corto al punto giusto, con un colletto lungo ma non troppo che terminava in una chiusura a cerniera. Molto molto chic.

Collezione Nike 

Nick Kyrgios – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

Valerio Vignoli: Sicuramente dalle parti di Nike non difettano di coerenza. Da quando Federer se ne è andato, Slam dopo Slam, i designer del baffo hanno osato e pure tanto, con i colori, le fantasie e gli accostamenti. A volte troppo. Ma quantomeno la linea è tracciata, con uno stile tutto votato a rappresentare al meglio dei testimonial giovani come Nick Kyrgios, Bianca Andreescu e Naomi Osaka. Per questi Australian Open, Nike ha chiesto una mano all’artista australiana Cassie Byrnes. Ne è venuta fuori una collezione coloratissima e contraddistinta da macchie variopinte. Azzardata ai limiti del kitsch. La tuta completamente leopardata, con il quale si è presentato in campo Grigor Dimitrov forse andava un tantino oltre quel limite. Da incallito fashionista che vuole sempre farsi notare qual’è il tennista bulgaro. Meno appariscente ma anche meno di impatto il look di Kyrgios con una polo salmone e i pantaloncini maculati che da qualche parte vanno a riprendere il pezzo sopra. L’insieme è comunque gradevole.

Naomi Osaka – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)
Simona Halep – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

Un po’ per l’uso del giallo al posto del rosa come colore predominante, è andata meglio alle ragazze. E poteva essere un successo clamoroso se Andreescu, ora una delle principali testimonial del brand, si fosse presentata. Il body giallo con gonna maculata che avrebbe dovuto indossare stando alle foto di presentazione della collezione sarebbe stato un outfit memorabile, futuristico da certi punti di vista. Perfetto per una potenziale dominatrice della WTA negli anni a venire. È toccato ad Elina Svitolina metterlo e l’effetto non è stato altrettanto vincente in ogni senso. Bene come al solito Osaka. La nipponica continua ad insistere su look giovanili e su gonne molto svolazzanti che a lei donano molto di più che alla sua tennis mama Serena. Più sportiva invece Halep con la canotta. In generale è la solita storia con Nike: una collezione poco convenzionale, molto più adatta a chi passa il tempo su Instagram e ascolta la trap di chi gioca a bridge con il jazz in sottofondo. De gustibus.

Collezione Adidas

Garbine Muguruza – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

Laura Guidobaldi: non per essere ripetitivi ma, ancora una volta, Adidas fa centro. Cominciano dalle ragazze. Un abitino dal taglio semplicissimo disegna la silhouette perfetta di Caroline Wozniacki, Garbiñe Muguruza e Kiki Mladenovic. Una semplicità assoluta e quasi geometrica – anche per come sono distribuiti i colori – che punta su un vestitino dalle tinte un po’ “provenzali” con il color lavanda per la gonna, un rosa pallido e il rosa albicocca sui fianchi. Insomma, un outfit di gusto, dalle tonalità moderatamente calde e romantiche, ma che esprime al tempo stesso dolcezza, equilibrio e determinazione proprio grazie alla disposizione regolare e “geometrica” delle diverse tinte: predomina il color lavanda, il rosa albicocca è disposto verticalmente sui fianchi della gonna e il rosa chiaro in una larga fascia orizzontale sul corpetto. Molto chic.

Dominic Thiem – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

Per quanto riguarda i ragazzi, viene mantenuta la delicatezza dei colori, con il lavanda e il rosa disposti in righe orizzontali e irregolari sulle spalle e nella parte alta della polo a sfondo bianco, polo abbinata agli shorts, anch’essi bianchi. Un completo forse non troppo maschile ma sobrio, che punta alla discrezione e all’efficacia.

Collezione Fila

Laura Guidobaldi: altri colori per Fila ma altrettanto azzeccati. Questa volta si tratta di tinte più fresche, che ispirano energia, positività e allegria. E infatti la neocampionesssa dell’Australian Open 2020, Sofia Kenin, di energia e personalità ne ha da vendere. Il suo completo presenta un bellissimo verde pistacchio, acceso e, per il gonnellino, un celeste fresco e altrettanto vivace, un abbinamento cromatico che simboleggia l’energia, la fiducia e la spensieratezza propria della stagione estiva. Molto grazioso il dettaglio della canotta per il quale il tessuto si arriccia leggermente intorno al bordo dello scollo circolare. Stesso effetto anche per la gonna, sulla parte anteriore al centro e sui fianchi. C’è un difetto, però. Il gonnellino è fin troppo corto e stretto, tanto da accorciarsi durante i movimenti, a discapito probabilmente di un certo confort. Comunque, Sofia ci ha vinto uno Slam e, quindi, tanto scomodo non doveva essere. Però, la gonna che si accorcia lasciando scoperti i pantacourt è senza dubbio un difetto estetico.

Per i giovanotti, il marchio italiano punta sulla celebrazione patriottica con la scelta cromatica del tricolore. Molto elegante Andreas Seppi con la sua polo bianca attraversata da due strisce orizzontali verde e rosse, abbinata ai pantaloncini di un bel verde smeraldo non troppo acceso, sui cui fianchi scendono due righe, una bianca ed una rossa. Il tutto viene completato dall’immancabile cappellino per Andreas, prevalentemente di colore rosso – per distinguersi dagli shorts verdi – con un tocco di verde sulla parte frontale e di bianco ai lati. Insomma, un outfit bellissimo, senza essere scontato ed esagerato.

Camila Giorgi – (realizzati dalla mamma)

Laura Guidobaldi: graziosa in campo e fuori. Camila non delude (quasi) mai dal punto di vista dell’estetica. E, soprattutto on court, sfoggia completini decisamente graziosi e romantici, con la ricerca del dettaglio e di quel qualcosa in più di stiloso e d’effetto, senza scadere mai nell’esagerazione. Merito della mamma della Giorgi che disegna e realizza personalmente i completini della figlia. Di solito gli outfit della tennista azzurra puntano sul bianco, il rosa e l’azzurro pastello. Per Melboure Park, quest’anno Camila indossava un vestitino dallo sfondo blu punteggiato di fiorellini bianchi, con la solita canotta un po’ scollata, un gonnellino bianco alquanto corto e i pantacourt rigorosamente uguali alla fantasia del corpetto. Carino e ad effetto, anche se forse ogni tanto ci vorrebbe qualche variazione nei modelli, per spezzare un po’ la monotonia. Da notare, ancora una volta, quel tocco stiloso che caratterizza Camila in campo: il polsino e l’elastico per i capelli richiamano sempre le tinte e i temi dell’abito: per questo, non c’è che dire, bien joué!

Tennys Sandgren – Letour tennis

Tennys Sandgren – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

Valerio Vignoli: Non ci possiamo aspettare molto in fatto di raffinatezza da un ragazzo del Tennessee, tutto muscoli e, almeno fino a qualche anno fa, teorie complottiste. Ragionamenti semplici così come i suoi schemi di gioco. In Australia fa caldo, ci sono le spiagge, quindi spazio alla canotta e sotto un paio di shorts a fantasia verde acqua e bianchi che potrebbero essere tranquillamente un costume da bagno. A disegnare questo outfit è il brand locale Letour Tennis. Nel loro sito, si definiscono dei creativi che portano avanti una visione del tennis “alternativa” e “vistosa”. Obbiettivo centrato. Se la rete fosse più alta, le racchette assomigliassero a delle padelle e si giocasse in spiaggia.

Bonus Off-Court – Sofia Kenin

Sofia Kenin – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen

Valerio Vignoli: “Ciao Sofia, ti va di andare al ballo di fine anno con me?”. “Oddio che ansia. E ora cosa mi metto? Nessuno mi ha mai invitato. Non mi notano mai. Sono la sfigata super-sportiva. E infatti non ho nulla di decente nell’armadio. Solo una serie infinita di tute, canotte e shorts. Mamma, papà, ora come faccio? Dai andiamo a fare shopping questa domenica. Ma che bello quest’abito! Sembro proprio una principessa della disney. Lo strascico è così lungo, i fiori dappertutto, il piccolo taglio sul seno. Lo prendo è fatta! Ci aggiungo gli orecchini con due pendagli enormi che danno un tocco etnico. Altrimenti sembra tutto troppo serio. Capelli tirati all’indietro. Tipo Grace Kelly. Sembro una vera principessa. Sono pronta per il ballo. Ci farò un figurone. Ciao ciao scarpe da tennis!” Peccato, Sofia, che non fossi al ballo di fine anno e che tu non abbia 17 anni. Ma hai ancora tempo per farti perdonare questo terribile fashion crime, tranquilla.

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ATP

L’anno del riscatto di Nico Jarry. Chi lo ferma ora?

Nel 2019 si era già affacciato tra i primi 40 giocatori del mondo. Poi la squalifica per doping e una lenta risalita fino alla svolta di quest’anno con il torneo di casa. Gli ottavi a Parigi (affronterà Ruud, battuto pochi giorni fa) non sono una sorpresa

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Nicolas Jarry - Roland Garros 2023 (foto Roberto Dell'Olivo)

Non sono pochi i nomi inattesi che hanno raggiunto gli ottavi di finale del tabellone maschile di questo strano Roland Garros 2023. Ofner è indubbiamente quello più sorprendente, seguito da Varillas, Etcheverry e in parte anche Nishioka, che comunque è accreditato della 27esima testa di serie. C’è poi Nico Jarry: unseeded sì, ma forse la sorpresa meno inaspettata di tutte. Si tratta infatti di uno dei giocatori più in forma del momento e, più in generale, di questa prima metà di stagione e siamo certi che i big abbiano tirato un bel sospiro di sollievo quando hanno visto il suo nome posizionato dal sorteggio ben lontano dal loro. Il cileno, però, pian piano si sta avvicinando a tutte le teste di serie più alte e, anzi, una l’ha già raggiunta: dopo aver superato Dellien, Paul e Giron, agli ottavi se la vedrà infatti con il numero 4 e finalista dello scorso anno Casper Ruud in un match dall’esito tutt’altro che scontato.

Nico viene infatti da sette vittorie consecutive e tra queste ce n’è una ottenuta proprio contro il norvegese. Nell’ultimo torneo prima di Parigi, a Ginevra, Jarry ha giocato un tennis di altissimo livello che gli ha permesso di battere per l’appunto Ruud ai quarti di finale (in tre set) e poi anche Zverev in semifinale e Dimitrov – un altro che sta attraversando un ottimo momento di forma – nell’atto conclusivo del 250 svizzero. Con questa cavalcata degna anche di un torneo di categoria superiore, Nicolas ha conquistato il secondo titolo della stagione: la stagione del suo riscatto. Nella prima classifica del 2023 Jarry era infatti in 152esima posizione, mentre ora è virtualmente tra i primi 30 del mondo.  

IL BEST RANKING NEL 2019 – Già qualche anno fa, nel 2019, il giocatore di Santiago aveva iniziato a respirare l’aria dell’alta classifica: risultati come i quarti a Barcellona, la finale a Ginevra e il successo a Bastad lo avevano portato al numero 38 del ranking. Alto quasi 2 metri e dotato di un servizio molto pesante, si stava costruendo la fama di specialista della terra ad alta quota, dove l’aria è più rarefatta e la palla va quindi più veloce. Tra i suoi primi risultati più importanti, nel 2018, ci sono infatti le semifinali a San Paolo e Kitzbuhel: oltre 700 metri sul livello del mare in entrambi i casi.

 

LA SQUALIFICA PER DOPING – Negli ultimi tre anni, però, di Jarry ci eravamo sostanzialmente dimenticati. Il cileno era infatti letteralmente scomparso dai radar, nel senso che dall’ottobre del 2020 al febbraio 2021 il suo nome non figurava più nel ranking. Mentre tutto il circuito era fermo causa pandemia, Nico scontava infatti una squalifica per doping ed era quindi l’unico a perdere punti in classifica. Il nipote d’arte (suo nonno materno è quel Jaime Fillol ex numero 14 del mondo e in campo anche nella finale di Davis del ’76 vinta dall’Italia di Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli), in realtà, aveva dimostrato la sua innocenza: gli integratori incriminati non erano vietati ma erano stati cross-contaminati alla fonte, cioè in fase di produzione in laboratorio. Nicolas ricevette comunque una squalifica di 11 mesi dall’ITF e decise di rinunciare al ricorso dal momento che, come detto, in quel periodo non si giocava alcun torneo.

LA RIPARTENZA – Ripartire da zero o quasi, però, non è stato affatto semplice: Jarry perse i primi tre match dopo lo stop, a novembre 2020, in un Challenger e in due Futures, cedendo anche a un diciottenne americano numero 980 del mondo. Solo a marzo della stagione successiva Nico ricominciò a ottenere qualche risultato. Lo fece sfruttando l’aria di casa a Santiago: prima onorò al massimo delle sue possibilità in quel momento la wild card concessagli nel torneo del circuito maggiore combattendo per quasi tre ore contro Tiafoe e poi tornò a vincere due partite di fila nel Challenger che si disputava sempre sui campi della sua città.

IL RITORNO AD ALTI LIVELLI – Da lì è iniziata una graduale risalita che ha avuto un’altra tappa fondamentale di nuovo a Santiago, pochi mesi fa. A dire il vero il 2023 di Jarry era già partito con il piede giusto: qualificazione al main draw dell’Australian Open e vittoria al primo turno su Kecmanovic e poi un ottimo percorso nel 500 di Rio de Janeiro interrotto solo da Alcaraz in semifinale (e per giunta dopo tre set). Nella città natìa, però, Nico ha dato la conferma di essere tornato quello del 2019, se non addirittura più forte. Dopo una serie di lotte su tre set ha infatti conquistato il titolo in assoluto più significativo per lui facendo impazzire i suoi connazionali e concittadini sugli spalti.

Nei tornei di Marrakech, Barcellona, Madrid e Roma ha poi attraversato un naturale calo fisiologico, ma a Ginevra il cileno ha ripreso il filo del discorso. Gli ottavi a Parigi, adesso, significano due cose: i geni di nonno Jaime, di cui Nico ha eguagliato il miglior risultato al Roland Garros, hanno funzionato bene e, soprattutto, non si può più dire che Jarry sia solo un giocatore da tornei in altura.

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Roland Garros, Svitolina : “Sono davvero grata per la posizione che ha preso Kasatkina”

Sensazioni amare per Kasatkina che lascia Parigi con la delusione per i fischi: “Ho solo rispettato la posizione della mia avversaria di non stringere la mano. Lasciare il campo in quel modo è stata la parte peggiore della giornata”

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Elina Svitolina - Roland Garros 2023 (foto Roberto Dell'Olivo)

Il potere delle rientranti. I quarti di finale del Roland Garros vedranno tra le contendenti al titolo due atlete al via con il ranking protetto, Anastasia Pavlyuchenkova ed Elina Svitolina. La tennista ucraina al rientro dalla maternità ha subito scaldato i motori, alternando tornei del circuito maggiore, al circuito ITF. Qualche match di rodaggio è stato sufficiente alla tennista ucraina, che prima ha conquistato il titolo a Strasburgo e ora si è lanciata ai quarti di finale dello Slam francese eliminando in due set la russa Kasatkina. Un torneo che Svitolina sta affrontando come una corsa a tappe: “Vivo il torneo partita per partita. Per me era importante ottenere la prima vittoria, poi ottenere la seconda. Ogni volta che scendo in campo, cerco di avere la migliore preparazione possibile e il giusto mindset. Poi basta solamente prendere una partita alla volta”.

Svitolina che sta raccogliendo il supporto del pubblico francese, orfano dei propri rappresentanti, eliminati precocemente sia nel tabellone maschile sia in quello femminile: “Non posso ancora rispondere alle domande in francese ma sin dalla prima partita giocata qui, le persone mi hanno incoraggiato e col passare del tempo sono diventati sempre di più. Era una cosa che non mi aspettavo. Già a Strasburgo ho potuto notare come il pubblico francese era dalla mia parte. Con Gael stiamo insieme da più di cinque, sposati da un paio. Sono solo grata che il pubblico sia lì per me, anche se in alcune partite ero sotto di un set, loro mi hanno incoraggiato dandomi la giusta spinta e la speranza per recuperare e vincere.”

Una prestazione al rientro che libera Svitolina da ogni pressione, nonostante sia stata un top 10 per diverso tempo: “Una delle cose che ho notato è che in questo momento non ho quella pressione che avevo prima. Ovviamente io personalmente mi metto sotto pressione perché voglio vincere uno slam. Questo è l’obiettivo finale per me, ma sicuramente non sento la pressione dall’esterno. Mi sento quasi come se avessi di nuovo 17 anni, una neo arrivata nel tour.”

 

Assenza per maternità che ha permesso a Svitolina di resettare la mente dalle pressioni di questo sport: “Essere un giocatore di tennis comporta molte. Hai questo bagaglio sempre con te, contenente la pressione dei media, la pressione dei tuoi connazionali, dei fan e anche dai social media. Ovviamente metti anche molta pressione su te stesso, e a volte puoi diventare troppo da sostenere. A volte giocare ogni singola settimana, stare come in una boccia per pesci tutto il tempo è molto stancante. Devi essere quasi sempre perfetto. Per me è stato positivo stare lontano dal tennis, staccare completamente. Godermi il mio tempo con la mia famiglia. Non parlare del prossimo torneo, del prossimo obiettivo, del prossimo avversario. La mia mente riposava, il mio corpo riposava. Poi, quando ho iniziato ad allenarmi a gennaio, ero estremamente motivata, come mai prima d’ora In questo periodo sto iniziando con l’esperienza che mi porto dietro e con la giusta freschezza.”

Quarto di finale che per Svitolina sarà contro la testa di serie numero 2, Aryna Sabalenka. Sfida che non cambierà nulla nella mente della tennista ucraina. “Ho giocato le ultime due partite contro tenniste russe quindi non cambierà nulla per me, sarà tutto uguale.”

Nessuna stretta di mano, ma è arrivato un cenno di intesa tra Svitolina e Kasatkina a fine match. La tennista ucraina in conferenza stampa ha speso belle parole per la tennista russa: “Sono davvero grata per la posizione che ha preso. È stata davvero una persona coraggiosa a dichiarare pubblicamente [di essere contraria alla guerra], cosa che non molti giocatori hanno fatto.

Tennista russa che tuttavia lascia Parigi con l’amaro in bocca per la reazione del pubblico. In un tweet pubblicato Kasatkina ha manifestato la sua delusione per i fischi ricevuti. Di seguito la traduzione

Lascio Parigi con una sensazione molto amara. In tutti questi giorni, dopo ogni partita che ho giocato, ho sempre apprezzato e ringraziato il pubblico per il supporto e per essere lì per i giocatori. Ma ieri sono stata fischiata solo per aver rispettato la posizione della mia avversaria di non stringere la mano. Io ed Elina abbiamo mostrato rispetto reciproco dopo una partita difficile, ma lasciare il campo in quel modo è stata la parte peggiore della giornata di ieri. Siate persone migliori, amatevi. Non diffondete l’odio. Provate a rendere questo mondo migliore. Amerò il Roland Garros qualunque cosa accada, sempre e per sempre. Ci vediamo l’anno prossimo”

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Editoriali del Direttore

Roland Garros: Sonego ha più fisico di Berrettini, Sinner e Musetti, ma deve lavorare sul…fisico! Musetti non deve più giocare da junior. Il “gap” con Alcaraz

Cosa manca ai nostri migliori tennisti. Non lamentiamoci per due azzurri in ottavi. Sonego vale più del suo ranking attuale. Musetti ha problemi di crescita. Le ultime due partite da soppesare nel contesto di tutto un torneo

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Lorenzo Sonego - Roland Garros 2023 (foto Roberto Dell'Olivo)

Ci restano solo sparuti juniores. Gli altri, più che sparuti sono spariti. Nei tabelloni del grande tennis l’Italia, con le sconfitte degli ultimi due Lorenzo superstiti, non c’è più.

All’inizio del torneo pensavo – come quasi tutti, nessun pensiero particolarmente originale – che Jannik Sinner avesse più chances di chiunque dei nostri azzurri per arrivare alla seconda settimana, ma purtroppo Jannik, come già a Roma con Cerundolo (però avete visto Cerundolo?), ha sofferto con Altmaier l’eccesso di pressione che un po’ tutti, lui compreso, gli mettono addosso.

E’ ancora giovane, ha un tennis ancora incompleto, c’è ancora tanto lavoro da fare, tanti limiti da limareNel fisico, nella tecnica, nella tattica, nel mentale quando l’appuntamento è importante. Aspetterei ad emettere sentenze negative e definitive. E’ un top-ten e alla sua età non lo avevamo mai avuto. Un top-ten destinato a durare. Top 5, top 3? Vedremo. Bando a sentenze affrettate.

 

Ci vuole più equilibrio di quello che di solito manifestano molti tifosi. Non intendo commettere lo stesso errore.

Il discorso vale anche per Musetti e Sonego. Anche nel loro caso ho riscontrato giudizi affrettati, in passato e oggi. Poco equilibrati.

Se dovessi basarmi soltanto sui match di ottavi di finale, i verdetti sarebbero chiari: Sonego, neo n.40 ATP, ha giocato alla pari con Khachanov (n.10 virtuale) finchè ha avuto le energie per farlo, mentre Musetti, neo best ranking a n.17 (virtuale…), non l’ha fatto con Carlitos Alcaraz, apparso superiore sotto tutti gli aspetti, tranne che per gli errori gratuiti che sono stati pari (23)…ma con la non trascurabile differenza che il murciano ha cercato molto di più il punto, in tutti i modi – dalle smorzate quasi sempre imprendibili, ai serve&volley perfetti sia come scelta di tempo che come esecuzione – e il diverso resonto statistico sui vincenti lo sottolinea chiaramente (42 contro 17).

Le due singole partite, di Sonego come di Musetti, andrebbero soppesate nel contesto di tutto il torneo. E anche della storia dei tennisti italiani al Roland Garros.

Vero che l’appetito vien mangiando, ma fino a qualche tempo avere due italiani in contemporanea piazzati agli ottavi di finale nel “campionato del mondo sulla terra battuta” sarebbe stato considerato un successo.

E le partite di ieri non devono far dimenticare quelle dei giorni precedenti.

Sonego aveva palesato una schiacciante superiorità tecnica nei confronti di due discreti giocatori, Shelton e Humbert (giocando in trasferta), e ha ribadito contro Khachanov l’ottima dimostrazione di tennis e di carattere mostrata con Rublev (peraltro già battuto a Roma tempo addietro; ergo non un caso).

Sulle qualità tennistiche di Sonego, più che su quelle guerriere (che furono anche esse messe in dubbio quando Lorenzo perse a Torino da Goyo in Davis, salvo riscattarsi abbondantemente a Malaga 2022 l’anno dopo) parecchi in questi anni hanno continuato a dubitare.

Non Gipo Arbino, il suo coach che lo conosce meglio di chiunque e, al di là dell’affetto paterno, conosce bene anche il tennis per potersi esprimere con cognizione di causa.

E’ certamente vero che Lorenzo ha ancora una fragilità: una sorta di vera necessità “psicologica” di trovarsi in mezzo a match da… corrida, un torneo e un campo importante, tanta gente, tanto tifo, per esaltarsi e dare il meglio di sé quando è carico al punto giusto. Ecco che in questi casi, più eccezionali che ordinari, lui allora riesce a mostrare un repertorio di colpi e soluzioni tecniche tutt’altro che banali. Spesso da campione. Da top-10 e dintorni, più che da top-40. La fiducia di Gipo è quindi ben riposta.

Ha giocato una grandissima partita con Rublev e per tre set si è ripetuto con Khachanov, due top-ten che hanno giocato bene, molto bene. Entrambi. Lorenzo, che certamente aveva parlato con il suo allenatore, è stato molto lucido anche nella disamina post-sconfitta con il secondo russo, grande amico del primo.

Sonego ha fatto capire di aver accusato la stanchezza, la fatica della intensa maratona corsa due giorni prima con Rublev. Senza voler fare il …sapientone del “io sì che me ne sono accorto subito” mi era parso chiaro già a partire da metà terzo set contro Khachanov che Lorenzo era molto meno agile, meno scattante e di riflesso anche molto meno lucido.

I servizi slice esterni di Khachanov erano tremendi. Lo buttavano fuori dal campo (se e quando riusciva a rispondere) e venivano seguiti da terribili mazzate di dritto. Ma anche di rovescio Khachanov ha fatto grandi progressi. Del resto il russo è reduce da due semifinali consecutive negli ultimi due Slam. Quando “Polpo” Sonego doveva compiere i soliti recupero sul suo lato destro, quello del diritto che è abituato a lasciare un tantino più scoperto per poter girare attorno alla palla e colpire più dritti che rovesci dall’altro angolo, faticava più del solito, arrivava con maggior affanno del consueto, la spinta sul dritto era meno …spinta!

Non aveva recuperato lo sforzo. Ha quindi ragione Lorenzo quando dice che deve lavorare sul fisico, per potersi permettere in futuro anche due maratone in 48 ore. Djokovic e Nadal hanno vinto tutto quel che hanno vinto perché al di là del talento sono – erano? – due mostri anche atleticamente. Capaci di tenere la massima intensita come nella finale australiana del 2012 anche oltre le sei ore in un giorno solo. E Nadal nel 2009 – cito a memoria – vinse un Australian Open alla domenica recuperando lo sforzo di una maratona pazzesca in rimonta di poche ore prima con Verdasco. Quando qualunque altro tennista sarebbe stato moribondo.

Lo stesso Sonego riposato di venerdì contro Rublev avrebbe probabilmente vinto anche contro Khachanov, anche se questi sono discorsi teorici perché poi ogni partita fa storia a sé. Khachanov ha altre armi rispetto a Rublev – il servizio e la potenza devastante dei fondamentali soprattutto – anche se è meno agile. Resta tuttavia molto agile anche lui considerata la stazza.

Chiudo con Sonego per dire che la stanchezza si manifesta non solo nella minor rapidità e reattività, ma anche nella diversa lucidità. Avanti 4-0 nel tiebreak del terzo set ha sbagliato un dritto per lui comodo proprio per mancanza di freschezza mentale. Fosse salito sul 5-0 non avrebbe quasi certamente perso quel tiebreak. Ma forse non avrebbe poi vinto ugualmente. A meno che Khachanov, più fresco, non si fosse innervosito. Aveva perso malamente il servizio sul 5-4.

Lorenzo era stanco, se non stravolto, perché le rincorse cui lo aveva costretto Khachanov con quel bombardamento da fondocampo avevano fiaccato perfino la sua non comune resistenza. Si portava dietro la lotta con Rublev. Poca lucidità ha mostrato anche in almeno 3 o 4 occasioni in cui poteva giocare il passante da situazione di gioco favorevoli e invece, dimentico del vento, ha cercato il lob passante ad effetto. Tutti sbagliati. Tutti abbastanza inutili.

Poi, per carità, Sonego può rimpiangere di non aver inferto il colpo del probabile k.o. già nel secondo set quando ha avuto 4 pallebreak per salire 3-1 – e nessuno può sapere  come avrebbe reagito Khachanov trovandosi sotto 6-1,3-1 – mentre non può rimproverarsi nulla per il setpoint mancato nel tiebreak. Khachanov gli ha servito un missile a 199 km l’ora. Semmai quella steccata di rovescio quando era ancora avanti di un minibreak, sul 5-3. Ma, insomma, di punti su cui si può recriminare in un match di 3 ore e 3 quarti ce ne sono sempre a bizzeffe.

Lorenzo sistemi il fisico – e sì che lo ha già buono…, certo migliore di Berrettini, Sinner e Musetti tanto per esser chiari! Tuttavia non basta mai se si vuol fare strada negli Slam, quando almeno una o due partite durissime ci sono sempre – e si caverà belle soddisfazioni.

Passo all’altro Lorenzo.

E non dimentico, non sarebbe giusto farlo, quanto bene ha giocato tutte le sue altre partite, Ymer, Schevchenko, Norrie. Non solo tennis bellissimo a vedersi. Ma anche tennis efficacissimo. Puntuale. Ineccepibile sotto tutti i punti di vista.

Contro Alcaraz, invece, match da junior. Da dimenticare…senza dimenticare tuttavia anche che Alcaraz è Alcaraz. Una potenza impressionante e una flessibilità altrettanto impressionante nella capacità di alternare colpi terribilmente potenti a smorzate delicatissime. Come se invece di avere un solo braccio ne avesse due. Uno per tirare forte, un altro per accarezzare drop-shot irraggiungibili. Come pigiando un bottone. Sempre o quasi sorprendendo l’avversario. Qualsiasi avversario per quanto si è visto nelle giornate di vena. Ha battuto quattro volte su quattro Tsitsipas, mi aspetto che lo faccia per la quinta. Perché sul lato sinistro Tsitsi è troppo debole e quando colpisce i suoi topponi monomani di rovescio finisce col corpo all’indietro: una manna per chi sa giocare le smorzate con l’abilità di Carlitos.

Diversa storia potrebbe essere semmai fra Carlitos e Djokovic. Se Djokovic riuscisse a ripresentarsi in quei panni che per adesso non gli ho ancora visto reindossare.

Ma torno su Musetti. L’ho “bollato” poco sopra dicendo che ha giocato come uno junior. Sì, senza il giusto approccio mentale, senza la voglia di lottare come è invece indispensabile. Del resto lo ha ammesso lui stesso a fine match. Leggete le sue dichiarazioni.

Fin dall’inizio, quando ha cominciato con l’illusorio break, è sembrato troppo Narciso. Più intenzionato a cercare il colpo strappa-applausi, che la sostanza. Ogni volta che è stato scavalcato da un lob ha cercato impossibili tweener. Ogni volta! Senza mai l’umiltà di una difesa meno arrogante e pretenziosa.

Idem sulle rare smorzate sulle quali, partendo da così lontano, era riuscito ad arrivare. Ha sempre cercato di tirar fuori il coniglio dal cappello del mago prestigiatore.

Ingenuo. Presuntuoso. O più semplicemente – nell’occasione eh, non sto esprimendo giudizi assoluti sul personaggio Musetti, mi sto riferendo soltanto a questa singola partita e si sa che ogni partita fa storia a sé – giovane, giovanissimo.

Credo che imparerà la lezione. Il talento non si discute. Ma lui non ha bisogno di sottolinearlo a tutti i costiAnche perché il costo alla fine si chiama sconfitta. E con Alcaraz si è trattato di sconfitta pesante. Non è mai stato in partita, non ha mai dato l’impressione di poterci entrare, di poterla rovesciare. Sembrava che ci fossero due categorie di differenza.

Ci sono? Può essere, oggi come oggi. Ma non è detto che ci saranno sempre. Perfino Alcaraz ha i suoi bassi, non solo alti. Lo abbiamo visto a Roma. Quando anziché a comandare tutto, gioco e punteggio, si trova . inopinatamente per lui e per gli altri – sotto, indietro, si innervosisce, si smarrisce, può commettere errori giovanili lui pure. In fondo i 23 errori gratuiti di domenica non sono pochissimi.

Carlitos è fortissimo, in tutti i sensi, anche tatticamente. Quando decide di venire avanti, seguendo il servizio oppure in controtempo, non sbaglia quasi mai il momento, il tempo, la scelta. Indubbiamente un fenomeno. Fa paura pensare che certamente migliorerà ancora. Ma migliorerà anche Musetti che, a suo modo, ha qualcosa di straordinario anche lui. E non solo la bellezza di certe sue invenzioni. Si assottiglierà o si approfondirà il gap fra i due? Nessuno può saperlo.

Ma se la vittoria di Amburgo non era da prendere per oro colato, perché Carlitos non era ancora quel che è oggi, anche questa batosta del Roland Garros non va presa per oro colato. Il gap c’è, indubbiamente, ma non credo sia così profondo come è sembrato nell’occasione. Ad Maiora.

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