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Al femminile

Elena Rybakina è davvero speciale

Analisi della più grande novità nel tennis femminile della stagione 2020, la giocatrice capace di raggiungere quattro finali su cinque tornei disputati

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Elena Rybakina - Bucarest 2019
 

Le decisioni fondamentali del 2019
Stagione 2019, quella della svolta. Terminati gli studi, che Elena seguiva in una normale scuola superiore (cioè senza particolari agevolazioni nella frequenza), arriva il momento di scelte fondamentali. I risultati tennistici sono discreti, ma non sufficienti per avere un attivo economico. Il padre di Rybakina le consiglia di trasferirsi negli USA, per giocare in qualche college a livello NCAA. Numero 191 del mondo a 19 anni: per le università americane è una candidata perfetta, tanto è vero che riceve più di quindici offerte di borse di studio.

Ma Elena non è convinta, vorrebbe continuare con il circuito professionistico rimanendo in Europa. E allora prende due decisioni fondamentali. La prima è il cambio di guida tecnica. Nel febbraio 2019 abbandona lo Spartak Mosca e inizia a collaborare con un coach che la segue in esclusiva: Stefano Vukov, croato, che la porterà a spostare la sua base di allenamento a Bratislava, nella nuova Academy di Dominika Cibulkova.

La seconda decisione è il cambio di nazionalità: decide di accettare le offerte della federazione kazaka, che promette di aiutarla economicamente se giocherà per la nuova bandiera. Assolte le pratiche del caso, il passaggio avviene in un momento speciale, proprio quando compie 20 anni, nel mese di giugno. È stata una teenager russa, diventa una ventenne kazaka.

È noto che in questi ultimi anni la federazione russa non navighi nell’oro, soprattutto se comparata con le disponibilità kazake, ma è difficile capire se a Mosca credessero nelle potenzialità di Rybakina o se invece abbiano pensato che lasciarla andare non sarebbe stata una perdita irreparabile. Fatto sta che oggi Elena rappresenta il Kazakistan e questa appare come una delle più lungimiranti mosse di “tennis-mercato”, compiute nella storia della federazione di Astana.

In coincidenza con queste decisioni, comincia la scalata ai vertici del tennis. Una ascesa costruita senza imprese straordinarie, ma attraverso una progressione costante e continua: 78 partite giocate, 57 vittorie, 21 sconfitte. Rybakina raggiunge 6 finali (4 a livello ITF), e una di queste le vale il primo titolo WTA. Nell’International di Bucarest vince cinque match senza perdere un set, approfittando di un tabellone in cui tutte le più titolate si perdono per strada: l’unica Top 100 che affronta è la numero 54 Kuzmova.

Se consideriamo il ranking delle avversarie sconfitte, nel 2019 vanta due sole vittorie contro Top 50: quella per ritiro contro Simona Halep a Wuhan (sul 5-4 primo set) e quella contro la numero 41 Siniakova a Istanbul. In sostanza mancano successi strabilianti, ma è anche vero che partendo dal numero 191 non sono moltissime le occasioni di incrociare le più forti.

Resta il fatto che la sua progressione “da formichina” si traduce in tanti punti preziosi, e la posizione numero 38 alla fine del 2019: oltre 150 posti scalati in un anno. Ormai il suo status è del tutto cambiato: nel giro di pochi mesi è passata dal dover affrontare le qualificazione per entrare in un torneo di livello International all’essere a ridosso delle teste di serie negli Slam. E nelle ultime settimane dell’anno il suo nome è presente sempre più spesso nelle fasi conclusive dei tornei: finale a Nanchang (battuta da Rebecca Peterson), quarti di finale a Wuhan, ancora quarti a Linz, semifinale in Lussemburgo.

Il salto di qualità del 2020
Se il rendimento del 2019 poteva lasciare spazio a dubbi sul valore delle prestazioni di Rybakina, nel 2020 molte perplessità svaniscono. La soglia della Top 50, limite oltre il quale faticava a vincere, è completamente cancellata dall’impressionante inizio stagionale. Sconfigge due Top 10 come Karolina Pliskova e Sofia Kenin, fresca reduce dal successo nello Slam, due Top 20 (Martic, Mertens) più altre quattro Top 50 (Sakkari, Zheng, Zhang, Wang).

Questo le permette di partecipare al suo primo tabellone principale dell’Australian Open 2020 addirittura da testa di serie. Altri numeri di questo 2020: cinque tornei disputati, una finale vinta, tre perse e un bilancio di 19 vittorie e solo 4 sconfitte. Che cosa è cambiato? Quali sono state le ragioni del salto di qualità?

Lo ha spiegato lei stessa in diverse interviste. Innanzitutto avere avuto la possibilità di collaborare con un coach in esclusiva e a tempo pieno. Una collaborazione che ha permesso una crescita a 360°. Queste le sue parole: il coach “mi ha aiutato molto. Tatticamente parliamo di ogni avversaria e poi ha apportato miglioramenti tecnici al mio servizio e al mio diritto. Stiamo lavorando su ogni piccolo dettaglio”.

E più di recente: “Abbiamo iniziato a lavorare insieme nel febbraio 2019, quindi è un anno esatto. Penso di essere migliorata un po’ in tutto: nel servizio, sulla tecnica, sulla tattica. Mi sta aiutando molto. Sono stati piccoli progressi un po’ in tutto”.

Due risposte molto simili che a mio avviso centrano alla perfezione le ragioni del progresso di Rybakina: tanti piccoli miglioramenti in ogni ambito, che sommati tutti insieme si sono risolti in un salto di qualità sostanziale. Per capire più in dettaglio i suoi progressi, confrontiamo la tennista vincitrice due anni e mezzo fa del Bonfiglio 2017 con quella che ha raggiunto la finale di Dubai 2020.

Punto di partenza è la sua struttura fisica: Rybakina è davvero alta, molto alta. La scheda WTA indica 1,84, ma a me pare sottostimata. Ha detto Karolina Pliskova in conferenza stampa subito dopo la sconfitta subita la scorsa settimana: “She’s maybe taller than me. That’s a good help for a good serve, I think. She hits it. She can go over 190. She’s quite strong”. Ricordo che per la scheda WTA Pliskova è 1,86.

Ecco una foto di Elena da giovane, ancora con la divisa della Russia. Confrontatela con le compagne, ma anche con l’altezza della rete:

Perché sottolineo così tanto la statura? Perché pur essendo attorno al metro e 85 Rybakina si muove sempre con grande coordinazione e senza alcuna goffaggine; e sappiamo che la goffaggine a volte emerge nelle tenniste più alte. Invece se guardiamo il match del trofeo Bonfiglio, vediamo una atleta che già allora si muoveva in modo tale da sembrare meno alta di quanto in realtà non fosse.

Al contrario quello che sorprende delle giocatrice del 2017 è quanto poco ricavasse dal suo fisico al momento di colpire. L’altezza dovrebbe favorire l’efficienza del servizio e la potenza dei colpi da fondo, grazie alle lunghe leve. Eppure nel match di Milano risulta una giocatrice che non fa viaggiare la palla in modo particolare durante lo scambio, e nemmeno il servizio appare molto incisivo.

A distanza di tempo però, mi sto convincendo che l’avere svolto l’attività da junior sfruttando solo minimamente il potenziale di colpitrice, abbia fatto di lei una tennista molto particolare, probabilmente oggi migliore. In sostanza da teenager Rybakina per vincere non ha puntato sulla potenza, ma su altri aspetti del gioco più tecnici e tattici, che oggi si rivelano un prezioso bagaglio in più su cui contare. Soluzioni che fanno di lei una giocatrice più completa, e molto meno monodimensionale di chi fin dall’inizio ha basato il proprio gioco su una sola caratteristica.

a pagina 3: Le qualità dell’ultima Rybakina

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