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Al femminile

Elena Rybakina è davvero speciale

Analisi della più grande novità nel tennis femminile della stagione 2020, la giocatrice capace di raggiungere quattro finali su cinque tornei disputati

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Elena Rybakina - Bucarest 2019
 

Naturalmente non si può sempre governare la partita. Quando capitano scambi in cui a comandare è l’avversaria, occorre saper affrontare le fasi difensive. Direi che Rybakina ha dimostrato di possedere un discreto gioco di contenimento. Ecco un esempio tratto dal recente match contro Sofia Kenin. Su una seconda di servizio un po’ troppo tenera, Kenin attacca in risposta e allora Elena deve innanzitutto arginare l’offensiva: back di rovescio, poi back di dritto (con aggiunta di sidespin) per poi cominciare a risalire la china, fino a ribaltare l’inerzia del quindici, spingendo indietro Sofia e chiudendo il tutto con un drop-shot:

E va infine ricordato che Elena ricorre al back a volte anche per preparare le discese a rete, attraverso attacchi slice che rimandano a schemi da tennis classico,  tipici del secolo scorso.

Dopo tante lodi, provo a evidenziare alcuni difetti. Prima di tutto segnalerei i limiti in uscita dal servizio, cioè quelli relativi al terzo colpo dello scambio. Penso che una giocatrice con picchi di servizio come i suoi, dovrebbe essere in grado di raccogliere molti più punti sugli uno-due. Invece quando non riesce a ottenere il punto diretto con il servizio, se anche l’avversaria risponde in qualche modo, troppe volte Elena fatica a concretizzare il vantaggio costruito, al punto da dover quasi ripartire da zero con lo scambio. Servizio+dritto vincente o servizio+rovescio vincente: su queste combinazioni raccolgono quindici fondamentali tenniste come Williams, Keys, Kvitova, Osaka. Sono ancora pochi, invece, nel caso di Rybakina.

E poi, in generale, mi pare che dovrebbe ricavare di più dal servizio sui punti importanti. Certo, occorre killer instinct per dare il meglio nei frangenti decisivi. Ma qualche battuta vincente in più in queste situazioni è quasi obbligatoria. Serena e la miglior Osaka, per esempio, sono molto avanti rispetto a Rybakina in questo aspetto. In più una giocatrice con la sua potenza ha spazio per migliorare il servizio in kick, che potrebbe diventare una opzione fondamentale, specie sulla seconda di servizio, a volte ancora troppo vulnerabile.

Ci sono poi le questioni relativo all’aspetto mentale. Come sempre per una giovane giocatrice è presto per parlarne in modo definitivo, ma per ora spicca il record negativo nelle finali a livello WTA. Sei affrontate: due vinte e quattro perse fra il 2019 e il 2020. Ha vinto contro Patricia Maria Tig e Zhang Shuai. Ha perso contro Peterson, Alexandrova, Bertens e Halep.

Penso avrebbe potuto fare meglio: Peterson e Alexandrova non sono imbattibili; contro Bertens a San Pietroburgo, invece, più che per la sconfitta, ha deluso per la remissività. Una partita nella quale, come lei stessa ha dichiarato, non è riuscita a mettere in campo il piano di gioco previsto e ha finito per raccogliere solo quattro game (6-1, 6-3).

In confronto è stato di sicuro un progresso la sconfitta recente contro Halep a Dubai, arrivata al fotofinish (3-6, 6-3, 7-6). Di questo match la nota negativa è stato il modo in cui ha perso il vantaggio di un break nel set decisivo. Un controbreak immediato causato da una serie di errori non forzati evitabili.

Va anche ricordato che in queste settimane Rybakina è in un certo senso vittima del suo stesso successo. Arrivando quasi sempre in fondo ai tornei, non ha avuto il tempo di riposare e quindi non le è possibile scendere in campo con il massimo della freschezza (fisica e mentale), Tanto che ho il dubbio che forse sarebbe stato meglio rinunciare al torneo di Doha appena cominciato.

Ma questi sono aspetti contingenti. Mi pare forse più strutturale la sua timidezza, che in campo si traduce in una assoluta compostezza: rarissimi gesti di insoddisfazione, e altrettanto rari gesti di esultanza, anche a fine match. Forse con il tempo si lascerà andare di più, o forse la sua natura è semplicemente questa. Penso invece che diventerà più spigliata di fronte al microfono a fine match, anche se probabilmente non risulterà più così autentica:

QUI IL VIDEO

Chiudo con un aspetto che mi sembra importante. Più volte nelle sue interviste Elena ha dichiarato che il tennis la diverte moltissimo. Le piace il tennis come sport, tanto che in campo durante i match si è sempre divertita. E per lei è ancora oggi un gioco:

I love tennis. It was always a game for me. Even now, I don’t think it’s a job. It was always a game and if I cannot do something I like (I cannot) improve it, fix it. I love everything in tennis”.

Fare qualcosa divertendosi, al punto da rifiutarsi di considerarlo come un lavoro, non è solo un segno di passione, ma anche un grande colpo di fortuna, perché permette di applicarsi a ciò che si fa senza noia e senza sforzi, quasi non sentendo la fatica. E questo è un buon punto di partenza per pensare di migliorarsi ancora in futuro.

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