Lee, il coreano gioca nel silenzio (Boi). Mager: «Io, la Davis e un segreto: la fidanzata come coach» (Cocchi). Una Davis senza rumore (Azzolini)

Rassegna stampa

Lee, il coreano gioca nel silenzio (Boi). Mager: «Io, la Davis e un segreto: la fidanzata come coach» (Cocchi). Una Davis senza rumore (Azzolini)

La rassegna stampa di venerdì 6 marzo 2020

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Lee, il coreano gioca nel silenzio (Nanni Boi, Corriere dello Sport)

Ci sono tanti modi per farsi ricordare nello sport a livello internazionale. Qui da noi quando si parla di Corea a distanza di quasi 54 anni non si può fare a meno di citare Pak Doo Ik, il professore di educazione fisica del Nord che avrebbe popolato di incubi le notti del c.t della Nazionale di calcio, Edmondo Fabbri. Meno clamore avrebbe suscitato un altro coreano, stavolta del Sud, il perugino Aim Jung-Hwan, che venne licenziato dal presidente perugino Gaucci per aver eliminato con un gol l’Italia negli ottavi del Mondiale 2002. Giusto due anni fa Chung Hyeon, tennista sudcoreano, sali alla ribalta per aver raggiunto il 19° posto Atp grazie allo storico successo su Djokovic e all’approdo nelle semifinali degli Australian Open. Non si sa bene perché Chung non sia giunto a Cagliari per il giocare coi suoi compagni il turno di Coppa Davis contro gli azzurri di Barazzutti, proprio in questi giorni è impegnato nel challenger di Indian Wells. In compenso c’è un altro atleta di quella nazionale che ha già fatto parlare molto di sé nell’ultimo anno. Si tratta di Lee Duck-Hee (n. 250 dell’Atp), unico giocatore privo di udito nella storia del tennis pro’ mondiale, che domani debutterà contro Fabio Fognini. Neanche 22enne, è balzato agli onori della cronaca lo scorso agosto per aver ottenuto il primo successo in un torneo Atp contro Henry Laaksonen. «La gente mi prendeva in giro per la mia disabilità, è stato tutto difficile, ma i miei amici e la mia famiglia mi hanno aiutato a superare i problemi». Al suo debutto in Davis fece tenerezza il suo scambio prolungato, anche dopo lo stop imposto dal giudice di sedia, contro l’uzbeko Istomin. Non era stata ribellione la sua per un punto che aveva visto buono, semplicemente non aveva sentito l’arbitro. Perché non ha mai sentito nessuno in vita sua. Soprattutto quei geni che avevano detto ai genitori di scordarsi che il loro figliolo potesse fare una carriera nel tennis pro’ con il suo handicap. Convinto e testardo come il padre, che sin da piccolo gli ha vietato di imparare il linguaggio dei segni perché poi dopo i 18 anni non avrebbe più potuto impararne un altro. Gli insegnò e gli fece insegnare dai logopedisti quello delle labbra, lo iscrisse alle scuole frequentate dai coetanei che non avevano problemi e quindi, oltre a farlo integrare nella società, gli ha regalato un carattere forte. Perché è facile immaginare quando abbia sofferto Lee agli inizi. Tanta forza di volontà e passione alla base di tutto, ma anche un elevatissimo spirito di osservazione e un talento tennistico non indifferente. E l’impagabile risarcimento di non aver mai sentito le sentenze di quei solori che lo avevano bollato inadatto per il tennis.

Mager: «Io, la Davis e un segreto: la fidanzata come coach» (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

«No, non Magèr. Ma-gher. Il mio bisnonno, o forse trisnonno era tedesco. Poi, tutti liguri». Sudato fradicio dopo un’ora abbondante di allenamento sul centrale di Cagliari con Fabio Fognini, sotto l’occhio attento di Corrado Barazzutti, Gianluca Mager spiega bene come pronunciare il suo cognome correttamente. E sarà il caso di abituarsi perché di lui se ne sentirà parlare sovente. A partire da oggi quando scenderà in campo per la prima volta in azzurro e addirittura titolare nel secondo match di Italia-Corea, la sfida che vale le Davis Finals di novembre a Madrid. Gianluca, pochi giorni fa la prima finale in un torneo Atp 500, poi la top 80 e subito la convocazione In Davis. E ora anche resordio da titolare. «Se è un sogno non svegliatemi. No scherzo, sono davvero felice. Orgoglioso, entusiasta, emozionato. Ho finito gli aggettivi».

Andiamo con ordine, lei arriva in finale a Rio e…

Dopo aver battuto Thiem, ai quarti, il mio coach Flavio Cipolla mi fa: “Ha chiamato Barazzutti, ti vuole in Davis”. Mi sono fatto una risata. Invece non era uno scherzo. Il capitano poi ha parlato anche con me e mi ha detto che per come stavo giocando meritavo un posto in squadra. Fantastico. L’accoglienza del gruppo è stata splendida, il clima è bellissimo.

Certo, giocare in casa senza pubblico, sarà un po’ strano…

Un po’ di dispiacere c’è, mi sarebbe piaciuto sentire il tifo. La situazione è difficile e la cosa più importante è la salute.

Qualche anno fa pensava di smettere. Ha fatto bene a cambire idea.

Effettivamente… Mi sembra passato un secolo, ma ci ho messo impegno, dedizione. Ci ho creduto anche, sono ripartito dagli Itf, passo dopo passo.

Quanto è stato importante lavorare con la sua compagna Valentine Confalonieri?

Stiamo insieme da tempo e ci conosciamo fin da ragazzini. Ha iniziato a seguirmi quasi per caso. Era con me al Challenger di Milano e sono arrivato in finale. Poi lo scorso anno è venuta con me in giro per 22 settimane. Nel team però ci sono pure Matteo Civarolo, il mio coach, e da un po’ di tempo anche Flavio Cipolla per lavorare su servizio e risposta.

Ma ad avere una fidanzata-coach non si rischia di parlare sempre di lavoro, anche a casa?

No. Anzi, è importante avere accanto una persona che ti segue e ti capisce. Qualcuno a cui confidare dubbi e paure senza il rischio di essere giudicato.

Una Davis senza rumore (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Conferenza stampa su poltroncine distanti un metro e mezzo l’una dall’altra.Foto di gruppo, tutti insieme appassionatamente… E’ il tennis di Coppa Davis ad aprire il primo grande weekend dello sport senza spettatori. A Italia e Corea, per la terza volta di fronte in Coppa, il compito di fare da battistrada, a Cagliari, in una delle pochissime Davis giocate senza pubblico sugli spalti, senza applausi, Barazzutti dice «senza poter godere della situazione migliore». Ma è un confronto che vale la finale di novembre. Il capitano una via da suggerire ce l’ha: «L’emergenza impone di mettere al primo posto la salute delle persone. Cagliari è sempre stata vicina alla squadra, elo avrebbe dimostrato anche in questi giorni. Mi auguro che i ragazzi avvertano tutto questo come uno stimolo in più per regalare una vittoria non solo all’Italia, ma anche alla città». Giocano Fognini e Mager, al debutto. Non Sonego, che ha un problema al polso e al momento figura fra i due doppisti di sabato, con Travaglia. Il confronto fra i numeri uno, che apre la Davis alle 12 spinge sulla ribalta Duck Hee Lee, 21 anni, l’unico tennista non udente che abbia vinto un match nel circuito maggiore. Accadde un anno fa, a Winston Salem, contro lo svizzero Laaksonen. È probabile che il match con Fabio finirà per somigliare a una montagna da scalare per il coreano, ma la sua storia è fra le più particolari che si possano raccontare. Nato a Jaecheon City nel 1998, DuckHee è sordo dalla nascita I genitori l’hanno cresciuto nel mondo dei suoni, aiutandolo e abituandolo a confrontarsi con il suo handicap nel mondo reale. Non conosce il linguaggio dei segni, DuckHee, il padre lo ritenne un modo per non integrarsi, ma sa leggere il labiale e parla, grazie allo straordinario lavoro di logopedisti che hanno dato forma di parole alle vibrazioni che provengono dalle voci. Il tennis a 7 anni giunse sulle orme del cugino Woo: DuckHee volle imitarlo, e scoprirono presto che era portato, e che avrebbe potuto perfino fare bene. Chiesero al primo maestro di allenarlo come se dovesse diventare un campione. Il resto l’ha messo lui, che ha straordinarie doti di concentrazione. Non sente il rumore del colpo avversario, ma ha imparato a farne a meno. Non sente le chiamate dei giudici, e capita che continui a colpire a gioco fermo. Dall’alto della tribuna uno dei suoi coach si è assunto il compito di segnalargli le interruzioni. Ma il suo tennis è buono, nel diritto esplosivo e nel timing degli impatti sul rovescio. A Mager tocca Ji Sung Nam, n.238. «Non me l’aspettavo – dice – ed è un’emozione fortissima. Credo che Sonego abbia un problema fisico, ma io sono pronto».

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