"Dopo tanta gavetta la vittoria su Thiem. Non è stato un caso, ora ho l'età giusta" (Pagliari)

Rassegna stampa

“Dopo tanta gavetta la vittoria su Thiem. Non è stato un caso, ora ho l’età giusta” (Pagliari)

La rassegna stampa del 28 marzo 2020

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“Dopo tanta gavetta la vittoria su Thiem. Non è stato un caso, ora ho l’età giusta” (Claudio Paglieri, Il Secolo XIX)

“Faccio addominali. Tanti addominali. Non è che di solito non li faccio, ma in queste giornate infinite ne faccio molti di più». Gianluca Mager, 25 anni, è a Sanremo, segregato in casa come tutti. Le racchette, in un angolo, fremono dalla voglia di tornare a esplodere servizi a 220 all’ora, come in quella magica settimana di febbraio al torneo Atp 500 di Rio de Janeiro: una corsa inaspettata fino alla finale, battendo anche il numero 4 del mondo Dominic Thiem. Mager, che scalogna. […] «Sì, ho un avuto un buonissimo inizio anno, sono entrato nei top 100, ho esordito in Davis. Ma non mi lamento di certo. Intanto perché fuori di qui ci sono drammi veri. E poi perché sta peggio chi magari aveva giocato poco, e ora vorrebbe recuperare». Il tennis ha meccanismi di classifiche complessi, ogni settimana scadono i punti dell’anno prima. Adesso come si può fare, secondo lei? «Ah, è difficile. Credo ci siano due soluzioni: spalmare la classifica su due anni, o congelarla per tante settimane quante sono quelle di stop. Ma serve un bravo matematico». Come passa le giornate? «Sono a casa a Sanremo, con la mia fidanzata Valentine (Confalonieri, ndr). Per fortuna ho un piccolo giardinetto e un terrazzino, posso fare esercizi di atletica, stretching, mobilità, tanti addominali. Guardo molte serie tv: ho appena visto Zerozerozero e aspetto che ricominci la Casa di carta». Lei ha reso merito per i suoi miglioramenti proprio alla sua fidanzata, anche lei tennista e allenatrice. In cosa è importante? «Valentine mi dà una mano in tutto, è un grande punto di riferimento non solo per il tennis. Mi dà tranquillità, equilibrio nella vita in generale». Andy Murray, che ha lavorato con Amélie Mauresmo, dice che nel tennis maschile ci vorrebbero più allenatrici. «Sono assolutamente d’accordo con lui. Ci sono tante donne bravissime, anche più dei maschi». […] Lei va d’accordo con il suo vicino di casa Fognini? «Certo. Ha qualche anno più di me, l’ho sempre seguito e ammirato perché è un grandissimo giocatore, e ha tanto talento». C’è stato invece un po’ di fastidio perché Sinner non si è dato disponibile. Con lui va d’accordo? «Sinceramente l’ho incrociato solo due o tre volte, e non ci ho mai giocato. So che aveva già messo in programma i tornei in America. Ognuno fa le sue scelte. E poi non mi lamento di certo, visto che hanno convocato me». In Italia abbiamo visto tanti tennisti centrare un exploit e poi sparire. Ma anche tanti giocatori maturare tardi e poi restare a buoni livelli. Lei fa parte del primo gruppo o del secondo? «Beh, spero del secondo». Cosa glielo fa pensare? «Il fatto che il mio è stato sì un risultato che neppure io mi aspettavo, con quella vittoria folle su Thiem. Ma non è un risultato spuntato dal nulla. Già l’anno scorso ero cresciuto: ho giocato 70 partite e ho vinto tutte quelle che dovevo vincere, tranne forse tre o quattro. E ho vinto tre Challenger'”. Una crescita costante, dopo annidi gavetta. *** «Anche quelli sono serviti. Le battaglie con il Park Genova in Serie A, a giocarsi lo scudetto. I Futures, i Challenger. E’ stato un lungo percorso. Se hai un passato forte di tante partite giocate, è più difficile fare un passo indietro. Anche se so benissimo che in questo sport c’è sempre il rischio di perdere tre o quattro primi turni di fila e andare in crisi». A Rio ha vinto anche un bel premio, 164 mila euro. Ne aveva bisogno? «Eccome. Nel tennis c’è un divario esagerato tra i tornei: un primo turno Atp ti dà magari 5.000 euro, un Challenger 300. Io me la cavo da solo da un paio d’anni, questo è il primo premio importante». Prima come faceva a far quadrare il bilancio? «Eh, risparmiavo. E giocavo le gare a squadre: Serie A, Bundesliga. Anche la Federazione mi ha aiutato». Sappiamo che il servizio è il suo punto di forza. In cosa deve migliorare? «Un po’ in tutti i colpi. E poi nella risposta e nella velocità di piedi». Superficie preferita? «La terra. Ci sono cresciuto. Ma anche il veloce non mi dispiace. E l’anno scorso ho giocato sull’erba nelle qualificazioni di Wimbledon: bella, anche se bisogna abituarsi». Il tennis maschile italiano è rifiorito all’improvviso. Come mai? «Credo che tutto sia partito dalla semifinale di Cecchinato al Roland Garros. Tutti gli altri si sono detti “allora si può fare”. Berrettini è arrivato al numero 8 del mondo, Fognini ha vinto Montecarlo, Sinner le NextGen…». E anche Mager è esploso. Ma Cecchinato non vince più. E una meteora? «Non scherziamo, Cech è un grande giocatore. Il suo non è un exploit. Voglio dire, ci può anche stare per ipotesi che uno arrivi in semifinale al Roland Garros, ma Cech ha vinto tre tornei Atp e quello non può essere un caso. Ha dato 6-1 6-2 a Schwartzman a Buenos Aires. Tornerà ai livelli che merita». Se dovesse pronosticare il prossimo italiano destinato a crescere? «Senz’altro Lorenzo Musetti, mio compagno al Park. E’ un giocatore completo, sa fare tutto. Ha grande talento, è molto maturo per la sua età ed è seguito da un ottimo allenatore (Simone Tartarini, ndr). Ma aspetto anche il rientro di Matteo Donati, che è stato fermo per un infortunio al gomito ma è molto forte, anche di testa». La testa, già. Quella che molti consideravano il punto debole di Mager. E che ora sembra ben focalizzata sull’obiettivo di restare nella top 100, e dimostrare il suo valore negli Slam.

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