600 euro anche per i collaboratori sportivi, ma solo per chi ne prende meno di 10.000 all'anno

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600 euro anche per i collaboratori sportivi, ma solo per chi ne prende meno di 10.000 all’anno

Sembrano queste la modalità di erogazione dell’indennità per i collaboratori sportivi prevista dal decreto ‘Salva Italia’: lo ha fatto capire il ministro Spadafora. Manca però il decreto attuativo

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L’epidemia di COVID-19 sta mettendo a dura prova il sistema sanitario di alcune regioni del nord, soprattutto della Lombardia, ma gli effetti della conseguente paralisi economica sono purtroppo evidenti anche in tutti gli altri settori.

Lo sport non fa eccezione, e anzi in virtù del suo status di attività ‘superflua’ (sebbene l’attività sportiva quotidiana non lo sia per nulla) rischia di pagare le conseguenze più grosse perché la macchina non ripartirà a pieno regime finché non sussisteranno le necessarie condizioni di sicurezza. Le leghe, le società e gli atleti meglio remunerati resisteranno, ma per tutti gli altri sono già cominciate settimane e mesi difficili.

Per venire incontro alle categorie più colpite, il decreto ‘Salva Italia’ entrato in vigore il 17 marzo ha disposto l’erogazione di alcune indennità per i lavoratori non dipendenti. L’articolo 27 del decreto mette a disposizione dei titolari di partita IVA un contributo una tantum di 600 euro, ma diversi collaboratori sportivi non percepiscono redditi con questa modalità e non sono tutelati da un contratto di lavoro (che consentirebbe loro l’accesso al sistema di cassa integrazione). La presa di coscienza di questo ‘sommerso’ ha portato a riempire il vuoto con l’articolo 96, che appunto regolamenta le indennità dovute ai collaboratori sportivi:

“L’indennità di cui all’articolo 27 è riconosciuta da Sport e Salute S.p.A., nel limite massimo di 50 milioni di euro per l’anno 2020, anche in relazione ai rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche […] già in essere alla data del 23 febbraio 2020

Si tratta di lavoratori che spesso percepiscono piccoli emolumenti in forma di rimborsi spese, una pratica che sfugge di frequente alle maglie neanche così larghe del welfare italiano. Per questo Sport e Salute ha (giustamente) spinto perché si dedicasse loro un fondo, seppur ristretto – i 50 milioni rappresentano infatti appena lo 0,2% degli investimenti totali previsti dal decreto – e sul sito ufficiale ha specificato che come per le partite IVA il contributo sarà costituito dall’una tantum di 600 euro. Se il tetto dei 50 milioni non viene ampliato, potranno essere erogate circa 83.000 indennità – all’interno di una platea di possibili beneficiari ben più ampia che il Corriere dello Sport stima in circa 500.000 collaboratori (altre fonti dicono 350.000).

Si capisce subito che dovranno essere stabiliti dei paletti più oggettivi del ‘chi prima arriva meglio alloggia‘, dunque chi potrà davvero accedere a questo fondo? L’articolo 96 rimanda a un decreto successivo (di pertinenza del ministro dell’Economia) per definire le modalità di presentazione della domanda e i criteri di gestione del fondo, un decreto ‘da adottare entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore del presente‘ che nonostante le due settimane siano scadute ancora non si vede. A placare gli animi e fare un po’ di ordine è intervenuto giovedì il ministro per le politiche giovanili e lo sport Vincenzo Spadafora, impegnato in questi giorni in concertazioni con il CONI e gli Enti di Promozione Sportiva (EPS). Potete vedere e ascoltare il suo intervento qui.

Spadafora: "Un piano di aiuti per lo Sport"

Il mondo dello Sport sarà fondamentale per la ripartenza. In questi giorni ho avuto video conferenze con i presidenti di tutti gli Enti di Promozione Sportiva e nelle prossime ore parlerò con i presidenti delle Federazioni principali.Oggi riceverò, dal Presidente del Coni Giovanni Malagò, le sollecitazioni che provengono da tutti i rappresentanti del mondo sportivo. Inizieremo a lavorarci fin da subito per proporre un piano di aiuti per fronteggiare le necessità del momento e scrivere insieme un piano straordinario capace di guardare al futuro.

Pubblicato da Vincenzo Spadafora su Giovedì 2 aprile 2020

In sintesi, il ministro dice che lunedì verranno pubblicate indicazioni chiare per la presentazione della domanda ma soprattutto sembra restringere il campo degli aventi diritto a coloro che percepiscono un reddito annuale inferiore ai diecimila euro. Nello specifico, dice questo:

L’altro tema è questo mondo straordinario dei collaboratori sportivi e dei lavoratori del mondo dello sport, che viene sempre poco apprezzato, soprattutto quelli che guadagnano un compenso annuo lordo al di sotto dei 10.000 euro e molto spesso non vengono neanche considerati con la dignità che meritano. Proprio per quei lavoratori lì, che quindi non sono iscritti alla gestione separata dell’INPS o non sono dipendenti e quindi non possono accedere alla cassa integrazione, noi rivolgiamo un fondo straordinario di 50 milioni“.

Tra i commenti dello stesso video è rapidamente partita la levata di scudi di coloro che eccedono il limite dei 10.000 euro menzionato da Spadafora. L’obiezione principale sembra essere che guadagnare 3 o 4mila euro in più non consente l’accesso ad altre agevolazioni o posizioni previdenziali, dunque perché tirare quella riga del tutto arbitraria? Un articolo comparso sul portale nuoto.com invece condanna questa distinzione perché “i destinatari privilegiati saranno i soggetti che meno hanno necessità del contributo, cioè quelli che rimangono sotto la soglia della fiscalizzazione del compenso, mentre chi realmente vive di sport dilettantistico godrà di uno status differente“.

Va precisato che per il momento le parole di Spadafora vanno interpretate come una dichiarazione d’intenti, in assenza di conferma legislativa. Il Corriere dello Sport scrive che, se questo limite verrà confermato, si esaminerà l’ammontare dei rimborsi percepiti nel primo trimestre 2020 dal richiedente che inoltre dovrà autocertificare la preesistenza del rapporto di collaborazione (al 23 febbraio) e la mancata percezione di altro reddito da lavoro.

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