Il tennis solidale dei Big-Three: «Sussidio dal 200° in giù» (Crivelli). Fognini controcorrente: «Gioco a epidemia finita» (Semeraro). «Quelli del calcio sono matti» (Piccardi)

Rassegna stampa

Il tennis solidale dei Big-Three: «Sussidio dal 200° in giù» (Crivelli). Fognini controcorrente: «Gioco a epidemia finita» (Semeraro). «Quelli del calcio sono matti» (Piccardi)

La rassegna stampa di domenica 19 aprile 2020

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Il tennis solidale dei Big-Three: «Sussidio dal 200° in giù» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Una lettera può cambiare la vita. E se porta in calce la firma di Djokovic con l’avallo di Federer e Nadal, le intenzioni non sono più parole al vento. Se ne discuteva da tempo, fin da quando la pandemia ha bloccato, tra le altre, ogni attività sportiva e dunque anche il tennis: come andare in aiuto di quei giocatori di bassa classifica che non hanno i guadagni milionari dei big e anzi si ritrovano spesso sulla soglia della sopravvivenza al termine di una stagione completa? Ora il numero uno del mondo, che e anche presidente dell’Atp Players Council, avanza una proposta articolata che ha portato a conoscenza di tutti gli altri colleghi dopo essersi confrontato con Rafa e Roger: in pratica, i primi 100 giocatori del ranking dovranno contribuire, ciascuno in diversa misura, a creare un Fondo speciale con donazioni modulate. In questo modo: ai tennisti tra la posizione 50 e la 100 si chiedono 5.000 dollari; 10.000 a quelli tra la 20 e la 50; 20.000 a quelli tra la 5 e la 20; 30.000 a quelli tra la 1 e la 5. Ai doppisti compresi nella top 20 si chiede invece un contributo di 5.000 dollari ciascuno, per una somma di 1.050.000 dollari. Questa verrebbe raddoppiata da un versamento dell’Atp, mentre i quattro Slam dovrebbero contribuire ciascuno con 500.000 dollari, per un totale tra i 4 e i 4,5 milioni di dollari, cosi da garantire 10.000 dollari ad almeno 400 giocatori oltre il 200° (o 250°) posto in classifica. Nella lettera, poi, Djokovic specifica che nel fondo potrebbe confluire metà del montepremi delle Atp Finals (l’anno scorso fu di 8.300.000 euro) se quest’anno dovessero giocarsi, altrimenti si interverrebbe sul montepremi degli Australian Open 2021. Intanto Dirk Hordorff, il vicepresidente della federazione tedesca che già aveva anticipato la cancellazione di Wimbledon, ha svelato l’ipotesi del nuovo calendario se dovessero saltare gli Us Open (31 agosto-13 settembre). Senza lo Slam americano, il mese di settembre sarebbe dedicato alla stagione europea sulla terra rossa con Madrid e gli Internazionali d’Italia collocati prima del Roland Garros, che slitterebbe di una settimana (dal 27 settembre all’11 ottobre). Ci sarebbero poi altri tornei sulla terra che, come Roma, sono stati sospesi e rinviati, non cancellati, e che potrebbero essere ricollocati in quel periodo: Monaco, Amburgo e Kitzbuehel. Dopo il Roland Garros, il calendario si adeguerebbe a quello stagionale con lo swing asiatico e i tornei indoor europei fino al Masters di Londra. A fine maggio, virus permettendo, ne sapremo di più.

Fognini controcorrente: «Gioco a epidemia finita» (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

C’è chi non ci sta. Va bene l’inattività, la classifica congelata, i montepremi che se ne vanno e il conto in banca che piange, ma la salute conta più di tutto: con il virus non si scherza. Il fronte dei tennisti è stato subito molto compatto nell’appoggiare la politica “prima la sicurezza” adottata dall’Atp e dalla Wta. Dall’estero però ultimamente sono arrivate riflessioni preoccupate, come quelle dell’ex Top 10 spagnolo Pablo Carreno Busta («Io di soldi, per fortuna, ne ho guadagnati abbastanza, ma conosco tanti colleghi che sono tornati a casa dai loro genitori»), e della semisconosciuta georgiana Sofia Shapatava, n.375 del mondo («Ci sarà chi non avrà più risorse per fare le trasferte»). In Italia si tiene il punto. «Il tennis mi manca, è più di un mese che non gioco ma sulla ripresa la vedo molto grigia», ha dichiarato Fabio Fognini in un’intervista a SkySport. «Si deve ricominciare solo quando finirà la pandemia, prima farò molta fatica a pensare di giocare a porte chiuse: non parteciperò nemmeno se si riprenderà, ma non ci saranno condizioni di sicurezza. Il tennis mi ha fatto guadagnare tanti soldi e visitare tanti posti, ma al momento l’ho messo in secondo piano. Al primo posto viene la salute della mia famiglia». Fabio l’isolamento lo sta vivendo ad Arma di Taggia, in Liguria, insieme a Flavia Pennetta e ai loro due figli, Federico e Farah. Corrado Barazzutti invece è a Roma e ha una posizione persino più netta, oltre che decisamente pessimistica sul futuro a breve termine del tennis. «Non si tratta tanto di essere pessimista, io voglio essere il più realista possibile. Fino a quando non si troverà un vaccino, non potremo tornare alla normalità. Parlare di date e calendari in mancanza di un vaccino non mi sembra possibile». […]

«Quelli del calcio sono matti» (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Un anno fa, Fabio Fognini era l’uomo più felice della terra (battuta). Arrivato in riviera carico di dubbi, alla fine di una rincorsa pazzesca, primo italiano re di un Master 1000 a 51 stagioni di distanza da Nicola Pietrangeli, alzava la coppa di Montecarlo. Oggi che il tennis ha chiuso per coronavirus (fino al 13 luglio, poi chissà), Fognini ha scelto la sua Arma di Taggia per attraversare la tempesta: «Dopo la Davis ero rientrato a Barcellona, leggevo le notizie sull’Italia, in Spagna la situazione era ancora abbastanza tranquilla. Una notte ho avuto un’intuizione. Ho svegliato Flavia e le ho detto: basta, da domani Federico non lo mandiamo più a scuola. Non sono partito per Indian Wells, che poi è stato cancellato. Con un volo privato, per prudenza, siamo venuti in Liguria, ad Arma, dove abbiamo una casa con giardino». Ora Fabio riflette, sul presente e sul futuro.

Ha capito quando si potrà riprendere a giocare?

Mah, in questo momento faccio fatica a immaginare la ripresa. Sono sincero: mi dispiace perché sono tornei grandi e danno tanti punti, ma non so se in Asia tornerò più. Già all’Olimpiade di Tokyo quest’anno non sarei andato. La mia paura più grande non è prendere il virus, ma trasmetterlo. Non sono più solo. Sono papà e marito.

Aveva mai trascorso tanto tempo a casa?

Così, in famiglia, mai. I primi giorni sono stati duri: io e Flavia eravamo tesi, preoccupati. Poi sono entrato nel meccanismo: lei allatta la bimba, io gioco con Federico, ogni tanto passo l’aspirapolvere. E ci siamo sciolti.

Questo stop forzato, a quasi 33 anni, le ispira qualche pensiero di ritiro?

No. Vorrei smettere quando sono ancora competitivo, alle mie condizioni. Non mi vedo da numero 80-90 del mondo a remare nei challenger per risalire la classifica. Sono n. 11 del ranking, è vero che ho qualche acciacco però vorrei ancora togliermi qualche sfizio: un altro Master 1000, magari Roma, se poi è uno Slam meglio.

A proposito di Roma: come vede gli Internazionali indoor a Milano o Torino, oppure sulla terra a Cagliari come ipotizza, nell’emergenza, il presidente della Fit Binaghi?

Capisco il presidente e le priorità della federazione, ma da tennista italiano per me gli Internazionali sono solo al Foro Italico. Poi, pur di farli, va bene tutto: Milano, Torino, Cagliari, Timbuctù. Ma gli devi cambiare nome. Per quanto riguarda il futuro del tennis, ho sentito Djokovic, Dimitrov, Lopez e Federer, che è in Svizzera. Io ho una mia idea: nel 2020 non si gioca più. Come fa un direttore di torneo a prendersi la responsabilità della salute di giocatori, staff, media, spettatori? Ne parlavo ieri in chat con Perin, Criscito e Viviano, i miei amici calciatori. Va bene il discorso economico, ma io finché non sono sicuro al 100% non mi muovo. Perderò punti e soldi? Pazienza.

Il calcio però vuole ricominciare a tutti i costi.

Per me sono matti. Sono morte migliaia di persone e pensano al pallone… Scherzano con la salute delle persone, inseguono solo il business. Che senso ha riaprire senza spettatori? Che senso ha San Siro vuoto? Non esiste, dai. […]

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