Racconti
Il domatore di tennisti
Lo sapevate che il tennis non ha sempre avuto degli arbitri veri e propri? No? Sedetevi in poltrona e leggete. Dal blog World Tennis Gazette di John Martin

[Ubitennis prosegue la sua collaborazione con un grande amico del sito, John Martin. Vi proporremo una serie di traduzioni dal suo blog, World Tennis Gazette. Nota: questo pezzo è stato scritto qualche giorno prima della finale dell’Australian Open 2020, e quindi non contiene alcun riferimento al “bravo, ora sei famoso” di Djokovic a Damien Dumusois, che ne avrebbe certamente influenzato l’incipit. Potete leggere l’originale cliccando qui]
Primo articolo: lo splendido giardino del Roland Garros
MELBOURNE, Australia – Quando l’edizione dell’Australian Open 2020 si concluderà questa domenica (il 2 di febbraio), segnerà la fine di due settimane virtualmente immacolate e prive di discussioni per più di 400 giudici di sedia e di linea.
In centinaia di ore di lotta tennistica al massimo livello, l’unica discussione degna di nota è quella che ha visto protagonisti l’australiano Nick Kyrgios e il giudice di sedia britannico James Keothavong. Dopo aver perso un quindici contro Rafa Nadal, Kyrgios ha sfasciato la racchetta, ricevendo in cambio un’occhiataccia e un warning. Kyrgios ha risposto allo sguardo dell’arbitro, ma il momento è passato in fretta, senza sfoghi prolungati.
Keothavong ha prevalso – da giudice sedia certificato con un Gold Badge, è riuscito a contenere un giocatore noto per il suo carattere fumantino. Lui e i suoi colleghi provengono da non meno di 20 nazioni, fra cui Cina, India, Kazakistan, Germania, Croazia, Serbia, Svezia, Italia, Francia, Spagna, e Portogallo. Tutti loro sono formati e certificati dalle rispettive federazioni nazionali. Nel tennis professionistico, ogni anno centinaia di uomini e donne fanno il giro del globo per tenere i punteggi e per far sì che le regole vengano rispettate in un modo che sia giusto, imparziale, e consistente.
Eppure, non è sempre stato così. Fino a circa 45 anni fa l’arbitraggio tennistico era un mestiere privo di qualsivoglia sistematicità. I giudici di sedia erano sovente amici dei direttori dei vari tornei, i legami dei quali con agenti o giocatori mettevano in dubbio l’obiettività del trattamento riservato agli atleti. I giudici di linea potevano essere superbi o sonnolenti, senza soluzione di continuità. Le regole erano spesso soggette a fantasiose revisioni sul momento.
I giocatori, nel frattempo, si trovavano a competere in un’atmosfera di incertezza. A metà degli anni 70, un esiguo numero di top player interrompeva ripetutamente le partite con scenate atte a distrarre l’avversario [vedi Connors con Barazzutti, ndr].
Certo, molti tornei potevano avvalersi di una gestione efficiente, giusta, e competente da parte di arbitri abili ed esperti, ma molti tornei maggiori erano segnati dall’incompetenza. Questo fece sì che si raggiungesse un momento di crisi, in cui il supporto degli investitori e dei tifosi stava scemando. Allora, nel 1978, l’ATP si rivolse a un salvatore semi-sconosciuto: Dick Roberson da San Diego. Dal 1972, Roberson lavorava come un normalissimo venditore per la Penn Racquet Sports, e avrebbe continuato a farlo per la gran parte dei successivi 14 anni. Ogni estate, sbarcava il lunario come supervisore degli arbitri nel circuito WTT, il World Team Tennis.
Gli organizzatori della WTT, in collaborazione con Billy Jean King, orientarono Roberson verso una completa revisione del modo in cui il tennis era arbitrato fra i pro. In poco tempo, reclutò arbitri esperti dal mondo del football americano, del basket, e del baseball. Il loro compito era di aiutarlo a portare in auge un nuovo stile di direzione di gara nel tennis. “Dissi, ‘Questo è il modo in cui ci disporremo sul campo’. Quindi organizzammo un sistema di cinque persone e lei [Billie Jean King] approvò da subito“.
Desideroso di riformare il gioco, iniziò a sperimentare con varie soluzioni, dando il potere agli arbitri di penalizzare e squalificare i giocatori senza doversi più riferire al capo degli arbitri del torneo che si trovava fuori dal campo. “All’inizio degli anni 70“, ha detto Roberson, “alcuni Paesi iniziarono ad occuparsi del problema dell’arbitraggio, con la U.S.T.A. in testa, di modo da creare delle procedure che quantomeno consentissero di dare dei warning. Quella procedura non fu implementata, però“, ha proseguito, “perché i giudici di sedia avevano paura dei giocatori“.
“Era una vera e propria casta“, ha aggiunto. A Los Angeles, al tempo, una raccomandazione da parte del principale ufficiale del tennis cittadino era l’unico requisito per un aspirante arbitro per arrampicarsi sulla sedia. “Dovevi essere un suo amico per entrare nel giro. Non c’era il benché minimo sistema di valutazione“.
Alla continua ricerca di innovazione e riforma, Roberson sparì dal suo posto di lavoro nella California del sud per quattro anni, fra il 1978 e il 1982. Dietro le insistenze dell’ATP, che pagava il suo salario da 35.000 dollari l’anno, fu assunto dal Men’s International Professional Tennis Council – in effetti, fu il primo ufficiale stipendiato nella storia del tennis.
La missione di Roberson era di formare (e creare dal niente) un corpo di giudici di sedia professionisti che fossero in grado di far rispettare le regole sul linguaggio scurrile, sulla distruzione della racchetta, e sul comportamento ostruttivo in un’epoca piena di teste calde come Ilie Nastase, John McEnroe, e Jimmy Connors. I tornei “stavano perdendo sponsorizzazioni“, ha detto Roberson, “stavano vendendo meno biglietti, voglio dire, nessuno voleva sedere a bordocampo a causa del linguaggio volgare dei giocatori. Era spaventoso“.
ATP
Classifica ATP: Sinner perde una posizione. Fils ne guadagna 49
Accanto a due grandi potenze mondiali in continuo conflitto extratennis, USA e Russia, la piccola Italia è la sola nazione a poter vantare 3 giocatori fra i primi 20 del mondo

Eppur si muove disse Galileo a proposito della Terra e forse oggi lo ripeterebbe a proposito della classifica ATP, nonostante la scorsa settimana si siano disputati solo due tornei categoria 250 (Lione e Ginevra) e molti dei top player abbiano ricaricato le batterie in vista del Roland Garros. Infatti all’interno delle prime 100 posizioni qualcosa è cambiato, a partire dalla Top 20 dove Taylor Fritz e Cameron Norrie – il primo semifinalista a Ginevra e il secondo a Lione – hanno guadagnato una posizione ai danni di Jannik Sinner e Hubert Hurkacz.
TOP 20
Posizione | Giocatore | Nazione | Punti | Variazione |
1 | Alcaraz | Spagna | 6815 | |
2 | Medvedev | Russia | 6330 | |
3 | Djokovic | Serbia | 5955 | |
4 | Ruud | Norvegia | 4960 | |
5 | Tsitsipas | Grecia | 4775 | |
6 | Rune | Danimarca | 4375 | |
7 | Rublev | Russia | 4270 | |
8 | Fritz | USA | 3470 | 1 |
9 | Sinner | Italia | 3435 | -1 |
10 | Auger Aliassime | Canada | 3100 | |
11 | Khachanov | Russia | 2945 | |
12 | Tiafoe | Usa | 2790 | |
13 | Norrie | GBR | 2565 | 1 |
14 | Hurkacz | Polonia | 2525 | -1 |
15 | Nadal | Spagna | 2445 | |
16 | Coric | Croazia | 2410 | |
17 | Paul | Usa | 2170 | |
18 | Musetti | Italia | 2040 | |
19 | de Minaur | Australia | 1870 | |
20 | Berrettini | Italia | 1832 |
LE DISCESE ARDITE E LE RISALITE
Negli ultimi 7 giorni non si sono verificate discese di classifica degne di nota, bensì vertiginose risalite. Scorrendo dal basso all’alto il ranking applaudiamo il + 17 realizzato da Nicolas Jarry grazie alla vittoria ottenuta nel torneo di Ginevra e soprattutto il + 49 di Arthur Fils, classe 2004, vincitore in quello di Lione. Bene anche Ilya Ivashka: + 13
TENNIS ITALIANO
L’unico tennista italiano presente nelle prime 100 posizioni ad essere sceso in campo settimana scorsa è stato Marco Cecchinato, giunto sino al secondo turno a Ginevra. Tra i primi 200 giocatori del mondo al momento ci sono 18 italiani:
Nome | Classifica | Variazione | |
1 | Sinner | 9 | -1 |
2 | Musetti | 18 | |
3 | Berrettini | 20 | |
4 | Sonego | 48 | -3 |
5 | Cecchinato | 72 | 1 |
6 | Arnaldi | 106 | -1 |
7 | Passaro | 128 | |
8 | Zeppieri | 129 | |
9 | Fognini | 130 | |
10 | Brancaccio | 141 | |
11 | Vavassori | 148 | |
12 | Nardi | 151 | |
13 | Cobolli | 159 | |
14 | Bonadio | 164 | |
15 | Agamenone | 166 | |
16 | Bellucci | 167 | |
17 | Darderi | 179 | |
18 | Pellegrino | 183 |
NITTO ATP FINALS
La classifica dei migliori 10 giocatori della stagione è rimasta invariata rispetto a quella dello scorso lunedì 22 maggio.
Testa di serie | Giocatore | Nazione | Punti | Variazione |
1 | Medvedev | Russia | 4310 | |
2 | Alcaraz | Spagna | 3465 | |
3 | Djokovic | Serbia | 2755 | |
4 | Tsitsipas | Grecia | 2635 | |
5 | Sinner | Italia | 2285 | |
6 | Rublev | Russia | 2260 | |
7 | Rune | Danimarca | 2135 | |
8 | Fritz | USA | 1925 | |
9 | Khachanov | Russia | 1585 | |
10 | Norrie | GBR | 1545 |
ATP NEXT GENERATION
Di seguito l’elenco dei 10 migliori under 21 del 2023 aggiornato al 29 maggio:
Posizione | Giocatore | Nazione | Punti | Nato nel | Classifica ATP |
1 | Alcaraz | Spagna | 3465 | 2003 | 1 |
2 | Rune | Danimarca | 2135 | 2003 | 6 |
3 | Musetti | Italia | 70 | 2002 | 18 |
4 | Fils | Francia | 661 | 2004 | 63 |
5 | Shelton | USA | 555 | 2002 | 36 |
6 | Van Assche | Francia | 400 | 2004 | 82 |
7 | Cobolli | Italia | 278 | 2002 | 159 |
8 | Medjedovic | Serbia | 256 | 2003 | 168 |
9 | Stricker | Svizzera | 230 | 2002 | 116 |
10 | Cazaux | Italia | 220 | 2002 | 190 |
BEST RANKING
Tra i nomi di coloro i quali hanno ottenuto il best ranking questa settimana spicca quello di Arthur Fils.
Il diciottenne francese entra altresì per la prima volta nella top 100.
Giocatore | Posizione | Nazione |
Jarry | 35 | Cile |
Wu | 54 | Cina |
Fils | 63 | Francia |
O’Connell | 77 | Australia |
Flash
Serena Williams avrà una docu-serie su ESPN. Prime Video presenta un documentario sulla rivalità parigina di Djokovic e Nadal
Il colosso televisivo statunitense, interamente dedicato allo Sport, annuncia la produzione di una docu-serie incentrata sui momenti più importanti e significativi della carriera di Serena. Nel frattempo il servizio on-demand di Amazon ufficializza l’uscita, il prossimo 26 maggio, di un documentario esclusivo sulle sfide al Roland Garros tra Novak e Rafa

Il Tennis torna ad essere protagonista di alcune produzioni a stampo documentaristico, che svelano il dietro le quinte dei grandi appuntamenti del Tour con uno sguardo approfondito rivolto al lato umano degli atleti, dopo la serie Netflix “Break Point” che ha suscitato reazioni ed opinioni contrastanti – certamente indicato per un pubblico nuovo, e non per lo zoccolo duro degli aficionados della racchetta -. Ciononostante, pur non raccogliendo un consenso unanime, la Docu-Serie avrà seguito: è stata, infatti, già lanciata la nuova stagione targata 2024 dove a bucare lo schermo saranno – finora gli unici ad essere stati annunciati – Carlos Alcaraz, Alexander Zverev e Caroline Garcia.
Il ritorno dello Sport del Diavolo, come tema portante assieme alle sue figure di spicco di quella determinata tipologia di elaborazioni audiovisive che si incentrano sulla narrazione dettagliata e caratterizzante sul piano dello Storytelling, lo si deve a due colossi del settore: ESPN e Amazon Prime Video.
In The Arena: Serena Williams
Partiamo occupandoci della produzione finanziata dall’emittente televisiva americana dedita unicamente alla trasmissione di eventi sportivi: è stata, difatti, ufficializzata la nascita di un progetto che prevederà la creazione di una Docu-Serie sulla vita da professionista del tennis di Serena Williams, un prodotto che farà rivivere i momenti salienti e maggiormente significativi della carriera della 23 volte campionessa Slam attraverso immagini e dichiarazioni della stessa 41enne di Saginaw e delle persone più vicine alla leggenda del Michigan.
La serie, che verrà intitolata In The Arena: Serena Williams, conferma per l’ennesima volta – ce ne fosse ancora bisogno – come sia oramai innegabile il fatto che Serena, la sua epopea in campo e tutto ciò che rappresenta siano entrati completamente a far parte della cultura popolare aldilà dell’Oceano, e forse non “soltanto” lì.
L’ex n. 1 del mondo ha appeso la racchetta al chiodo all’ultimo US Open e nonostante per l’appunto non sia trascorso neppure un anno dal suo ritiro, nei mesi scorsi ha flirtato in più di una circostanza durante svariate interviste con la concreta possibilità di rientrare seriamente alle competizioni. Tuttavia è in arrivo il secondogenito, perciò è molto più sensato pensare che “l’evoluzione” sia stata ormai superata del tutto e che nel prossimo futuro la minore delle sorelle Williams, si veda solamente – si fa per dire – nel ruolo di mamma con affianco qualche scappatella glamour e mediatica a cui non hai mai voluto rinunciare e che hanno sempre incontrato il suo gusto: le ultime in ordine di tempo al paddock del Gran Premio di Formula Uno di Miami, che ha sede nel complesso dell’Hard Rock Stadium ossia la location che ospita anche il torneo 1000 combined, in prelibata compagnia tennistica e al Met Gala sfilando sul Red Carpet con il pancione in bella vista.
Nadal/Djokovic, Duello al Roland Garros
Ad una produzione lanciata che si prospetta estremamente intrigante, dà seguito un’altra che al contrario è in già in procinto di essere visibile: il servizio on-demand di Amazon, dal prossimo 26 maggio, presenterà in esclusiva un documentario speciale che riavvolgerà il nastro sulla trascendente rivalità – sempre contraddistinta dal rispetto reciproco– consumatasi nell’iconico teatro del Roland Garros, e più precisamente sul manto terroso prestigioso del Philippe Chatrier, nel confronto fra due mostri sacri dell’Era Open.
Stiamo parlando di Novak Djokovic e Rafael Nadal – in doveroso ordine alfabetico -, i due tennisti con il numero più alto di prove Major mai inserite nella personale bacheca di un giocatore nella storia tennistica: 22 a testa. La produzione alimenterà l’epica di questi due fenomeni, iniziando il racconto ripercorrendo la prima grande sfida andata in scena a Bois de Boulogne datata nel lontano 2006, la bellezza di 17 anni fa a testimonianza della continuità ad altissimi livelli e della longevità di Nole e Rafa.
Un documentario, dunque, che darà spazio alle traiettorie delle loro legacy e del rapporto di questi due fuoriclasse assoluti delle raccheta con lo sport che praticano magistralmente da tempo in memore. Si muoverà, inoltre, sul filo sottile della contrapposizione ideale di uomini diversi che affondano le personali radici identitarie nei meandri di un vissuto quasi agli antipodi: sviscerando analogie e somiglianze, dalla condivisa sete per quel senso di competizione che provoca un sentimento di ossessione compulsiva e spasmodica verso l’ottenimento di continui successi, sino alla grandezza dei loro rispettivi palmares, decisamente simili, che controbatte a stili, origini, caratteri e temperamenti totalmente opposti.
I registi dell’opera, intitolata “Nadal/Djokovic, Duello al Roland Garros“, Céline Jallet, Julie Robert e Antoine Benneteau esplorano la rivalità tra lo spagnolo ed il serbo in cinque atti per una durata complessiva di 62 minuti, privilegiando l’approccio drammaturgico. Il file rouge tematico del racconto viene portato in scena proprio dai ripetuti duelli, divenuti per mezzo delle curve della memoria di padre tempo mitici, quasi mistici: dieci confronti diretti materializzatisi nella Parigi terrosa, più che in qualsiasi altro evento (tre volte si sono scontrati a Wimbledon e altrettante allo US Open, due invece le circostanze in cui si sono affrontati a Melbourne), dal 2006 al 2022 sintomi di un’epoca irripetibile tra le più tuonanti della storia sportiva: nel suo Regno, per 14 volte ha alzato al cielo la Coppa dei Moschettieri, Re Rafa XIV – le cui probabilità di vederlo ai nastri di partenza del suo feudo nell’edizione 2023 sono sempre più basse – ha soppiantato l’acerrimo ed agguerrito rivale in 8 occasioni facendo valere il peso della storia; nei quarti del 2015 e nella semifinale del 2021 però l’imponderabile si è fatto realtà con l’inossidabile uomo di gomma che è riuscito a sconfiggere uno che in carriera fino ad allora nell’appuntamento principe della stagione sul rosso aveva trionfato in 112 incontri a fronte di un unico e clamoroso KO con Robin Soderling maturato negli ottavi di finale del 2009.
Perciò uno spettacolo, quello di Prime Video, che ci offre la possibilità di rivivere quella serie di sfide incredibili e aprire così le porte a flashback che riportino alla luce lo splendore passato, senza per questo tralasciare la costruzione prima umana e poi agonistica di questi due iconici campioni: immergendosi nel cuore della loro infanzia tra tormenti e gioie, che garantiscono allo spettatore di poter indentificare e comprendere al meglio la meravigliosa rivalità di cui sono stati autentici protagonisti.
Il racconto di un viaggio immersivo che verrà accompagnato da illustrazioni evocative e che si mostrerà nella sua dimensione universale, ben più profonda della pur notevole logica sportiva, narrando un susseguirsi incessante di ricordi, confessioni e aneddoti anche di coloro che in questi anni hanno avuto il privilegio di condividerne il rettangolo di gioco: vincitori e finalisti Slam del calibro di Stan Wawrinka, Dominic Thiem, Alexander Zverev, David Ferrer, Jo-Wilfried Tsonga o vere e proprie leggende dell’Open di Francia come Gustavo Kuerten e Sergi Bruguera, fino a coach, giornalisti, addetti ai lavori di vario genere. Tutti testimoni di sfide epiche passate – e che passeranno – ai posteri come capolavori strategici dell’arte tennistica.
Flash
È morto Günter Parche, l’attentatore di Monica Seles
L’aggressore viveva in una casa di cura tedesca da 14 anni ed è deceduto lo scorso agosto all’età di 68 anni dopo un periodo di cure palliative

Tra 8 giorni il mondo del tennis vivrà uno spiacevole anniversario. Quello dei 30 anni da quando la campionessa Monica Seles, il 30 aprile del 1993, venne accoltellata a una spalla da Günter Parche. La notizia è che l’uomo è morto all’età di 68 anni e il decesso, come riporta Bild, risale allo scorso agosto. L’aggressore è stato trovato senza vita nella casa di cura a Nordhausen in cui aveva trascorso gli ultimi 14 anni, dopo che nell’ultimo periodo era stato sottoposto a cure palliative.
Ma ripercorriamo brevemente i fatti che hanno certamente cambiato la storia di questo sport: alle ore 17 di quel funesto 30 aprile Seles – vincitrice in carriera di 9 Slam, di cui 8 prima di quell’episodio che le ha cambiato radicalmente la vita – stava conducendo tranquillamente per 6-4 4-3 il suo quarto di finale sul campo centrale di Amburgo, la Rotenbhaum Arena, contro Magdalena Maleeva. Parche, al cambio di campo, riuscì a confondersi con il resto degli spettatori e raggiunse la ringhiera – non invalicabile – che separava il pubblico dalla giocatrice, estraendo un coltello dalla sua borsa e colpendo la tennista jugoslava naturalizzata statunitense, provocandole lievi lesioni fisiche ma importanti conseguenze mentali e costringendola a una lontananza dai campi per 27 mesi. Dovette ripartire da capo Monica, segnata nella propria persona anche dalla scarsa solidarietà delle colleghe tenniste (ad eccezione di Gabriela Sabatini), nel non voler congelare il suo ranking.
Il motivo del gesto dell’attentatore era da ritrovarsi nella sua netta predilezione, se non ossessione, per un’altra campionessa, quella Steffi Graf che all’inizio della stagione ’93 si stava giocando, con continui sorpassi e controsorpassi, il vertice della classifica mondiale proprio con Seles. L’uomo voleva dare alla sua tennista preferita la possibilità di dominare incontrastata nei mesi a venire, cosa che poi effettivamente avvenne, dato che Graf trionfò nei successivi quattro Slam (dal Roland Garros ’93 fino all’Australian Open ’94).
Seles non è mai più riuscita a tornare forte come prima (all’epoca dell’aggressione non aveva ancora compiuto 20 anni e aveva giocato 33 finali su 34 tornei disputati dal gennaio 2021), mentre Parche, dopo l’episodio, si dichiarò immediatamente colpevole e rimase in carcere solo fino al 13 ottobre 1993, data della condanna per aggressione aggravata, prima di trascorrere due anni in libertà vigilata.
Federico Martegani